VILLAINS #13-19

BRANCOLANDO NEL BUIO

di Fabio Furlanetto

 

 

Terminato il primo periodo della vita da super-criminale di Edward Freman, inizia una fase in cui cercherà di capire la portata dei propri poteri, il proprio ruolo nella malavita, e dovrà districarsi tra le mille bugie e mezze verità di Shades.

Debuttano la letale Cacciatrice d’Ombre e le ambigue Luci, ben lungi dall’occupare la posizione di “buoni” della serie. Per non parlare del nuovo membro del cast…

Ma prima, l’Inferno al quadrato.

 

 

 

VILLAINS #13

UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA

Un tie-in di Inferno2

 

 

Russia, a qualche centinaio di chilometri dalla Siberia. E’ notte fonda, e non si vede assolutamente niente. La luce delle stelle è fioca, e la Luna non si degna di guardare. Il silenzio è così assordante che i passi che si trascinano sulla neve si possono sentire a malapena.

La figura pesantemente incappottata si ferma e si guarda intorno, come se avesse esaurito la forza che lo ha portato lì contro la sua volontà. Le mani si avvicinano tra di loro, ed anche se cerca di fermarle non c’è niente da fare. Dita sottili rimuovono uno spesso guanto di pelle, esponendo la pelle al freddo pungente.

Il buio viene lacerato da una luce intensissima, che arriva fino oltre all’orizzonte. Il pugno si chiude e la mano viene alzata verso l’alto, per lanciare un segnale luminoso, come una gigantesca torcia che disegna piccoli cerchi nel cielo. La luce si affievolisce e anche l’altro guanto viene rimosso.

L’area è illuminata a giorno adesso, a partire da quell’unico punto. Poi tutta l’energia viene convogliata a terra, dove rimbalza per spedire raggi luminosi in tutte le direzioni. Ora non resta che aspettare. Con fatica, il Cacciatore d’Ombre si rimette i guanti e si siede in mezzo alla neve fresca.

 

New York City. Un raggio di luce particolarmente sgradevole si posa sugli occhi di Edward Freeman, che si volta quasi disgustato. Capisce di essersi svegliato, e si sente come reduce da una sbornia. Una rapida occhiata alla sveglia lo informa che sono già le dieci e mezza del mattino. Sbadiglia.

“Probabilmente ho solo dormito troppo” è la sua frettolosa analisi. Si alza e si stiracchia un po’, molto più stanco di quando è andato a dormire.

Cercando di mettere a fuoco la vista ed il Senso d’Ombra, affievolito dal sole che illumina metà della stanza, si reca in bagno. Dopo aver svuotato la vescica si guarda allo specchio, aspettandosi di avere una pessima cera.

E’ ancora peggio. I suoi occhi sono completamente neri, due fessure che danno sul nulla.

-Cazzo. Pensavo succedesse solo quando uso i miei poteri ! Non posso averli attivati senza volerlo…credo…

Spinge un pulsante mentale, cercando un portale dimensionale da chiudere. Ma ovviamente non ne aveva aperto nessuno.

-Grandioso, davvero. Con la mia fortuna, il primo che mi vede così urla al super-criminale. Vorrà dire che non uscirò, almeno avrò una scusa per non vedere MODOK.

Si lava svogliatamente la faccia e sbadiglia di nuovo. Dopo essersi cambiato, cerca i suoi occhiali da sole. Ce ne sono due paia in cucina. Fa per prendere il primo paio che gli capita, poi si accorge che sono quelli che gli ha dato Shades. C’è qualcosa di sbagliato, come se stesse per mettersi l’orologio sulla destra. Prende l’altro paio ed esce dal suo appartamento.

 

La cantina del palazzo. Solo fino a due giorni prima era poco più di un ripostiglio. Ora ospita Marasso, cyborg rettile appena riprogrammato per obbedire a Freeman. Se ne sta accovacciato di fianco a un tavolino, elegante e mostruoso nella sua pelle lucente verde e viola. Ogni tanto una lingua biforcuta esce dalla sua bocca solo per rientrare subito. Un cavo bianco collega il suo collo ad un portatile in condizioni passabili, appoggiato sul tavolino.

Dita grasse digitano velocemente le parole, così che siano comprese più velocemente. Marasso è muto, e l’unico modo in cui riesce a comunicare sono i messaggi che passano sullo schermo.

Freeman entra ed il ciccione si innervosisce, sbrigandosi a salutarlo.

-Buongiorno, signor Smith…voglio dire, signor Freeman…

-Lasci stare, mister Rotondi. Meglio continuare con Smith, è meno probabile che si sbagli con gli estranei.

-Ah, giusto.

-Perché non ha detto niente a nessuno, vero ?

-Sì sì, tranquillo. Non ho detto a nessuno che lei è un super-criminale di nome Switch.

-E le conviene non dire niente. Allora, come sta il nuovo inquilino ?

Marasso inclina la testa, come per risposta. Sullo schermo appare una scritta.

>In attesa di istruzioni

-Per adesso niente. Tutto a posto con la batteria ?

>Carica batteria 99.7 % >Ricarica continua disponibile

-Che vuol dire “ricarica continua” ?

>Batterie interne ricaricate automaticamente dal movimento dell’unità. Alimentazione elettrica richiesta solo a livelli minimi.

-Mangia anche parecchio – fa notare Rotondi, senza accorgersi di quanto suoni ridicola un’affermazione del genere fatta proprio da lui – Ha già fatto fuori tutti i topi che c’erano in giro. Se li è inghiottiti interi.

-Spero possa essermi utile in altri modi, non solo per derattizzare.

-Che ci vuole fare, allora ?

-Non ne ho la minima idea. Praticamente l’ho trovato per caso. Però Corvo dice che è inestimabile, quindi…non so. Magari lo vendo, o forse lo affitto. Il problema sarà mettere in giro la voce senza far capire dov’è. A proposito, nessun rischio che qualcuno lo veda ?

-Beh…oltre a noi due, ci sono solo Dave e Joan nel palazzo, e lo sanno già. Per il resto, credo che nessuno venga qui sotto da almeno due anni.

-Già, l’avevo notato.

>Richiesta informazioni

 

-Signor Smith, credo stia parlando con lei.

-Che vuoi ?

>Richiesta informazioni

-Spara.

>Hardware        >Sistemi offensivi          >Artigli

                       >Coda

                                                           >Zanne

>Armi da fuoco non disponibili

-Per la miseria, all’AIM sanno aprire passaggi per altre dimensioni e non riescono a fare un cervello rettile che abbia un briciolo di senso dell’umorismo.

>Richiesta informazioni

-Che c’è ?

>Scopo dell’unità ?

-Cioè vuoi sapere che devi fare ?

>Affermativo

-Non ce l’hai in memoria ?

>Status unità    >Nome unità: Marasso

                        >Obiettivi: Obbedienza

                        >Posizione: non disponibile

>Scopo dell’unità ?

-Non capisco la domanda. Che intendi per “scopo” ?

>Scopo: funzione principale dell’unità, base co-funzionale di Obiettivo

-Ah, ora sì che è chiaro.

>Scopo dell’unità ?

-Senti, non lo so ! Va bene !?

>Negativo

-Fa pure lo spiritoso ! Senti, non me ne frega niente. Tu fai tutto quello che ti dico io e basta, okay ?

>In attesa di istruzioni

-Così va meglio.

>Richiesta informazioni

-Ancora ?

>Scopo del programma Obbedienza ?

-Farmi guadagnare dei soldi – risponde con un mezzo sorriso.

>Scopo ?

-Avrai anche tutta quella memoria ma mi sembri un po’ tonto. Sai cosa sono i soldi ?

>Affermativo      >Monete; banconote; ricchezza; paga; stipendio; denaro

-Bravo.

>Scopo del denaro ?

Freeman apre la bocca per rispondere con insofferenza, ma si blocca. Che deve dire ? Ci riflette un attimo, e non gli viene niente. Guarda Rotondi, che alza le spalle.

-Tu fregatene e fa solo quello che ti dico io. Capisci ?

>Affermativo

>Richiesta informazioni

Freeman sbuffa e si gratta la testa. Adesso non è più divertente.

-Se ti do un ordine devi per forza ubbidire, non è così ?

>Affermativo

>In attesa di istruzioni

-Non farmi più domande del genere, va bene !?

>Definire parametri

-Non chiedermi più qual è il tuo scopo, cos’è il denaro e perché devi obbedirmi. E non farmi neanche altre domande che poi portino a queste. Ci siamo capiti ?

>Affermativo

>In esecuzione.

-Bravo. Trovatele da solo, le tue risposte. Io torno di sopra, Rotondi...altri cinque minuti con questo qui e mi scoppierà la testa.

Risale le scale, nervosamente. Sullo schermo continuano ad apparire scritte.

>”Trovatele da solo, le tue risposte”

>Elaborazione

>Nuovo programma       >Trovare risposte

>Domande        >Scopo unità ?

                                                           >Scopo del programma Obbedienza ?

                                                           >Scopo del denaro ?

>In esecuzione…

 

In mezzo alla neve. Delle piccole luci si avvicinano, volando in cerchio per identificare la figura umana. Sente parlare in russo, ed anche se non lo capisce sa che la sua preda è arrivata.

-[Sicura che sia questo il posto, Laynia ? Non vedo nessuna minaccia qui]

-[So che tutto questo può sembrarti assurdo, Nikolai, ma ho sentito un forte richiamo]

-[Sarà, Stella Nera, ma per questo vagabondo non era indispensabile allertare quasi tutta la Guardia d’Inverno. A quest’ora, tra l’altro] – si lamenta Airstrike; i sensori della sua armatura non indicano niente di vagamente pericoloso.

Il Cacciatore d’Ombre alza la testa e si prepara a togliersi i guanti. Poi parla, in inglese, con voce femminile.

-Ho chiamato solo Stella Nera. Andatevene.

-[Com’è che quasi tutti quelli che incontriamo parlano inglese ?] – nota divertito Powersurge, mentre il suo pesante scafandro affonda nella neve, riscaldata dal suo potere nucleare. Il Cacciatore (o sarebbe meglio dire la Cacciatrice) sfila il guanto destro, la cui luce abbaglia momentaneamente la Guardia d’Inverno.

-Non muoverti ! – intima Airstrike, in un inglese un po’ arrugginito, puntando le sue armi sul bersaglio. Powersurge si avvicina lentamente.

-[Lasciala a me]. Ci vuole più di qualche fuoco d’artificio per-

Dalla mano esce un raggio di luce fortissima, che colpisce Powersurge trapassandolo da parte a parte. Un po’ di energia nucleare fuoriesce dal suo corpo, prima che i sistemi secondari richiudano le falle. Un secondo raggio lo colpisce con la forza di un treno in corsa, lanciandolo oltre l’orizzonte.

Stella Nera forma una gabbia di energia oscura attorno alla Cacciatrice d’Ombre; centinaia di sottili raggi sfuggono alla protezione, poi tutto il costrutto svanisce quando si innalza una colonna di luce che viene vista a centinaia di chilometri di distanza.

Vanguard e Stella Nera sono accecati, ed anche Fantasma che si era mantenuta invisibile com’è sua abitudine. Dei presenti solo Airstrike era preparato, ed i suoi occhi sono stati protetti automaticamente.. Spara raggi laser a ripetizione, ma questi sembrano essere assorbiti dalla Cacciatrice.

Senza che i radar segnalino niente, una forza spaventosa manda in avaria tutti i sistemi dell’armatura, lasciando Airstrike disteso a terra e indifeso.

Una luce molto più debole acceca persino i sensi mistici di Fantasma. Vanguard cerca di proteggere la sorella, ma nemmeno il suo potere mutante può respingere questa forza impalpabile.

Stella Nera indietreggia, riuscendo ad avvertire la luce anche se accecata. Ma la Cacciatrice alza le mani ed emana ancora più luce, sempre di più, oltre quanto dovrebbe essere possibile. Poi convoglia tutto sull’eroina russa, che urla di dolore e si contorce, mentre la luce attraversa il suo corpo.

-No. Non sei una di loro. Non appartieni all’Oscuro.

La luce si affievolisce, e Stella Nera cade a terra priva di sensi. La Cacciatrice d’Ombre recupera i suoi guanti e li indossa, immergendo di nuovo la distesa di neve nel buio. Attorno a lei la Guardia d’Inverno ormai sconfitta.

-Così tanta strada…per niente. Quando finirà ?

Guidata da una forza oltre la sua comprensione, si incammina verso est. Il mattino dopo, quando la Guardia riprenderà i sensi, lei sarà già lontana e le sue orme saranno già scomparse.

 

Freeman ha tentato di fare colazione, ma si sente troppo strano. E quegli occhi neri non vogliono proprio sparire. Che qualcosa non funzioni con i suoi poteri ? Eppure riesce a teleportarsi e a creare portali con la solita facilità. Forse ha solo bisogno di un po’ di aria fresca.

Scende al primo piano ed esce, trovando come sempre Dave seduto sulle scale davanti alla porta.

-Dave…

-Spacker Dave ! – il tono di voce del ragazzo pieno di piercing non è allegro come al solito, anzi è parecchio agitato. Scatta in piedi ed afferra Freeman per la giacca, urlandogli in faccia.

-Ti ho detto che devi chiamarmi Spacker Dave !!!

Scrolla un po’ Freeman, che lo afferra per le mani. E’ quasi il doppio di lui, ma a Dave non sembra importare.

-Ti ha dato di volta il cervello ?

Quasi ringhiando, Dave si lancia contro di lui dandogli una testata. Uno dei suoi piercing lascia un brutto segno sulla fronte di Freeman, che digrigna i denti.

Il pugno di Dave si ferma su un piccolo portale chiuso, ed è come colpire un muro. Ma Dave continua a picchiare il portale.

-Spacker ! Spacker ! Spacker !

Il portale scompare un attimo prima di essere colpito e Dave perde l’equilibrio. Freeman si sposta di lato e lo afferra per un braccio, facendogli schiantare la faccia contro il muro. Per un attimo cerca di rialzarsi, ma un calcio nello stomaco lo ferma definitivamente.

-Non ti facevo così imbecille, Dave.

-Spacker…Dave… - sussurra col poco fiato che gli è rimasto.

Freeman si toglie gli occhiali da sole e li controlla: è un miracolo che non si siano rotti. Un rumore di vetri rotti lo distrae; all’angolo, un negozio di televisori è preso d’assalto da due settantenni. Una ragazzina di tredici anni sta sfasciando una macchina con una spranga. Un uomo è in piedi sulla cima di un palazzo urlando a squarciagola di volersi ammazzare davanti a tutti. Di sotto, un tassista prende le scommesse per vedere quanto ci metterà a buttarsi; c’è del sangue sul cofano.

-Sembra che non sia l’unico ad essersi alzato di pessimo umore.

Una risata isterica ed il rumore di proiettili lo fanno indietreggiare per tornare dentro; per un motivo che probabilmente gli sfuggirà sempre, afferra anche Dave e lo trascina all’interno, giusto in tempo perché il barista dell’isolato a fianco spari a caso con il fucile che teneva sotto il bancone.

-Tutto bene Dave ?

-Spacker…Spacker Dave… - rantola con rabbia.

-Fottiti, Dave. Ma che accidenti sta succedendo ?

-Signor Smith ?

Joan si avvicina tremando, quasi in stato di shock. O forse è perché non ha il solito maglione nero ma una camicetta a maniche corte.

-Che sta succedendo fuori ?

-Non lo so, ma spero che finisca presto. Se mandano qualcuno a controllare questo caos…

-Ho tanta paura !

Lo abbraccia così velocemente da non dargli il tempo di spostarsi. Cerca di allontanarla, ma è molto più forte di quanto gli fosse sembrato. Mentre pensa che sembra quasi ubriaca, lei gli mette le mani intorno al collo e lo bacia sulla bocca. Per un attimo, in parte perché troppo sorpreso in parte perché non è poi così male, Freeman non si muove. Quando però gli morde un labbro con forza, la respinge fino a farla andare contro il muro.

-Ehi ! Ma che sei scema ?

Lei si strappa la camicia con violenza e corre verso di lui, lo sguardo allucinato. Istintivamente, Freeman si teletrasporta alle sue spalle lasciandola cadere. Joan scoppia a piangere, mettendosi in posizione fetale.

-Perché…perché non posso essere come le altre ? Perché ? – singhiozza.

-Ma sono impazziti tutti, da queste parti ?

Quasi in risposta, dalla cantina si sentono i rumori tipici di una zuffa. Freeman non saprebbe descriverli a parole, ma sa riconoscere quando ce n’è una nei paraggi. Generalmente se ne tiene alla larga, ed è tentato di farlo anche questa volta. Ma quando si volta e vede Joan spogliare Dave mentre continua a piangere, decide che è troppo anche per lui.

E’ sufficiente poco più di un pensiero perché sia in cantina. Marasso è in posizione di difesa, e la lunga coda verde ricoperta di aculei si muove lentamente dietro di lui. Rotondi è a terra davanti a lui, privo di sensi. Il portatile è caduto a terra ma è ancora intatto. Sapendo che fare domande a un muto non è di grande utilità, Freeman recupera il cavo che penzola ancora dal collo di Marasso e lo inserisce nel computer.

-Che è successo ?

>Unità Marasso attaccata da soggetto Rotondi, Laurence.

-Attaccato ? Con cosa ?

>Apparato di masticazione

-Cioè ha cercato di mangiarti !?

>Affermativo.

>Rivestimento cutaneo non perforato.

>Utilizzata forza non letale secondo Parametri.

-Ma che sta succedendo !?

>Unità Marasso sottoposta a richiesta informazioni dopo uso di forza non letale.

-Intendevo fuori di qui.

>Nessuna informazione disponibile.

-D’accordo, ne ho abbastanza di questo manicomio. Devo schiarirmi le idee.

Ad un ampio gesto della mano corrisponde l’apparizione istantanea di un grosso portale, sufficiente a far passare una persona.

-Vieni con me, non lascio un colpo grosso come te tra questi pazzi.

>Driver esterno ?

-Vuoi dire il portatile ? Ah quello è di Corvo, lascialo pure qui. Non mi serve sapere quello che dici, non adesso almeno.

Freeman entra in un portale abbastanza grande per tutti e due, cercando di ignorare i singhiozzi e le voci ansimanti del piano di sopra.

 

Nel vicolo a fianco, una ragazza sta prendendo a calci il gatto dei vicini che ha sempre detestato. Quando ha finito di prendersi la soddisfazione, nel muro nota due ombre che diventano sempre più grandi.

Si volta, vedendo due ragazzini del vicinato che camminano verso di lei. Entrambi hanno dei coltelli; uno dei due le dice frasi oscene, l’altro si passa la lingua sulla bocca. Lei si mette a cercare nella borsetta qualunque cosa possa usare come arma, senza successo. I due delinquenti le sono già addosso; uno dei due la tiene ferma, è forte per la sua età. Lei fissa ancora il muro, vedendo l’ombra di un uomo più alto di loro che si avvicina. Ma dall’altra parte non c’è nessuno. I loro commenti sarcastici vengono fermati da una voce bassa, che canticchia.

-We don’t need no…education…

Si sentono anche i passi, che poi passano a tenere il ritmo. Niente.

-Chi sei ? – chiede uno dei due, che inizia a sudare freddo.

-We don’t need no…though control…

-Se è uno scherzo non è divertente, chiaro !?

-State per violentare una ragazza che ha appena preso a calci un gatto di undici anni. Lo chiamate divertimento, questo ?

I ragazzini la lasciano andare, guardandosi intorno per capire da dove provenga la voce. Lei non si muove. Pietrificata, osserva le loro ombre diventare sempre più grandi sul muro, e muoversi in modo diverso da come fanno loro.

-Vieni fuori !!!

-No dark sarcasm…in the classroom…

Le ombre escono dal muro, facendola urlare. I ragazzini vengono colti di sorpresa, quando le loro stesse ombre li afferrano per la gola e li sollevano da terra. Uno dei due cerca di liberarsi col coltello, ma è tutto inutile. Si dimenano per qualche secondo, prima di cadere a terra privi di vita. Le loro ombre tornano al loro posto, e la ragazza fissa terrorizzata l’uomo che sta uscendo dalla propria ombra, sul muro.

E’ piuttosto alto, vestito di nero e con un lungo cappotto di pelle nera. Sugli occhi porta un paio di occhiali da sole. I capelli sono biondi, e c’è qualcosa di stonato in questo, non solo a livello cromatico.

-Teacher, leave those…kids alone…

-Sei…sei un mostro !

L’uomo con gli occhiali da sole sorride.

-Devo dire che la città è parecchio migliorata dall’ultima volta. Tranne che per una cosa…

Le si avvicina. E’ molto più alto di quanto sembrava; lei indietreggia finché può, ma poi sbatte contro il muro.

-La mancanza di rispetto.

Alza gli occhiali da sole, ma la ragazza non riesce a vedere i suoi occhi. Non riesce a vedere niente, perché tutto il vicolo viene immerso da una profonda oscurità. Quando abbassa di nuovo gli occhiali, insieme al buio è scomparsa anche la ragazza.

L’uomo vestito di nero cammina verso l’uscita del vicolo, scavalcando i cadaveri dai ragazzi da cui si staccano le ombre, per unirsi alla sua.

-All in all, it's just another brick in the wall…

Fuori dal vicolo, Shades osserva la città. Il suo sorriso è sempre più ampio.

-Mi è sempre piaciuta quella canzone. Sembra che in città siano andati anche oltre…le cose si sono fatte parecchio interessanti, da queste parti.

Cammina di nuovo verso il muro, fino ad entrare nelle sue ombre. Nel vicolo continua a sentirsi la sua voce, sempre più lontana.

-We don’t need no…

 

Dall’altra parte della città. Anche con gli occhiali da sole, Freeman si ripara gli occhi dalla luce, tenendo una mano sulla fronte. Sopra un grattacielo scelto a caso, la città sembra meno caotica di prima. Anche meno del solito, ed è questo ad essere preoccupante. Il traffico è più bloccato rispetto alla normalità (sempre che una cosa del genere esista, a New York City) e gli automobilisti vengono alle mani con molta più veemenza. Negozi in fiamme, grida provenienti da tutte le parti e vari incendi…tutto questo si sente persino da quell’altezza.

-Sembra che sia ancora una volta la fine del mondo, sai ?

Marasso inclina la testa e cambia espressione. Freeman non sa se ha capito o meno quello che gli ha detto. Si toglie gli occhiali da sole per dargli una pulita.

-Non che ci riguardi più di tanto. Mi è sembrato di vedere l’Uomo Ragno, o comunque uno dei Ragni che girano ultimamente. Qualche fiamma per aria. E magari l’ultimo che è passato era Nova. Neanche a farlo apposta, tutta gente con cui ho avuto a che fare, mio malgrado.

Si volta per cercare di interpretare meglio le reazioni del suo nuovo alleato. Senza successo.

-Dì un po’, ma lo capisci quello che dico ?

Marasso si agita per un attimo, guardandosi intorno.

-Sì, lo so che non puoi parlare…Puoi sempre farmi dei cenni con la testa. Sai come si fa ?

Sempre il solito sguardo incerto come risposta.

-Oh, perfetto. Non solo le tue ricariche mi fanno raddoppiare la bolletta… che per fortuna mi pagano quasi interamente quei tre decerebrati dei miei vicini… devo anche insegnarti tutto io ? Okay, basta con quello sguardo da serpente lesso o qualunque cosa sei. Muovi la testa su e giù…così…per dirmi di sì, e invece…così… per dirmi di no. Hai capito, o devo farti mettere un altro programma in quella testa ?

Marasso annuisce goffamente, poi fa segno di no. Le domande erano due, dopotutto.

-Ogni tanto ho l’impressione che tu capisca tutto quanto, facendo finta di non capire per farmi incazzare. Se tu non valessi più oro di quel che pesi…

Appare un altro portale alle sue spalle.

-Pare che in città siano tutti impazziti, e non ci tengo a vedere se peggiorerà. Conosco un posto abbastanza sicuro, staremo là finché gli eroi non avranno sistemato tutto. Però mi raccomando, non deve vederti nessuno a parte me. Ci siamo capiti ?

Questa volta annuire è molto più facile.

-Bene, andiamo.

 

Dall’altra parte del portale, la base sotterranea di MODOK. I lunghi tubi sulle pareti dei corridoi sembrano più indaffarati del solito, come segnalano le microscopiche ventole. Anche le altre volte c’era un ronzio di sottofondo, ma adesso è molto più forte.

Freeman fa segno a Marasso di seguirlo, e questi esegue camminando così basso da strisciare.

-Lo so che sembra una baracca, ma ci sono lastre di titanio sopra le nostre teste. Qui siamo al sicuro. E’ piccolo, ma ci possiamo riparare per giorni interi. Ecco qua… c’è il grande capo, qui dietro. Mi dicono che una volta l’hai ucciso e credimi, non se l’è dimenticato. Tu resta qui, e cerca di non farti scoprire.

La porta si apre automaticamente al suo passaggio, per poi richiudersi alle sue spalle. Passano meno di cinque secondi, prima che una voce stridula e meccanica urli:

-Lasciatemi in pace !!!

La porta viene scaraventata a terra da Freeman, che atterra di schiena nel corridoio.

-Ouch…così imparo a non portarmi dietro il costume…

Nell’altra stanza, grossi cavi scendono dal soffitto per fissarsi sulla fronte di una testa gigantesca, attaccata ad un corpo risibile. Marasso lo fissa e MODOK risponde allo sguardo.

>Programmi predefiniti

>Priorità A.I.M

>#17: Deposizione        >Protocolli di riconoscimento     >Identificato

                                   >M.O.D.O.K     >Mobile Organism Designed Only for Killing

                                                           >Tarleton, George

>Unità classificata: non disponibile        >Categoria: paraumano >Classificazione: ostile

                                                                                                                      >Status attuale: non disponibile

                                                           >Modello di risposta: Uccidere

                                                           >Forza letale: massima

>In esecuzione…

Ringhiando senza emettere un suono, Marasso fa un salto di cinque metri per atterrare direttamente sulla testa di MODOK, che urla spaventato e lo scaraventa sui suoi computer con un colpo telecinetico. Il serpente fa a malapena in tempo a toccarli, prima di attaccare di nuovo con una ferocia mai vista.

-Marasso, fermati ! E’ il mio capo quello !!!

-Lasciami stare ! Lasciatemi tutti stareeee !

Il cristallo sulla sua fronte del mostro si illumina, emanando sempre più energia mentale; i cavi vengono fatti a pezzi, gli schermi vanno in frantumi, e più in generale la stanza inizia a cadere a pezzi. Marasso si muove veloce come non mai, sembrando in cinque luoghi contemporaneamente. Tutti i colpi psicocinetici di MODOK lo mancano, distruggendo altra preziosa tecnologia e soprattutto colpendo le travi del soffitto.

-Ci sono tonnellate sopra quella stanza !!! Se distrugge i sostegni gli crollerà tutto addosso !

Gli artigli di Marasso non vanno oltre il campo di forza mentale, ma gli aculei della coda danneggiano la sedia volante. Ma nessuno dei due mostra di volersi trattenere, dopo i danni che stanno facendo.

-Okay, non mi paga così tanto da farmi crollare addosso tutto quanto. Meglio andarsene !

Si alza in piedi e si volta verso il corridoio, trovandosi qualcuno davanti. Prima ancora di guardare di chi si tratta sferra un pugno, che viene prontamente fermato da una mano con un guanto di pelle nera.

-Shades ! Che ci fai tu qui !?

-Sono passato a casa tua e non c’eri. Però in compenso i tuoi vicini si stanno divertendo parecchio.

-Come hai fatto a trovarmi ?

-Ho i miei sistemi. Ci conviene uscire, mentre Marasso tiene impegnato il testone.

-Conosci Marasso ? E come ?

-Tutto a suo tempo. Seguimi.

-Preferisco teleportarmi fuori che correre per dei corridoi che cadono a pezzi.

Quasi a sottolineare la frase, un colpo di energia abbatte un muro proiettando Marasso nel corridoio, che riparte istantaneamente all’attacco.

-Ti fidi di me ?

-Neanche un po’.

-Ti ho salvato la vita una volta, ricordi ?

Shades si rimette le mani in tasca e cammina tranquillamente per i corridoi, come se nulla fosse. Mordendosi un labbro, Freeman lo segue. Chiamatelo onore tra i criminali, ma quando uno ti ha salvato la vita sei obbligato a fargli un piacere. E’ un incentivo a farlo ancora, se fosse necessario.

-Hai finito la tua fantomatica vacanza, immagino.

-Prima di quando avevo programmato, ma sì.

-Sai che cosa è successo alla città ?

-Tutto a suo tempo.

-E quando sarebbe ?

-Quando non ci starà crollando addosso niente. Ecco, siamo già arrivati. Piccola come base.

Un’altra porta si apre automaticamente (ma solo quando c’è Freeman davanti, anche se Shades lo precedeva). Dall’altra parte, numerosi scatoloni e armi, di tutti i tipi. Neanche dal Riparatore ne aveva viste così tante. E in un angolo, sopra un ripiano metallico, un borsone nero aperto a metà. Anche a metri distanza, è facile vedere le centinaia di banconote da mille dollari. Negli occhi di Freeman, nonostante siano totalmente neri, si accende qualcosa.

“>Scopo del denaro ?”

-Che aspetti ? Non è quello che volevi ?

Guarda Shades, imperturbabile come sempre. C’era un trucco ? Perché dirgli dei soldi se poteva prenderseli da solo ?

“Al diavolo, i soldi sono soldi”.

La struttura trema sotto i colpi di MODOK, rischiando di fargli perdere l’equilibrio mentre cammina verso il bottino. Quando è a metà strada, il soffitto cede ed una trave cade, facendo crollare anche il resto. Freeman si teletrasporta fuori dalla porta appena in tempo.

-Merda ! E’ pieno di detriti, come faccio a prenderlo !?

Shades sorride. Sapeva del crollo già da prima ?

-Non c’è spazio per infilare un braccio in un portale e riprenderli. E di andarci di persona non si discute.

-E allora come faccio a prenderli !?

-Puoi sollevare le macerie con dei portali chiusi. Non è oltre la tua portata, ma puoi farcela. Però ci vorrà molto meno tempo perché ti crolli tutto quanto sulla testa, senza darti tempo di scappare.

I due si fissano, mentre sul soffitto del corridoio iniziano a formarsi delle crepe.

-E’ per questo che sei quello che sei ? Per i soldi ?

Freeman non risponde, ma lo fissa molto intensamente, guardando dietro gli occhiali da sole.

“>Scopo del denaro ?”

-Se è questo ad essere importante per te, prendili e muori. Se invece vuoi essere qualcosa di più… e ti ho già mostrato cosa saresti in grado di fare… allora dammi retta.

-E tu ? Cos’è che vuoi veramente da me ?

-Tutto a suo tempo, Freeman. Tutto a suo tempo.

-Che devo fare ?

-Adesso puoi anche teleportarti. Aspettami fuori.

L’istante successivo, Freeman non sta più guardando Shades ma l’entrata del garage che funge da copertura per MODOK.

-Non ti muovere ! – gli intima una voce con un pesante accento. Il rumore che segue è inconfondibile: una dozzina di pistole, pronte a sparare.

 

Le macerie colpiscono MODOK, che in parte per il dolore in parte per la scarsa concentrazione non riesce più ad emanare tutta la sua energia. Marasso ne approfitta, salta affondando gli artigli nel soffitto e si lancia addosso alla testa enorme, colpendo ripetutamente il cristallo energetico.

MODOK cade goffamente a terra, la sua testa troppo grossa per permettergli di muoversi. Il soffitto è pronto per crollare. Marasso guarda un’ultima volta il suo bersaglio, poi corre via sgusciando tra i corridoi.

Ancora vivo e ancora pazzo, MODOK cerca di girarsi per raggiungere i comandi dei sistemi di emergenza. Ce l’ha quasi fatta, quando una scarpa nera gli calpesta la mano.

-Dove credi di andare tu ?

Quello che resta del cristallo si illumina, ma Shades fa sempre più pressione sulla mano.

-Lasciami andare ! Lasciami andare subito !!!

-Stammi a sentire, testone: stai alla larga da Switch. D’accordo ?

-Ti ucciderò…

-D’accordo !?

L’altro piede preme sulla gola abnorme dell’essere artificiale, che risponde con un filo di voce.

-Sì…d’accordo…

-Sono contento che ci siamo capiti. Ma voglio essere sicuro che non ti vengano in mente idee strane…

Solleva gli occhiali. MODOK apre la bocca per cercare di respirare e tenta di indietreggiare, ma non riesce a muovere un muscolo, nemmeno a chiudere gli occhi. Quando si accorge che Shades è sparito, lasciandolo tremante sul pavimento, vede il soffitto crollargli addosso.

 

Davanti al garage, dove il frastuono del crollo si sente a malapena…

-Non ti conviene fare mosse strane, americano.

-Lavorate per il pakhan, vero ? Siete con il padrino russo ?

-Noi fa domande, tu non chiedere.

-Non mi stupisce che non siate impazziti anche voi. Già prima non eravate tanto a posto.

“In altre circostanze creerei un portale davanti ad ogni pistola, ma con il Senso d’Ombra neutralizzato dal sole non posso. Proprio adesso doveva decidersi a fare bello !?”

-Chiudi gli occhi – dice una voce familiare, e Freeman obbedisce. Sente le pistole cadere a terra.

-Ora riaprili pure.

-Shades !

Tutti gli scagnozzi sono a terra, svenuti. Non sono feriti o addormentati…sembrano più che altro privi di forze.

-Continui a non sfruttare a dovere il Senso d’Ombra.

-Accidenti…quattordici mafiosi russi in un colpo solo. Mi chiedo che ci stai a fare qui con poteri del genere…potresti fare il grosso colpo e ritirarti in un’isola caraibica al sole…

Shades solleva un sopracciglio, più eloquente di mille parole.

-O quello che farebbe uno come te. Marasso ?

-E’ dietro di te.

In effetti, senza che se ne fosse accorto, il cyborg rettile è in piedi a fissarlo. Qualche resto della base gli ha scalfito la pelle, ma per il resto è come prima.

-Che programma di merda. Quando vedo Corvo glielo farò aggiustare, a costo di dovergli prima staccare un piercing dopo l’altro.

-Dovremmo andarcene. Non resteranno così a lungo.

-E il resto della città ?

-Oh, la Cappa delle Ombre ha appena iniziato a far sentire i suoi effetti.

-Ancora le Ombre !?

-Non preoccuparti, non c’entra con le nostre vecchie conoscenze.

-Tu come lo sai ?

-Ci siamo tenuti informati. Niente che abbia a che fare con le ombre può sfuggire a quelli come noi.

-“Noi” ?

-Tutto a suo tempo.

-E va bene, andiamocene. Ho visto qualche negozio andare a fuoco, se ne troviamo uno vuoto possiamo prenderci qualcosa. Come vanno le batterie, Marasso ? No, aspetta, così siamo da capo… Hai bisogno di ricaricarti ?

Il serpente fa cenno di no con la testa.

-Meglio così. Andiamo, è quasi l’una e devo ancora mangiare. Tu che sai tutto, Shades, come facciamo a portarcelo in giro senza scatenare un casino ?

-Presto nessuno farà caso a un mostro in più, credimi.

-Immagino che mi spiegherai a suo tempo.

-Forse.

-Vieni anche tu, no ?

-Veramente ho già fatto uno spuntino, oggi – risponde sorridendo in un modo strano, mentre i tre super-criminali camminano tranquillamente per le strade di New York – ma potrei doverti salvare la vita una terza volta.

-Senza costume non dovrebbero esserci problemi. L’ho dimenticato a casa, ma forse è meglio così.

-Peccato. Era molto adatto alla situazione.

-In che senso ?

-Tutto il mondo sta per tirare fuori il proprio lato oscuro. Un costume completamente nero è veramente appropriato.

-Parli mai di qualcosa che non c’entri con le ombre ?

-Ogni tanto.

-Aspetta…eri biondo anche l’ultima volta ?

-Può darsi.

-Sei un tipo molto strano, Shades. Ti sei accorto che la tua ombra è scomparsa ?

-Davvero ? Non l’avevo notato. Da che parte sarebbe questo negozio ?

 

Davanti al garage, intanto, i russi si stanno rialzando. Uno di loro viene colpito da un grosso peso e ricade a terra. Tutti si guardano intorno per vedere cosa sta succedendo, ma non c’è nessuno. Solo l’ombra di un uomo, sul muro.

-[Date i soldi a Ranennyj] – dice in russo – [Ditegli che glieli manda Switch, e che è solo una frazione di quello che può procurargli.]

-[Ma tu chi sei ?] – chiede il mafioso, guardando il borsone nero. Poi torna a guardare il muro, su cui ora batte il sole.

 

CONTINUA…

 

 

VILLAINS #14

OSCURA INIZIAZIONE

 

 

New York City, tanto per cambiare. In quello che era un negozio di alimentari. In realtà lo è ancora, ma molto più in disordine del solito. Sembra che sia passato un tornado, mentre in realtà ci sono solamente tre super-criminali a caccia di provviste.

Uno dei tre indossa un lungo cappotto di pelle nera, tiene le mani in tasca e si guarda curioso in giro, sempre con gli occhiali da sole. Un altro, quello che sembra una lucertola umanoide riempita di steroidi, ha già ingurgitato tutto quello che è riuscito a trovare. Intero, senza neanche aprire una sola confezione, e senza emettere mai un suono. Il terzo, con vestiti casual rigorosamente neri, sta svuotando la cassa.

-Non perdi mai un’occasione, eh ? – constata l’uomo con gli occhiali da sole.

-Ci saranno quattrocento dollari qui dentro, e non un’anima viva in giro. Non avrei il coraggio di fare il ladro, se non ne approfittassi subito.

-Se non altro sei abbastanza prudente da usare i guanti del tuo costume. Credevo lo avessi dimenticato nel tuo appartamento.

-Posso essere sbadato, ma non stupido.

-Concordo. Il fatto che tu abbia ordinato al tuo servitore di tenere gli occhi su di me lo dimostra.

Freeman mette i soldi in tasca e chiude la cassa con una certa rabbia. Poi si avvicina a Shades e gli punta il dito contro, fissandolo negli occhi (o più precisamente negli occhiali). Shades restituisce lo sguardo agli occhi totalmente neri di Freeman.

-Senti, lo so perché ho sempre Marasso tra i piedi… l’ho fatto riprogrammare. Quello è che non capisco è perché mi ritrovo anche te tra i piedi.

Shades sorride e si volta, dirigendosi verso l’entrata. Guarda fuori, verso l’alto, e gli risponde dandogli le spalle.

-Facciamo un patto, Switch.

-Un patto ? Con te ?

-Non ti fidi ?

-Piuttosto che fidarmi di te metterei il braccio in una vasca piena di piraña.

-Ti ho salvato la vita due volte, se non ricordo male. Non conta ?

-Beh… se non altro posso starti a sentire. Cosa mi offri ?

-Devi semplicemente starmi a sentire.

-Tutto qua ?

-Tutto qua. Ti spiegherò tutto: le Ombre, la portata dei tuoi poteri… tutto. A poco a poco, ovviamente... anche io tengo alla mia vita, in fondo.

-E in cambio che dovrei fare ?

-Non devi lasciare New York senza avvertirmi.

-Tutto qui !?

-E non devi insistere con le domande… “tutto a suo tempo”, ricordi ?

-Okay, dov’è la fregatura ?

-Nessuna fregatura. Non hai niente da perdere, giusto ?

-Ci devo pensare – risponde Freeman distogliendo lo sguardo.

-Come ti pare. Mentre ci pensi, io sono sul tetto a fumare.

Quando Freeman si volta, Shades non c’è più.

 

Lucy è rannicchiata in un angolo, tremante nonostante la temperatura sia più che sopportabile. Non sa bene come è arrivata lì. Sa di essere all’aeroporto di Mosca, certo. Non è del tutto sicura di dove, esattamente, non sapendo leggere il russo…non sempre, almeno… anche se probabilmente è una sala d’aspetto, o qualcosa del genere. Guarda le mani tremare, neanche se le sente. Lucy non le sente da più di un anno, ormai. Da quando ha cominciato a sapere delle cose che non dovrebbe sapere, così, dal nulla. Da quando qualcosa ha cominciato a guidarla in giro per il mondo, solo raramente conscia di quello che fa.

Prova a ricordare da quanto tempo è in Russia, ma niente da fare. Ricorda solo di essersi trovata prima in mezzo alla neve, sapendo di essere in Siberia, e poi alle porte di Omsk con l’inspiegabile volontà di raggiungere Mosca. Come abbia fatto a prendere il treno non avendo nemmeno un soldo con se, resta un mistero.

Esattamente come il fatto che abbia percorso centinaia di chilometri a piedi in poche ore… vorrebbe potersi ricordare se sa volare o meno.

Così non ha altra scelta che stare lì, in un paese in cui non conosce nessuno, non sa parlare la lingua locale, non ha la minima idea di come sia arrivata lì e di dove debba andare. Se fosse per lei, coglierebbe l’occasione e tornerebbe a casa… se solo si ricordasse dov’è. Non resta che aspettare il prossimo flash mentale, che le farà sicuramente sapere dove deve andare e come farlo.

-<Scusi, sa che ore sono ?> - chiede, in russo, una voce maschile. Sposta lo sguardo con precauzione; dal tono non sembrava minaccioso, quindi forse non è un poliziotto che vuole arrestarla per vagabondaggio. Sempre che sia un reato, in Russia.

-Non parlo russo, mi spiace – risponde in inglese, con poca voce.

-Oh. E che ci fa a Mosca ?

Questa volta in inglese. Si volta e lo guarda meglio: con suo sollievo le forze dell’ordine non c’entrano, è solo un viaggiatore (lo capisce sia per la valigia che per il fatto che parla inglese in una sala d’aspetto di un aeroporto russo). Ha con sé anche una valigetta sui cui c’è un simbolo familiare, anche se non ricorda perché. “Reflex Technologies”. E’ un flash ? No, altrimenti saprebbe anche cos’è. E’ solo… familiare.

-E’ una lunga storia.

-Beh, il mio volo è in ritardo di due ore, quindi ho decisamente voglia di ascoltare, miss… ?

-Lucy.

-Io sono Mark – risponde tendendole la mano. Nessun flash, quindi probabilmente non è per lui che è qui. Gli stringe la mano, pur non sentendola. Dati gli spessi guanti probabilmente non l’avrebbe sentita comunque.

-Americana ?

-Sì.

Lo è davvero ? Pensa in inglese, in fondo, ed ha un minimo accento. Forse è americana. Vorrebbe tanto ricordarselo.

-Anche io. Lei dove va ?

-New York – risponde senza volerlo. Un altro flash ? Sì, deve assolutamente andare a New York. Non c’è altra scelta. New York.

-Oh, mi dispiace.

-Come scusi ?

-Non ha sentito ? Il volo è stato cancellato. Per il tempo o qualcosa del genere.

-Non parlo russo. Lei invece dove…

-Vancouver. Sono sempre in viaggio, ma sinceramente è la prima volta che incontro una ragazza sola in un paese di cui non parla la lingua.

-E’ una lunga storia. Non ci sono altri voli per l’America, prima di due ore ? – Di nuovo, non è stata lei a parlare.

-No, non credo… Dovrebbe aspettare domani. Sono sicuro che qualcuno dello staff parli inglese, farebbe meglio a trovarsi un albergo e-

-Vancouver è abbastanza vicino all’America, vero ?

-Come ? Sì, ma cosa-

-Lei ha il biglietto con se, immagino – lo interrompe, fissando le tasche della giacca. Respira velocemente e si guarda attorno, iniziando a sudare. Flash. Nessuno nel raggio di metri, nessuno che guarda. Flash. Il biglietto è nella tasca interna della giacca. Flash. Nessuno gli si avvicinerà prima di quaranta minuti.

-Si…si sente bene ?

Velocemente si toglie il guanto destro, emanando una luce fortissima. Mark non fa in tempo a chiedersi cosa significhi: un raggio di luce gli trafigge il petto. Non c’è nessuna ferita, ma lui cade a peso morto su una delle sedie e non si muove più. Flash. Sa che è morto.

Lucy si rimette il guanto e riprende a respirare normalmente. Dalla tasca interna della giacca prende il biglietto. Non ha bisogno di leggerlo.

Flash. Sa già dove partirà l’aereo. Sa dov’è il suo posto. Sa che farà scalo a Tokio. Ed è sicura che, una  volta là, saprà come andare a New York.

Quello che vorrebbe veramente sapere, però, è perché deve andarci e perché questo Mark è dovuto morire per questo. Ma questo, come tutte le cose importanti, non è dato sapere. Per ora.

 

Da una tasca interna della giacca, Shades estrae un piccolo pacchetto e ne estrae una sigaretta, che si accende da sola mentre la porta alla bocca. Con la schiena si appoggia alla porta che dà sulle scale, ed inspira con ampie boccate.

“Andiamo, non ho tutto questo tempo…” pensa nervoso, osservando il fumo. Al respiro successivo, però, il fumo diventa improvvisamente nero, allargandosi come una macchia d’inchiostro. La massa di fumo nero come la notte assume una forma vagamente umana, accentuata dalla presenza di due occhi bianchissimi.

°hai idea del casino che stai combinando Shades !?

-Non male, grazie per averlo chiesto… a te invece come vanno le cose, Smoker ?

°non c’è assolutamente niente da ridere ° hai una vaga del numero di regole del circolo ° che stai infrangendo ?

-Ti ha mai detto nessuno che sei buffo ? Quel modo di parlare, quella specie di sbuffo sibilante… non lo fai mai, quando parli di persona. Certo, con te il termine “persona” è estremamente relativo.

°non prenderti gioco di un nonriflesso superiore ° la tua missione è di cercare il Punto di Riflessione ° il Nonriflessodue è estremamente contrariato°

-Snake può andare a farsi fottere, per quel che me ne importa. Abbiamo un piccolo vantaggio ed ho tutta l’intenzione di sfruttarlo questa volta.

°sei avventato ° il Cacciatore d’Ombre ti troverà facilmente se continui così °

-La città è sotto l’influsso della Cappa delle Ombre, non mi troverà così facilmente. E poi, a differenza di voi vecchie mummie, io posso girare indisturbato.

°il Nonriflessouno ha una certa fiducia nelle tue capacità ° ma se non avrà dei risultati ° vorrà la tua testa su un piatto d’argento ° ed è un destino che non auguro ° nemmeno a te

-Sto per concludere un accordo. Se questo Freeman è quello che penso, ‘uno vorrà baciarmi il culo per averglielo portato.

° o forse ° vorrà strangolarti con le sue stesse ° mani

-Lui almeno ha le mani. Cosa che non posso dire di te…

A poca distanza si apre un portale nero, da cui escono Freeman e Marasso. La nuvola di fumo si ritrae, ma non c’è tempo per scomparire.

-Quanto ci metti a- che è ‘sta roba ?

-Freeman, Smoker. Smoker, Freeman. Allora, hai deciso riguardo alla mia offerta ?

-Ci devo ancora pensare. Che ci fa qui questo coso ?

°hai tempo fino al sorgere del sole ° Shades ° in caso di fallimento ° raggiungi Shattensburg per la tua punizione °

Il fumo si dirada, tornando normale fumo di sigaretta che si disperde nell’aria. Shades rimette le mani in tasca e cammina tranquillamente per il tetto, osservando divertito delle orde di demoni che all’orizzonte.

 

-Parecchio teatrale – osserva Freeman sulla strana apparizione di prima, mentre segue Shades non avendo di meglio da fare.

“Strano che non mi abbia turbato…insomma, del fumo che parla… ma quando hai visto Modok le hai viste tutte”.

-Non farci caso. Fa un po’ di fatica a capire che non siamo più nel Medioevo.

-Ora non comincerai a dirmi che sei in giro da migliaia di anni…

-Certo. Io esisto dall’alba dei tempi.

-Parli sul serio o mi prendi per il culo ?

-Ti prendo per il culo.

Freeman sorride. Umorismo da criminali. Sarà anche uno psicopatico fissato con le ombre, ma almeno è simpatico.

-Allora, che facciamo adesso ?

-Mai fatto una passeggiata tra i tetti di New York ?

-No. Di solito sono troppo affollati di gente che preferirei non incontrare.

-Al momento troveremo solo qualche demone. Certo dovremo approfittare un po’ dei tuoi portali, anche se non penso che a Marasso servano.

-Neanche a te. Tu puoi teleportarti.

-Che stai dicendo ? – Shades si ferma, e Freeman lo osserva con un’espressione di sorpresa, resa strana dai suoi occhi totalmente neri.

-Beh, che ho detto ?

-Io non mi teletrasporto.

-Ma se l’hai fatto cinque minuti fa !!!

-Oh, quello… no, quello non è teletrasporto. Tu puoi andare dal primo al secondo piano di una casa, passando per le scale, ma non ti teletrasporti. E non per questo puoi farlo sempre e dovunque.

-E allora da dove sei passato per… no aspetta, non me lo dire. Per una volta che non si parlava di ombre…

Un portale li fa passare sul tetto adiacente. Qualche passo dopo, un altro li fa avanzare al tetto successivo. E così via. Shades e Freeman camminano l’uno di fianco all’altro, entrambi con le mani in tasca, ed ignorano totalmente Marasso che striscia alle loro spalle.

-Comunque… chi era quello Smoker ?

-Un tizio che conosco. Mio malgrado.

-Un’altra ombra ?

-“Nonriflesso”. Solo il riflesso di un’ombra.

-Oh, questo ha molto più senso…

-Queste domande significano che accetti il patto ?

-No, voglio solo farmi un’idea di quello che mi vuoi raccontare. Ho la sensazione che, nonostante tutto, tu voglia fregarmi. Almeno fammi essere sicuro che ne valga la pena.

-D’accordo. Cosa vuoi sapere ?

-Cominciamo dall’inizio. Da dove vengono i miei poteri ?

-Dall’Oscuro.

-La dimensione delle ombre ?

-Chiamalo come preferisci. Ma non è una dimensione, è più uno stato dell’anima. Un qualcosa che tutti sono in grado di avvertire, ma pochissimi possono raggiungere. Mai avuto paura del buio ? I mostri non sono solo sotto il letto, sono ovunque. Alcuni sono esseri umani.

-Quando fai così, mi viene voglia di andare a controllare se sei stato un paziente del Ravencroft. Insomma… lo stato d’anima delle ombre ? Che c’entra con i miei poteri ?

-Da dove credi provenga il tuo Senso d’Ombra ?

Freeman si ferma, e lo stesso fa Marasso. Shades va avanti.

-Mi stai prendendo ancora in giro ?

-No. I tuoi poteri provengono dalla forza metafisica dell’assenza di luce. Niente di più, niente di meno.

-E sarebbe per questo che non sono impazzito come tutti gli altri ? Perché ho già un legame con il “lato oscuro” ?

-Tra le altre cose. Ma a parte quello, non puoi possedere un uomo che è già posseduto.

-Come !?

-Questo posso spiegartelo solo se accetti il patto.

-Continuo a volerci pensare su. Magari con un po’ di birra funzionerà meglio… è un po’ presto, ma che ne dici di fare un salto al Bar With No Name ?

-D’accordo. Suppongo ci sarà della gente molto interessante.

-Ora che ci penso, non dovevi portare a termine un lavoro per quell’ammasso di fumo ?

-Ha detto prima che sorga il sole, no ? Credimi, c’è ancora molto tempo. Non tutte le notti durano poche ore.

 

A qualche isolato di distanza, l’ex base di Modok. Una cospicua donazione alla polizia, solo incidentalmente non dichiarata, ha garantito un lavoro privo di distrazioni. Qualche gorilla con un vestito da duemila dollari convince i curiosi a stare alla larga da quello che sembra un semplice garage crollato. Visto che tutta la città e ormai quasi tutta la nazione è impazzita è necessaria un po’ più persuasione del solito, ma se c’è una cosa che la mafia russa sa gestire molto bene è la persuasione. Forse anche loro sono sotto l’effetto della Cappa delle Ombre, ma distinguere un mafioso da un mafioso più cattivo è un’impresa.

Un uomo sui trentacinque anni scende dalla macchina. Ha un vago principio di calvizie ed una cicatrice che parte dalla fronte, passa sul naso e finisce sulla guancia sinistra. Non sembra troppo profonda, ma gli è valsa comunque il soprannome di Ranennyj, “il ferito” in russo. Ran se volete essere concisi.

Assieme a lui scende un altro uomo, più o meno della stessa età ma più muscoloso. Non sembra particolarmente comodo nel suo vestito elegante, ma se vuoi fare la guardia del corpo dell’ultimo padrino della mafia russa arrivato in città devi farlo con un minimo di stile.

-Io criede che ora grosso testone grande mal di testa ! Che è succiesso ?

-Erano in tre – lo informa uno dei suoi uomini – ragazzo che lavora per Modok, uno con occhiali da sole e un uomo-serpente…

-Swuitch ? Questo benje… grosso testone non voleva che compro !

-Un uomo-ombra ci ha dato questa borsa. Dice che è per lei.

Ran prende in mano la borsa nera, constatando che è piena di denaro.

-Ah, questo megljo di affare con codjci di carte di credito… molto megljo, sì. Tu che pensa, Djavid ?

“Cristo, questo tizio non sa neanche dire il mio nome… quanto cazzo sarà difficile imparare a pronunciare David !?“

-Conosco Switch, e questo non è il suo stile. Si sarebbe tenuto i soldi.

-Forsie Swuitch più intelligiente di te ! Haha !

“Se non pagasse così bene gli insegnerei l’inglese a pugni !”

-Che dobbiamo fare con questo Switch allora, capo ?

-Che domande ! Ha ucciéso grosso testone, mi ha dato sùa tecnologìa… Cuosa vuoi che faccja ? Gli offro lavoro !

 

Il portale si apre davanti all’entrata del Bar With No Name. Ne esce lo strano terzetto, giusto in tempo per vedere qualcosa volare fuori dalla porta e, seguendo una traiettoria molto strana, ritornare dentro passando per il tetto.

-Quello era un boomerang ? – chiede Shades, mentre Freeman indossa la maschera. Non che avesse bisogno del costume, ma è una regola del bar: si entra solo nella propria identità criminale.

-Già. Ho idea che qualcuno sia su di giri. Entriamo lo stesso ?

-Sì. Può essere un ottimo allenamento.

-I russi non ti sono bastati ?

-Intendevo per te.

Passando sopra a quanto resta della porta da saloon, i tre entrano nel Bar. Ci sono alcune differenze rispetto al solito: la prima che salta all’occhio è che i clienti stanno litigando da sobri. Piledriver della Squadra di Demolizione le sta suonando al Bue dei Duri, Boomerang cerca di liberarsi dalle spire del Costrittore, e Batroc si sta scolando un drink dopo l’altro,

-Si direbbe un bel posto – commenta Shades.

-Aspetta di aver conosciuto il barista prima di giudicare.

-Nuovi clienti ! – urla Madcap saltando sul banco, togliendosi il grosso cappello giallo e calpestando cinque o sei bicchieri. I tagli che si procura guariscono in pochi secondi.

-Ehi, Gourmet de Fois Gras, libera il bancone ! – grida spazzando via col braccio tutti i bicchieri davanti a Batroc.

-Come ti permetti ? Je suis *burp* Io sciono Batroc, il scialtatore !

-Piacere, Madcap, il signore dell’assurdo e dei sandwich al tonno !

Un gancio destro stende il già ubriaco francese. Madcap dà una pulita alla sedia con il mantello, poi la alza e la getta dietro il bancone.

-Allora…cosa prendete ?

-Una birra.

-Un God-Father senza ghiaccio.

-Non è un po’ presto ?

-Sarà una notte molto lunga.

-E il lucertolone cosa prende ?

-Suppongo tu non abbia topi in dispensa…

Madcap salta dietro il bancone, atterrando male. Rovista un po’ sotto il banco, poi si alza con un braccio storto e appoggia un topo morto sul bancone.

-Tutto sul tuo conto ?

-Non voglio…neanche sapere…perché tieni un topo morto sotto il bancone.

-Per nessun motivo !!! E’ questo il senso dell’esistenza, l’esistenza dell’assoluta mancanza di senso ! – pontifica risistemandosi il braccio.

Switch prende subito la birra in mano, per evitare che Madcap la lanci via o se la rovesci addosso come ha già fatto in passato… ovviamente perché la cosa non ha nessun senso. Solleva la maschera per scoprire la bocca, ma un qualcosa di metallico si appoggia sulla sua spalla.

-Tu non mi piaci.

-Neanche tu sei il mio tipo, Demolitore. Perché non fai un favore al mondo e ti ficchi quel piede di porco dove meriti ?

-Ehi, niente risse ! Sul codice a barre della lattina c’è un cinque !

-Non sto parlando con te, imbecille !

Un raggio di energia proveniente dall’arma del Demolitore distrugge una parte del bancone, proprio di fianco a Shades. Il suo drink è esattamente in bilico di fianco al punto di esplosione.

-Non mi va di litigare, Demolitore.

Il nemico di Thor afferra la lattina di birra e la stritola come se fosse di carta.

-A me sì !

Switch si alza in piedi, e i due si fissano negli occhi. Tutti gli altri nel bar si fermano per guardarli, e non si stente volare una mosca.

-RISSAAAAAA !!! – urla Madcap a squarciagola, avendo già cambiato idea perché… beh, indovinate il motivo.

 

Il pugno del Demolitore viene bloccato da un portale chiuso, così resistente da fargli ritrarre la mano dolorante. Switch afferra il piede di porco e glielo sbatte in faccia. Oggetto indistruttibile contro criminale super-forte, praticamente come colpire un muro. Il metallo vibra sotto le sue mani, e si sarebbe rotto qualche osso se l’imbottitura del costume non lo avesse protetto. Colpendolo con un solo dito, il Demolitore lo fa volare addosso a Madcap, facendo cadere entrambi.

Switch sposta l’invasato con qualche espressione non proprio pulita e si rialza. Shades non ha ancora fatto una piega.

-Marasso, attaccalo.

Il cyborg rettile lo fissa confuso. L’ordine non gli è chiaro.

-Attacca il Demolitore !

Il serpente si volta, abbassando la testa e muovendo la lingua biforcuta. Ad uno scatto della mano, gli artigli triplicano la loro estensione.

-Cos’è quest’affare ? – è tutto quello che il Demolitore riesce a dire prima che duecento chili di rabbia preprogrammata gli saltino addosso. Le piccole risse di prima continuano, degenerando lentamente in un tutti-contro-tutti.

Fancy Dan dei Duri si lancia contro Switch, che si teleporta dietro di lui facendolo sbattere a terra. Il suo compagno di squadra Montana cattura al lazo Marasso, afferrandolo per la coda. Il serpente si distrae solo un attimo dal suo attacco al Demolitore, che con propria sorpresa inizia a sanguinare per i numerosi tagli subiti; uno scatto della coda lancia Montana direttamente fuori dal bar.

Nonostante i tentacoli del Costrittore, Boomerang riesce a prendere uno dei suoi sonarang e ad usarne gli ultrasuoni per stordire l’avversario e liberarsi. Il perché a qualcuno venga in mente di costruire un boomerang agli ultrasuoni probabilmente farebbe contento Madcap.

Il Bue fa a pezzi quanto resta del bancone, più precisamente atterrandoci sopra, e mettendo K.O l’intera formazione dei Duri. Senza più un bancone, Shades si alza e guarda la battaglia. Switch viene attaccato da Boomerang, ma riesce a schivarne tutti i lanci.

Shades osserva divertito il Costrittore rialzarsi nello stesso momento in cui lo fa Batroc alle sue spalle. I tentacoli, estesi al massimo, si avvicinano come una frusta passando attraverso il corpo di Shades e colpendo direttamente Batroc… in faccia.

-I miei moustaches ! Mi hai tagliato uno dei baffi, Coshtrittore ! Mes-

Un pugno di Shades gli fa sanguinare il naso, ed un altro gli fa perdere conoscenza. Il Costrittore non demorde e lo attacca di nuovo, ma Shades scompare dalla vista. Il Costrittore ritrae le spire per cercarlo, ma la sua ombra esce dal pavimento per colpirlo ripetutamente sotto lo sguardo sempre più divertito di Shades, che con piacere constata la facilità con cui Switch mette a terra Boomerang con un calcio allo stomaco, un pugno sul naso, un calcio alle parti basse e un ultimo pugno.

-Mi piace questo posto.

Di fianco a lui, un uomo con un costume giallo abbastanza ridicolo cerca di colpirlo con quello che sembra un’ascia fatta di luce. Shades la blocca con una mano sola, e l’altro non riesce nemmeno a farla scomparire.

-Tu saresti… ?

-L-Lightmaster.

-Mi ricordi qualcuno che conoscevo. Mai conosciuto Lodestar e Lookout del Consiglio delle Luci ?

-Mai sentiti nominare !

-Lo sai perché ?

-Uh…no…

-Le ho uccise io.

Le luci si affievoliscono e i pochi clienti ancora coscienti si voltano al suono di Lightmaster scaraventato contro il muro ad una velocità pazzesca. Il sedicente signore della luce giace a terra privo di sensi, il suo costume gravemente danneggiato.

Shades cammina verso Bulldozer, Piledriver e Thunderball, ossia tre quarti della Squadra di Demolizione. Switch vorrebbe dirgli di lasciar perdere, visto che ognuno di loro può sollevare un camion. Prima però guarda Marasso massacrare il Demolitore con i suoi artigli, tenendosi ben saldo con la coda.

In fondo sarà abbastanza divertente… a Shades non farebbe male ricevere una bella batosta. Ma mentre ci pensa nota che le ombre della Squadra di Demolizione si sono allungate in modo innaturale, e stanno staccando dal muro i corrimano in ottone che Madcap ha fatto applicare alle pareti (per motivi abbastanza ovvi, ma solo a lui). Quando Shades è davanti ai suoi avversari e loro sono pronti a trasformarlo nell’ombra di un puré, le loro stesse ombre gli avvolgono attorno al collo le sbarre di metallo, piegandole con la loro stessa forza. Shades resta immobile con le mani in tasca, le ombre tolgono il respiro ai loro proprietari che perdono conoscenza.

-Dilettanti.

Quasi nello stesso momento, il Demolitore riacquista abbastanza forza da far perdere a Marasso la presa, e lo sbatte a terra con forza sufficiente a mandare in tilt il cyborg per qualche minuto. Afferra il piede di porco che era caduto a terra e si prepara ad usarlo per eseguire un’operazione a cuore aperto non proprio sicura per il paziente. Ma la sua ombra esce dal muro e afferra il metallo con una mano trasparente, bloccandolo. Con uno sforzo sovrumano potenziato dalla sua rabbia, il Demolitore rompe la stretta della sua stessa ombra e lancia la sbarra incantata contro Shades, che la afferra al volo nonostante la sua velocità.

La rilancia al Demolitore, e con un dito gli indica di venire avanti. Il Demolitore carica contro di lui e sferra un pugno che avrebbe potuto abbattere una casa, se Shades non l’avesse evitato. Due colpi con la sbarra vanno ugualmente a vuoto. Con le vene sulle tempie sul punto di scoppiare tira un ultimo devastante pugno, che Shades evita spostandogli leggermente il braccio. Approfittando dell’apertura dell’avversario, lo colpisce con un destro.

Il Demolitore indietreggia, giusto in tempo perché la sua ombra lo faccia sprofondare nel pavimento, con un gigantesco mal di testa.

-Tutto qui ? Che perdita di tempo.

 

Madcap saltella felice in mezzo ai suoi clienti, tutti stesi a terra, e quanto resta di tavoli e sedie.

-Guardate ! Un inno all’insensatezza dell’insensato ! Questa è la migliore festa senza cavoli fritti che abbia mai dato !!!

-Perché non abbiamo steso anche lui ? – chiede Shades mentre si prepara da solo un altro God-Father, cosa non semplice dato che metà del banco è stata distrutta e, essendo Madcap il barista, non c’è il minimo criterio nell’ordine degli ingredienti.

-Perché guarirebbe dopo un paio di secondi.

-Non dalle ferite che gli farei io.

-Naah. Dove lo trovo un altro barista che decide a caso quando farti pagare e quando no ?

-Si sarà accorto che gli hai svuotato la cassa ?

-Probabilmente deciderà che, siccome lasciarmelo fare non ha il minimo senso, per lui è perfetto.

-Comincio a capire i tuoi motivi…

-Quella cosa che hai fatto… schivare tutti i colpi del Demolitore, puoi insegnarmela ?

-Se vuoi imparare, sì.

-Okay. Allora penso che-

-Ehi, salvatori del disordine ! – li chiama Madcap, intento a trascinare fuori i suoi clienti – Mentre io do una pulita, che ne direste di rintracciare la mia cameriera ?

-Ci penso io – risponde prontamente Switch, che si allontana dal banco.

-Che fai, gli dai retta ?

-Così non si accorgerà della cassa.

-Non hai detto che gli andrà bene ?

-Mi è venuto in mente che, siccome è una cosa decisamente da lui, potrebbe anche decidere di fare l’esatto contrario…

Non molto più in là c’è il retro. Si guarda intorno ma non vede nessuno. Poi sente qualcuno lamentarsi, una voce maschile. Probabilmente un cliente ubriaco che si è perso la rissa. Switch esce dal retro, trovando l’Averla Assassina a terra, reduce da un pestaggio a quanto sembra.

-Quella puttana… quella puttana…

-Fermo lì ! – ordina una voce femminile puntandogli contro un coltello. Switch la riconosce.

-Timber ! Che è successo qui ?

-Non sei impazzito anche tu, vero ?

-Non più del solito – risponde togliendosi la maschera. Abituata a vedere gente molto più strana, Timber non fa caso agli occhi totalmente neri.

-Non ci crederai mai, Eddie… questo imbecille ha cercato di violentarmi !

-E’ veramente impazzito, oppure voleva suicidarsi.

-Uh. Non mi meraviglio che siate sempre qui a lamentarvi delle vostre sconfitte, se siete tutti così.

-Pensa agli affari tuoi tu.

Si guardano in silenzio per qualche istante. Poi si parlano nello stesso momento.

-Sei libero stasera ?

-A casa tua o a casa mia ?

 

Dietro il bancone, Shades finisce di preparare il suo drink. Switch si avvicina.

-A questo punto ci separiamo.

-Dove vai ?

-Scarico Marasso in un magazzino da qualche parte e vado a divertirmi. Almeno questa sera puoi evitare di starmi appiccicato ?

-Per oggi hai imparato abbastanza. Praticamente niente, ma in un certo senso anche troppo.

-Per una volta, non potresti rispondermi come uno psicopatico normale ?

-Vai e divertiti.

-Apprezzo lo sforzo. Alla prossima.

Switch crea un portale e richiama Marasso, dopo aver concordato con Timber luogo e ora.

-Freeman ?

-Che hai ancora, Shades ?

-Posso considerare valido il patto ?

-Sì, certo. Non preoccuparti.

Il portale si chiude alle sue spalle. Shades manda giù il drink.

“Dovresti essere tu a preoccuparti, Freeman… Chissà se in questa città ci sono dei piraña…

 

In un’altra grande città americana. Al trentesimo piano di un grattacielo, l’ufficio vendite della Reflex Technologies. Il classico dirigente con un vestito dal costo superiore al mese di stipendio dei suoi dipendenti segue con apprezzamento l’incedere della donna in tailleur nero, più che altro interessato alla minigonna vertiginosa. La vede fermarsi davanti all’ascensore ed aspettare che arrivi. Si sbriga ad attirare l’attenzione di un suo collega e amico.

-Ehi, hai visto che roba ? Venti dollari che ci sta.

-Sei impazzito !? Quella è miss Link. Ti conviene fare finta di non averla neanche vista.

-Andiamo, al massimo dirà di no.

-E’ la segretaria del grande capo, e poi…fidati, quella è pericolosa.

-In che senso ?

-E’ pericolosa e basta. Quelli che le danno fastidio tendono a fare una brutta fine.

-Oh, questa in giro non l’avevo ancora sentito.

-Per me è una strega. O una mutante. O una strega mutante.

-Ah sì ? E quale sarebbe il suo potere ?

-Può far capitare qualsiasi cosa a chiunque. Generalmente cose brutte.

-Non l’ho capita.

-Non è una battuta, sto parlando sul serio. Tu sei nuovo qui… questo non è un posto come gli altri. Occhio, sta venendo qui !

La ragazza si avvicina ancheggiando leggermente. Quando è davanti al suo ammiratore, gli sorride. Alza una mano e con l’indice gli sfiora leggermente la giacca. Poi con lo stesso dito tocca l’orecchino destro, una piccola stella, e si volta tornando verso l’ascensore, che è appena arrivato.

-Bye !

Mentre le porte si chiudono, la sua vittima sorride e si vanta con l’amico, che sta tornando al suo lavoro.

-Beh, hai visto ? Penso che ci proverò ancora a fine giornata…

“Povero idiota” pensa l’altro, tenendosi impegnato per non rifletterci troppo, “Non so che tipo di connessione ha creato questa volta, ma non arriverai a fine giornata”.

L’ascensore ci mette qualche minuto a raggiungere l’ultimo piano. Il suono dei tacchi risuona nel corridoio, che porta all’unico ufficio del piano.

Una targa dorata recita:

“SYBIL LIGHTER – Founder – Chairman/Chief Executive Officer – Entrance might not imply safe leaving ” [1]

E’ una targa un po’ strana, e sicuramente pretenziosa. Ma siamo alla Reflex Technologies, dove ignorare le cose strane è vitale.

Link apre la porta in legno massiccio. Lo spazio lavorativo dell’ufficio è relativamente piccolo, ma in ogni spazio possibile c’è una finestra. Davanti ad una di esse, una donna sui cinquant’anni portati molto bene, le mani dietro la schiena. Le luci sono accese, anche se non ce n’è veramente bisogno.

-Miss Lighter ? L’arrivo a Vancouver è previsto per domani pomeriggio. E’ probabile che si rechi alla prima grande città americana nei dintorni, molto probabilmente Seattle.

-“Probabile” ?

-E’ probabile ora. Dopo il mio intervento, sarà certo.

-Bene. Assicuriamoci di non perderla di vista, questa volta. Spymaster è riuscito a liberarsi dei suoi impegni ?

-Purtroppo no. Posso liberarlo io, però…

-No. Non voglio che il nostro intervento sia troppo pesante, la Cacciatrice potrebbe accorgersi di noi.

-Nel qual caso, il Primo Riflesso vorrebbe la sua testa su un piatto d’argento.

-Se riusciamo a seguire il Cacciatore d’Ombre fino alla sua preda, il P.R vorrà baciarmi il culo per aver finito il suo lavoro.

-Avremo bisogno di contattare un nuovo agente…

-Trova Pathfinder. Può mancare di esperienza, ma non esiste segugio migliore. Accetta qualunque sua richiesta di denaro; non possiamo assolutamente permetterci di fallire.

-Ci sono altri problemi, Lighter. Abbiamo ricevuto segnalazioni su Shades.

Le mani si stringono in pugni, attorniati da un alone di luce. La temperatura si alza di qualche grado.

-Quel figlio di puttana. Spero che sia lui il bersaglio.

-Secondo la nostra talpa,  sta allenando una nuova arma.

-Un altro Nonriflesso ? Come se avesse anche lontanamente funzionato le ultime volte.

-In realtà, non ne siamo sicuri. Sta coprendo molto bene le sue tracce.

-Hhhmmmm. Forse possiamo procurare a lui e al suo protetto qualche… incidente… che li renda meno prudenti ?
-Aww, mi conosci, capo…

Link si toglie l’orecchino destro, gettandolo da una delle finestre aperte. Flash. A fine giornata, il dirigente che stava per provarci con lei troverà l’orecchino per strada, e si fermerà per raccoglierlo. Per sua sfortuna, i freni di un camion smetteranno di funzionare proprio in quel momento, portando all’inevitabile scontro. Morte sul colpo, e nessuno raccoglierà l’orecchino fino a quando Link non passerà ancora di lì.

-…procurare incidenti è la mia specialità.

 

Da qualche parte. CZ-81 detesta dover lavorare la notte, ma anche gli agenti dell’A.I.M devono fare gli straordinari di tanto in tanto. E persino loro devono sbrigare lavoro d’ufficio. Ha praticamente finito, gli restano da assegnare giusto un paio di missioni e poi potrà andare a casa a riguardarsi l’episodio di Sentieri che ha registrato. Se solo capisse come hanno fatto un resoconto del progetto Marasso, un curriculum di Deadpool e l’identikit di Switch a finire nella stessa pratica di una ricevuta di una consegna della Reflex Technologies… Ma oramai è tardi, ancora un po’ e perderà l’autobus per andare a casa.

Giusto il tempo di indicare una cifra indicativa del compenso per la cattura di Marasso e Switch, un paio di firme in codice ed esce dall’ufficio.

 

CONTINUA…

 

 

 

Note

 

 [1] “Fondatrice – Presidente/Direttore Generale – L’entrata potrebbe non implicare un’uscita sicura”

 

 

VILLAINS #15

PROVA A PRENDERMI

 

 

Una base delle Avanzate Idee Meccaniche. Da qualche parte.

Le basi sotterranee delle organizzazioni tecnico-scientifico-terroristiche si assomigliano tutte, del resto.

Attorno a un tavolo a semicerchio, sei uomini e una donna in un’uniforme gialla esaminano dei fogli, mentre un uomo in costume rosso e nero siede al centro della stanza, impaziente.

-Il suo curriculum è alquanto… singolare, mister Wilson.

-Grazie. Veramente sarebbe mister Pool, ma sa com’è farsi chiamare “signor piscina” non è un granché per la propria immagine certo, a meno che non si sia l’arcinemico di non-so-se-oggi-sono-ancora-re-Namor, e non potevo farmi chiamare mister Dead perché c’erano dei problemi di copyright con questo tizio morto con una enorme cintura a forma di D, voglio dire si vede abbastanza che sei morto non c’è bisogno di- *pant* persino io devo prendere fiato qualche volta - sì, comunque è mister Wilson.

-Per quanto riguarda il compenso…?

-La collezione prestige dei Simpson. Con i sottotitoli presi da South Park perché così fa più ridere e sembra più intellettuale. Mi accontento di poco… comunque le cassette possono anche essere normali.

-Lo ha scritto anche sul curriculum, in effetti…

-Continua tutto così ? – chiede un altro degli agenti sbirciando il foglio prestampato.

-Peggio.

-Siamo sicuri che Spymaster non sia disponibile, vero ? – chiede sottovoce uno degli agenti, senza ricevere risposta.

-Penso che possiamo lasciar perdere il curriculum, per una volta. Le è stata data la documentazione su Marasso, mister Wade ?

-Me l’ha data un tizio con su scritto CZZ-8 sulla divisa, no dico io ma vi pare il caso di mettere una sigla del genere ? Roba da vent’anni di psicanalisi, qui poi dovreste essere tutti dei mega-geni-che-possono-inventare-padelle-antiaderenti-alle-molecole-instabili-ma-non-sanno-fare-una-cavolo-di-invenzione-utile… credeteci o no, sta veramente sul dizionario come aggettivo… tra l’altro dovreste fare qualcosa per quelle divise, andiamo dovreste essere tutti degli Einstein ma pettinati meglio e la cosa migliore che vi potete inventare è una tutina giallo limone che può mettere in seria discussione la virilità di un uomo, non che io non sia al passo coi tempi ma a cose del genere ci tengo, e poi che vogliamo dire di quegli accidenti di caschi che non riesci neanche a guardare di fianco senza dover prima collegare tutti i puntini dall’1 al 75 con la matita, che poi cavolo li disegnassero loro ‘sti cosi invece di fare dannare la povera gente non è che abbiamo tutto questo tempo per un disegnino schifoso !!!

-…

-Comunque, qual era la domanda ?

 

Altrove, nell’ombra.

-Ricordati di non pensare a dove ti trovi, ma a dove si trova l’altro.

-Come faccio a schivarti se non so dove sei !?

-Non devi sapere dove sono io. Devi sentire la mia ombra. Ci sei ?

-Per quanto possa capirci, sì.

-Facciamo un tentativo, allora. Prova a prendermi. Via.

Il primo pugno va a vuoto. Nel punto da cui proveniva la voce non c’è più niente. Una gomitata al collo mette già fine all’inseguimento.

-No. Ti ho detto di non seguire me. Concentrati sulle ombre. Concentrati. Via.

Un colpo alle spalle, da dove l’aveva attaccato l’ultima volta. Non c’è niente. Un altro colpo alla sua sinistra. A vuoto anche questo, uno sgambetto lo mette a terra.

-Concentrati di più.

-E’ tutto quello che riesci a dirmi !?

-Via.

Pugno a destra. Vuoto. Passo indietro. Gomitata a sinistra. Vuoto. Pugno in avanti. Vuoto. Gancio sinistro, a terra.

-Cazzo, Shades, c’è il sole !!! Lo sai che il Senso d’Ombra non funziona !

-Funziona, ma non lo sai usare. Ti fai distrarre dalla luce.

-Non potresti bendarmi ?

-Questo non è uno stupido film sulle arti marziali, Freeman.

-Quindi tu non sei il mio maestro o stronzate del genere, e allora piantala con queste chiacchiere sulle ombre e dimmi come fai ad anticipare l’avversario !

Shades mette le mani nella tasca della giacca, totalmente rilassato, mentre Freeman si rialza. Come accidenti fa a tenere quel cappotto pesantissimo e a muoversi così velocemente per due ore !? Lui è in tuta da ginnastica e gronda di sudore !

-Così non funziona. Sei ancora più inesperto di quanto pensassi, praticamente dovrò spiegarti tutto.

-Senti, non posso farci niente se col sole questa cosa di vedere attraverso le ombre non funziona…

-Non è una cosa di cui vergognarsi. E’ difficile abbandonare la paura della luce.

-Non si tratta di paura…

-E di cosa, allora ?

-Non lo so !!!

Shades sembra rassegnato. Persino il suo solito ghigno sommesso è scomparso, e fissa l’orizzonte.

-E’ solo questione di stato dell’anima, Freeman. Tutto qui. Non è una cosa che si possa spiegare a parole, è una sensazione. O ce l’hai o no. Sarebbe come se tu mi chiedessi come si fa ad essere arrabbiati. Posso metterti in una situazione tale da scatenare la tua rabbia, ma non posso spiegarti come arrabbiarti.

-E allora che si fa ?

Freeman non ha mai visto il suo nuovo alleato con quell’espressione. Sta pensando.

 

Un magazzino nella periferia di Seattle. Sotto la scarsa luce che dal soffitto illumina quanto può data l’ora tarda, un uomo sta esaminando della merce poco pulita, tenuto d’occhio da colui che gliel’ha procurata. Senza che lo sappiano, sono osservati.

Tra le travi in legno, nascosta tra le ombre, una donna ben poco interessata alla loro fedina penale già pregusta il compenso.

La sua preda è vicina, molto vicina. Appena oltre i dieci metri, probabilmente. Davanti a lei, sulla sinistra. Fa un passo per avvicinarsi, ma la trave scricchiola un po’. Non ci aveva fatto molto caso prima. Forse può andarci un po’ più leggera… muovendosi in assoluto silenzio, cammina sulla trave sulle mani. Benedetto senso dell’equilibrio super-sviluppato ! Non c’è molto spazio per camminare così, deve tenere le gambe il più piegate possibile.

La cassa viene richiusa. Lei vi è sopra, a circa sei metri di altezza. Si lascia cadere, atterrando con grazia. Ovviamente i gorilla stanno già puntando le loro pistole su di lei, ma sa come cavarsela. Un salto mortale all’indietro la fa atterrare su uno di loro, che viene colpito da due suole dure come il marmo. Un calcio alla mano del suo collega lo disarma, uno allo stomaco lo fa volare qualche metro più in là provocandogli una discreta emorragia agli organi interni (ci ha messo tanta forza quanto per un salto di almeno sette metri, per andare sul sicuro); l’ultimo, che cerca di spararle alle spalle, viene spedito contro il muro da un calcio roteante.

Il loro capo tenta la fuga, esattamente come lei sperava. Un salto all’indietro la porta davanti a lui, ed è in questo momento che la preda si sposta per prendere meglio la mira. Serve tutta la forza che ha nelle gambe per quel salto di quasi quindici metri in diagonale, ma ne vale la pena.

Lui non ha neanche il tempo di capacitarsi di un salto del genere, un calcio estremamente doloroso gli fa perdere la presa sulla pistola. Un secondo calcio alla testa lo confonde, ed un ultimo calcio laterale lo fa cadere.

Dopo una caduta del genere non cerca più di scappare, ma sarebbe comunque inutile: nessuno è mai riuscito ad evitare Pathfinder. Atterra proprio davanti a lui; le gambe le fanno ancora male, non avrebbe dovuto esagerare.

-Che vuoi da me !?

-Devi solo stare fermo. Mi hanno pagato solo per trovarti… penso vogliano tenersi il piacere di farti fuori.

-Non so di cosa stai parlando !!!

-Non vorrai farmi arrabbiare ? – Un calcio dato con noncuranza alla cassa ne distrugge metà, rovesciando a terra la cocaina.

-Ascolta, qualunque cifra ti paghino…

-No, non puoi pagarmi di più. Credi che non abbia controllato, prima di accettare ? Quella plastica facciale ti è costata molti soldi. Peccato che, con me, qualsiasi travestimento sia inutile.

-Proprio quello che speravo di sentire – dice una voce femminile dall’altra parte del magazzino, nello stesso istante in cui una frusta di luce afferra il collo del povero sicario.

-Ehi, stai strangolando il mio assegno da diecimila !!!

La donna dai tratti orientali che tiene in mano la frusta estrae qualcosa dalla tasca della giacca in pelle, ma non si tratta di un’arma come Pathfinder comprende una volta afferrato al volo un pezzo di carta.

-Un assegno da ventimila dollari per il suo disturbo, miss Mathers.

Mentre il sicario smette definitivamente di respirare e la frusta scompare, Pathfinder constata che l’assegno è vero.

-Tre domande. Primo, come fa a sapere il mio nome ? Di solito sono io a dover rintracciare le persone. Secondo, perché questa Reflex Technologies vuole assumermi ? Terzo, lei chi è ?

-Vogliamo assumerla solamente perché faccia il suo lavoro, miss Mathers.

-Restiamo su Pathfinder, grazie. Chi devo seguire ?

-C’è una donna chiamata “Cacciatrice d’Ombre”. Deve uccidere qualcuno, e noi vogliamo sapere dove si trova la sua preda. Potrebbe essere ovunque nel mondo.

-Nessun problema. Una volta sintonizzata sul suo cervello, potrei ritrovarla anche sulla Luna. Per la cifra adatta, ovviamente…

-Cinque milioni di dollari, per esempio ?

-Dovrebbe…andare, sì.

“E’ almeno dieci volte quanto ho guadagnato negli ultimi due anni !!!”

-Per curiosità, chi dovrebbe uccidere ?

-Un tizio di nome Shades. E probabilmente anche il suo protetto.

 

Sul tetto, Freeman inizia a chiedersi seriamente se il suo desiderio di diventare un vero super-criminale non l’abbia portato troppo in là. Davanti a lui, Marasso si guarda in giro muovendo lentamente la coda, nella solita posizione che assume quando analizza una nuova situazione.

-Okay, perché l’abbiamo portato quassù ?

-Marasso esegue qualsiasi ordine tu gli dia, se non erro.

-Già.

-Voglio che tu gli chieda di eseguire i prossimi tre ordini che gli darò, senza eccezioni.

-Come !?

-Un nuovo metodo di allenamento che ho appena ideato. Se te lo spiegassi non funzionerebbe più, credimi.

-Non so…

-E’ un passo che è necessario fare, Freeman. Occorrono dei sacrifici per raggiungere la perfezione dell’oscurità.

-E va bene, e va bene…qualunque cosa pur di non sentirti ricominciare con queste storie. Marasso ?

Il cyborg rettile lo fissa negli occhi, pronto ad obbedire.

-Esegui i prossimi tre ordini di Shades, senza eccezioni. Chiaro ?

Marasso fa cenno di sì con la testa. Shades si lascia scappare un mezzo sorriso. E’ fin troppo facile…

-Okay, Shades, è tutto tuo.

-Tu sei pronto ?

-Credo di sì.

-Bene. Marasso ? Uccidi Switch.

Il serpente si abbassa, incurvando la schiena, mentre uno dei più sofisticati microcomputer disponibili progetta il metodo di attacco più letale.

-Ehi, aspetta !

Gli artigli di Marasso colpiscono il punto in cui Freeman era mezzo secondo prima, cercando poi di colpirlo con la coda. Freeman para con un portale chiuso.

-Marasso ! Ordine annullato !

-Troppo facile, Freeman ! “Niente eccezioni”, ricordi ?

-Bastardo !!!

Privo della nozione di moderazione, Marasso si muove alla massima velocità, un tornado di artigli e zanne che salta da un punto all’altro del tetto, mancando sempre la sua preda all’ultimo secondo. Analizzando la propria strategia ed arrivando a giudicarla inadatta, si allontana dalla preda per spiccare un salto ancora più veloce, spinto non solo dalle gambe ma anche dalla lunga coda meccanica. Ad un passo dalla vittima, si trova davanti un cerchio nero di due metri di diametro.

Appoggiandosi con una mano all’estremità, e sforzando al massimo i servo-motori dei muscoli delle braccia, esegue una piroetta per salire nuovamente sopra la testa di Freeman, e conficcargli gli artigli nel cervello. Purtroppo, gli artigli in questione entrano in un portale e ne escono proprio dietro la schiena di Marasso, che riesce nell’impresa di arpionarsi da solo. Freeman si teleporta a qualche metro di distanza, lasciando cadere il cyborg a terra.

-Marasso: ordine annullato.

Rialzandosi con calma, senza più nemmeno l’ombra della furia assassina dimostrata un attimo prima, Marasso torna nella sua posizione di attesa. Freeman si avvicina minaccioso a Shades, che è rimasto immobile per tutta la battaglia.

-Figlio di puttana…

-Ti rendi conto di avere appena tenuto testa ad una delle migliori macchine per uccidere in circolazione ?

-Come… – si domanda, realizzando solo ora cosa ha fatto – C’è ancora il sole…

-E a te non deve importare. Non sei completamente da buttare, sai ? Forse un po’ troppo…ancorato alla realtà, ma ci possiamo lavorare su. Ti aspetto domani mattina. Non mancare.

Shades scompare nella sua stessa ombra, come se affondasse nella superficie del tetto. Parecchio confuso, Freeman ritorna al suo appartamento, ordinando a Marasso di tornare in cantina. I pensieri dei due sono molto diversi.

“Per quel che mi riguarda, può sparare tutte le cazzate filosofiche che vuole, se mi insegna davvero a fare quello che fa lui…”

>Ordine in esecuzione   >Ordine Shades #1 eseguito

                                   >Ordine Shades #2 eseguito

                                   >Ordine Shades #3  >In attesa…

 

Il Bar With No Name. Più precisamente, il bar principale della catena segreta con lo stesso nome. Nell’ambiente criminale circolano diverse leggende su quale sia stato il primo, e su un finanziatore misterioso che punta alla conquista del mondo. Generalmente, la teoria viene esposta dopo il settimo bicchiere, a prescindere da cosa contiene.

E’ raro che ci siano clienti prima di sera, la maggior parte dei super-criminali preferisce mantenere un profilo basso durante la giornata. Per questo, non c’è nessun motivo per restare aperti 24 ore su 24. Quindi non dovrebbe sorprendere che Madcap sia dietro al bancone, quando un leggero bagliore fa apparire un uomo in costume rosso e nero. Madcap fa cadere la piramide di bicchieri che stava costruendo, mandandoli tutti in mille pezzi (da quando è il proprietario del bar, metà dell’incasso viene speso per rimpiazzare sedie e bicchieri).

-Salve ! Benvenuto al mitico Bar Senza Nome, l’unico bar al mondo in cui si servono drink all’ananas fritto !

-Che peccato, speravo in un frappé di cavolo.

-Con o senza sale ?

-Non mi piace chi fa battute meno divertenti delle mie…

-Ehi, io ti conosco, tu sei Mister Deadpool, quello buttato fuori dal Bar dal precedente proprietario…abbiamo cambiato gestione, ora puoi tranquillamente mettere bombe a mano sotto le sedie dei clienti invulnerabili.

-Naah, è divertente solo le prime tremila volte, poi diventa banale. Senti, è qui che c’è stata la strage del Flagello, giusto ? – chiede Deadpool avvicinandosi al bancone, trovando l’unica sedia che non è stata ancora sfasciata.

-Eh sì, ha mandato al Grande Rifornitore un bel po’ di gente.

-Conosci un certo Marasso, per caso ? – mostra al barista pazzo una foto del suo bersaglio – Pare sia strisciato fuori dalla tomba, recentemente.

-Sì, sì, gli ho servito un topo morto la settimana scorsa. Non mi ha dato la mancia, mi piace quel tizio.

-Sai dove posso trovarlo ?

-No, mi spiace. Non diamo informazioni sui nostri clienti, sennò non sarebbe un bar segreto. Dirtelo non avrebbe senso, ma fare sempre l’opposto di tutto è così ovviamente privo di senso da essere prevedibile, quindi… nisba, Mister Deadpool, non ti dirò niente.

-Oookay… sai, c’è una mia amica che potrebbe farti cambiare idea…

Con uno scatto fulmineo, mette il braccio attorno al collo di Madcap e con l’altra mano estrae la sua spada, posizionandola a due centimetri dalla gola della vittima.

-…si chiama Miss Lama; non farti ingannare dalla simbologia fallica, è una vera donna. Allora, questo Marasso ?

Madcap afferra la spada, ed invece di cercare di allontanarla come pensava Deadpool se la conficca in gola, schizzando di sangue il mercenario.

-Ma che sei, scemo !?

Deadpool ritrae immediatamente la lama, osservando Madcap che blocca il sangue con la mano, e se ne sta lì a fissarlo, con la maschera attillata che fa intuire fin troppo bene il suo sorriso beota. Deadpool cerca di pulire il sangue come meglio può, e si risiede.

-Re..gaaa…tttt…

-Fattore di guarigione, eh ? Vorrà dire che aspetterò fino a quando non ti saranno ricresciute le corde vocali… Nel frattempo, ti dispiace se mi servo da solo ?

 

Sulle scale di una delle palazzine più strane di New York (ma neanche tanto, considerando le altre), un ragazzo con la faccia tempestata di metallo saluta il suo ultimo idolo, che ogni volta prova l’irresistibile desiderio di teleportarlo tre metri sottoterra.

-Mister Freeman !

-Dave…

-Spacker Dave !

-…quante volte ti ho detto di chiamarmi Smith ? E poi, possibile che tu non abbia mai un cazzo da fare !?

-Da quando mi ha impedito di collegare ancora la Playstation a Marasso...

-Come se non avessi di meglio da fargli fare…

-Dove va adesso, mister Freeman ?

“Qui o mi scoprono perché si lascia scappare il mio nome o perché trovano il suo cadavere…” pensa il criminale, sforzandosi di trovarlo divertente.

-Dal Riparatore, vedo se può trovarmi un lavoro… è da quel casino infernale di qualche giorno fa che non ne trovo uno.

-A proposito di quella roba, ha più visto Joan ?

-No. Ma non è che la notassi poi tanto anche prima. Mi ha cercato qualcuno ?

-No.

-Bene.

-Cioè, sì… forse…

-Deciditi.

-Prima sono passati un paio di tizi a chiedere del signor Freeman.

-Tizi ?

-Vestiti di nero, con degli occhiali da sole…ne conosce di così ?

-Dave, praticamente tutti quelli che conosco girano vestiti di nero con occhiali da sole, tranne quelli che mettono dei costumi. Che gli hai detto ?

-Che qui non c’è nessun signor Freeman.

-Bravo.

-Cioè…più o meno… gli ho detto che era uscito…

-Cosa !?

-Cioè…non proprio… gli ho detto…

-Allora ? – intima Freeman, incrociando le braccia e mettendosi davanti a Dave.

-Di passare più tardi… - risponde il ragazzo, mordendosi un labbro.

“Perché non posso farlo fuori ? Perché !?

-Puoi descrivermeli, almeno ?

-Alti, massicci, uno con pochi capelli e un tatuaggio sul collo, l’altro con la barba è quello che guida la macchina, targa RBG-497.

-Dave, sei un vero idiota, ma almeno hai una buona memoria.

-Sono dall’altra parte della strada, signor Freem- Smith.

Freeman si volta, osservando i due uomini corrispondenti alla descrizione che camminano verso lui e Dave. Mai visti… li manda Hammer ? L’AIM ? L’Hydra ?

-Vai dentro, Dave. Se metti ancora il naso fuori dal tuo appartamento, giuro che ti ammazzo.

-Ma signor Freeman…

-Ho. Detto. Dentro.

-Sì, signor Freeman.

Mentre Dave torna in casa, lasciando la porta socchiusa per poter sbirciare, i due uomini in nero arrivano alla scalinata.

-Signor Frieman ? – chiede uno dei due.

-No. Smith.

-Come vuole. Venga con noi.

-E se non volessi ?

-Vuole, vuole – risponde sorridendo l’altro, aprendo la giacca quanto basta per lasciar intravedere la pistola.

-No, non penso proprio.

-Le conviene collaborare, signor Frieman… non ha idea di chi ha davanti.

-Nemmeno voi. La differenza è che a me può anche non importare.

Nel tempo necessario per sbattere le palpebre, e con una difficoltà simile, Freeman scompare. I due tizi vestiti di nero estraggono le pistole e si guardano in giro, non considerando la possibilità che il loro bersaglio si sia teleportato sul tetto.

Ad un cenno di quello con la barba si incamminano verso l’entrata, e un secondo dopo uno dei due sente un dito che picchietta sul suo collo. Si volta di scatto, pronto a sparargli, ma Freeman è ormai alle sue spalle, che gli assesta un calcio nel sedere. Il suo collega prende di mira il super-criminale, che scompare un’altra volta per afferrare la pistola dello sgherro sbilanciato.

-Non tenti cose strane – lo avverte l’altro, che lo sta tenendo di mira. Freeman sorride, e l’istante successivo è alle sue spalle e gli sta puntando la pistola alle tempie.

-Tipo questa ? Buttala e mani in alto.

Lo sgherro obbedisce, e l’altro fa lo stesso (escludendo la pistola da gettare, visto che non ne ha più una).

-Chi vi manda ?

-Ranennyj.

-Il padrino russo ? E che vuole da me ?

-Non lo sappiamo. Dobbiamo solo portarti da lui.

-E allora adesso mi ci portate. Senza tentare cose strane, eh ?

Freeman indica l’auto con un cenno della testa, e i tre si spostano molto, molto lentamente verso di essa.

 

Bar With No Name. Con la maschera sollevata appena sopra le labbra, Deadpool si sta scolando quanto di più scadente ci sia dietro il bancone, tenendo d’occhio il fucile che qualche minuto prima ha usato come clava sulla mascella di Madcap, che sta ancora finendo di guarire.

-Uon è shtato olto carino…

-Non dovevi puntarmelo addosso. E poi, perché cavolo non ci avevi messo le munizioni ?

-Essun otivo.

-Certo che sei strano forte, tu.

-lve.

-Come ?

-Salutava me – si intromette una voce alle spalle di Deadpool, che per lo spavento schizza il più lontano possibile, rischiando di sfracellarsi al suolo.

-Aaaah !

-Da quanto tempo, Wade.

Il mercenario chiacchierone estrae a tempo di record la spada e la posiziona ancora più velocemente sulla giugulare del nuovo arrivato.

-Che ci fai qui, Shades ?

-Mi piace il posto. Il solito, Madcap. Ma prova a metterci ancora trielina al posto dello scotch e ti ci vorrà una vita per guarire, chiaro ?

-Allooooora…ammazzato qualcuno di interessante, ultimamente ?

-La giornata non è ancora finita.

-Senti, resterei volentieri a sentire di quali stragi ti sei occupato ultimamente e fare compagnia al collega più psicopatico che abbia mai incontrato ma avrei da fare, per cui se non ti dispiace-

-Guardati i piedi.

-Io sono più per “tirami il dito”, sì okay sono un signore ma alcune cose restano dei classici, anche se non mi pare esattamente il momento per-

-Guardali.

-Okay, li guardo…tu hai ancora una spada sulla gola, tra parentesi… sto per guardare… non tentare uno dei tuoi soliti trucchi perché posso anche abbassare la spada e tagliare da tutt’altra parte… ecco, ho guardato. Che c’è di strano ?

-Non hai più l’ombra.

-Comecomecome !?

-Guarda tu stesso. L’ho presa io.

Deadpool lascia perdere la spada e si guarda intorno, come se cercasse qualcosa per terra. E senza trovarla.

-Non puoi sopravvivere per più di ventiquattro ore senza la tua ombra, te lo assicura un esperto. Ora siediti, offre la casa.

-Eramente on-

-Offre. La. Casa.

-Kay.

 

A due chilometri dal proprio appartamento, Edward Freeman scende da una costosa macchina straniera (la nazionalità gli importa molto meno del valore), aspettandosi un comitato di benvenuto fin troppo caloroso. Invece trova solo tre uomini massicci in giacca e cravatta fermi davanti ad un enorme stabilimento abbandonato. Scende dalla macchina, stando molto attento a non perdere di mira i due sgherri che lo hanno portato fino a qui.

Uno dei tre si avvicina velocemente, anche se sta solo camminando. Sembra molto rilassato, decisamente non una guardia all’erta.

-Ti stavamo giusto aspettando, Eddie.

-Ci conosciamo ?

-Ah già, non mi hai mai visto senza il costume. Non mi riconosci proprio ?

-Sembri un collega di queste due teste di cazzo che hanno provato a sequestrarmi.

-Sì, non sei cambiato per niente. Se avessi un grosso casco metallico verde sulla testa ti verrebbe in mente qualcuno ?

-Non conosco nessuno con…aspetta… Turbine !?

-Eh, è da un po’ che non sentivo quel nome. Ogni tanto mi manca, ma quando ricevo il compenso settimanale mi dimentico di tutto…

-Che è questa storia ? Come sapevate dove abito ?

-Non mi occupo io di queste cose, ma non è difficilissimo da scoprire. E poi con il messaggio che ci hai lasciato avresti dovuto sapere che ti avremmo cercato.

-Quale messaggio ? Non ho niente a che fare con la mafia russa, era Modok a fare tutto.

-Come no, quindi l’uomo-ombra che ci ha dato i soldi che il testone aveva messo da parte ha fatto tutto di testa sua per dare a te il merito ? Andiamo, stiamo parlando di cose serie qui.

-Pensa quello che ti pare. Preferirei parlarne direttamente con il padrino.

-Ti do un consiglio, non chiamarlo mai così, sarà più facile non lasciarselo scappare in sua presenza. Non sai quanto si incazza…

-Mi hanno detto di stargli alla larga.

-Se non lavori per lui, ottimo consiglio…altrimenti, è un business milionario. Ricordi tutti i discorsi di Speed Demon sui criminali che ce la fanno ? Ora siamo in serie A, Switch, quindi ti conviene smetterla di giocare.

-Che ci guadagno a non teleportarmi dall’altra parte della città ?

-Un lavoro da cinquemila dollari la settimana.

-Hhhmmm. Fai strada.

-Sapevo avresti accettato. Ah questa la prendo io, se non ti dispiace. Non sarei una guardia del corpo come si deve se ti facessi entrare armato, no ?

Soltanto ora Freeman si accorge della mancanza del peso dell’arma che fino a un battito di ciglia prima teneva in mano.

“E’ anche più veloce di quanto ricordassi. Beh, se pagano così tanto un cretino come Turbine, posso fare carriera con questi”

Pochi minuti dopo, i due super-criminali vengono lasciati soli e si incamminano verso un ufficio lussuoso, costruito dove fino qualche mese prima lavorava un uomo il cui cadavere non è ancora stato ritrovato. L’attuale proprietario cammina nervosamente per la stanza, urlando in quello che Freeman intuisce essere russo, e continua ad alzare la voce.

-Sarebbe lui ? L’ho intravisto solo una volta… - sussurra Freeman.

-Sì, è l’ultimo arrivato nel quartiere. Non farti ingannare dall’aspetto campagnolo, quello ha una laurea in economia all’università di Lvov, dovunque si trovi. Se ne vanta tanto spesso che lo so a memoria ormai.

-Immaginavo che non fosse laureato in inglese, da come parla…

-Sì, non riesce ad azzeccare più di due sillabe di fila. Ma è tutta scena, in realtà parla benissimo se lo vuole.

-E allora perché-

-L’haj portato, Davjd ? Non c’è probljema, sì ? – chiede con voce normale, anche se sempre con un volume sgradevole. Solo ora Freeman nota lo sfregio sulla faccia, e solo ora si rende conto di essere di fronte a un vero padr- pakhan, si corregge.

-Sì, è lui. E’ Switch.

-Bene, ragazzo, noi fatica per trovartj ! Bravo a scomparare, ehehe ! – esordisce dando una pacca al criminale, rischiando di rompergli la spalla; se non altro gli ha evitato di chiedersi in che lingua gli stia parlando.

-Io-

-Riccerato ?

-Sì.

-Debitj ?

-Solo gente che ammazzerei alla prima occasione.

-Droge ?

-No, mi piace lavorare a mente libera.

-Bravo ! Polverinje buone solo di vendute per quegli comje noi, sì ? O per ragazzie, ahahaha ! – un’altra pacca quasi fa cadere Freeman a terra, e solo all’ultimo si trattiene dal rispondere a tono. Ci tiene alla vita, in fondo.

-Okaj, ora noi fa patto tra ladrj. Tu conoscie Vorovskoy Zakon, codjice russo di ladrj ?

-No.

-Male, male… Djavid non sa e pagha meno, ahahah ! Cuartja regola, un ladrjo aiuta altro ladrjo; tridicesimo regola, insegnja mestjere a giovanj. Capiscje ?

-Sì.

-Tu ruba cosie, ammazza giente che me non piacje, e io paga. Capiscje ?

-Sì.

-Pochie parole, mi piacje chi non parla tanto ! Gjà io parla tanto ! Ahahahaha ! Ora va, noi diamo numiero che chiamare, tu aspjetta incarieco. Capisce ?

-Sì.

-Ora vanno, sì ? Io grosso bisnies da occuparie !

 

Bar With No Name. Freeman appare dal nulla, infischiandosene della regola dei costumi. Ora lavora per la mafia russa, in fondo, non c’è motivo per dare retta a un pazzo lunatico.

-Madcap, qualcosa di forte, ho voglia di…festeggiare…ma che…

Il barista pazzo ha una enorme macchia di sangue sul costume e sta servendo da bere a Shades e a un altro criminale che Freeman conosce solo di fama.

-No dai non ci posso credere, veramente hai visto Austin Powers ? Non ti facevo così socievole, ho sempre pensato che fosse la versione psicopatica di quel tizio di Forrest Gump che parla sempre e solo di gamberi, solo che tu non la smetti mai di parlare di ombre e oscurità. Come ti è sembrato ? Sai mi hanno fregato un sacco di battute che volevo usare, se devi freddare qualcuno sempre meglio che quello crepi col sorriso sulle labbra, l’ho sempre pensato.

-Era un film stupido.

-Non ti ha divertito neanche un po’ ?

-No. Preferisco tutt’altro genere di film comici.

-Per esempio ?

-Rosemary’s baby.

-Si può sapere che sta succedendo qui !?

-Era ora che arrivassi, Switch. Tutto a posto col pakhan ?

-Tu e io dobbiamo fare un certo discorsetto, Shades…potevo anche lasciarci la pelle se quelli capivano il trucco.

Freeman crea un portale davanti a sé, ci infila le mani e ne estrae una delle sedie dei tavolini del locale, visto che quelli al bancone sono finiti.

-Ma non l’hanno fatto. Switch, ti presento Deadpool.

-Ho sentito parlare di te.

-E io di te. Forte il trucco dell’Hudson.

-Di che si parlava ?

-Sai, le solite cose da criminali – risponde Deadpool estraendo una pistola super-tecnologica da dietro la schiena – che una volta era tutto più semplice, che i supereroi sono sempre più fessi, come dividere il compenso dell’A.I.M per Marasso, quanto puoi pagarmi perché non ti uccida seduta stante… cose del genere.

Freeman ingoia l’ultimo bicchiere, contenente chissà cosa conoscendo Madcap, si mette comodo sulla sedia e fissa l’arma.

-Interessante. Tutto questo prima o dopo che ti avrò conciato per le feste ?

 

 

CONTINUA…

 

 

VILLAINS #16

Da A a B

 

 

Bar With No Name. Potenzialmente il bar più malfamato in cui vi possiate trovare, e senza ombra di dubbio il più assurdo. O almeno, fino a qualche mese fa sarebbe stato estremamente assurdo per Edward Freeman, alias Switch, sedere allo stesso tavolo di un maniaco omicida e di un mercenario che gli sta puntando una pistola alla testa, e allo stesso tempo fare un’ordinazione ad un barista che, tra le altre cose, è un maniaco omicida senza molte rotelle a posto.

Ma del resto, fino a qualche mese fa non c’era nessun “alias Switch” da aggiungere al suo nome.

-Vediamo se ho capito – dice con calma mentre prende in mano il boccale di birra – sei stato ingaggiato dall’AIM, a cui ho fatto perdere centinaia di migliaia di dollari negli ultimi due mesi, per recuperare il cyborg che ho trovato per puro caso, Marasso.

-Già – risponde lo stranamente laconico Deadpool, il suddetto mercenario che gli sta puntando una pistola alla testa. Poi, dato che Freeman sta bevendo e Shades non è la persona più loquace del mondo, continua a parlare.

-Ehi, posso averne uno anch’io ? Però senza birra e senza boccale, piuttosto lo fate ancora il Gamma Rocket, quello che fa scambiare di posto stomaco e cervello dando il tipico colorito verdastro ?

-Spiacente – alza le spalle Madcap – Non lo serviamo più da quando Electro lo ha vomitato sull’Uomo Assorbente.

-Noooo, me lo sono perso !!!

-E avresti dovuto vedere quando Titania lo ha trascinato fuori per farlo tornare a casa. Stilt-Man gli ha fatto delle foto, ma le ha già vendute tutte… a lui.

-Possiamo tornare all’argomento del mio assassinio, per piacere ?

-Non ti intromettere tu, che sei l’ultimo arrivato !!! Piuttosto, Shades, sicuro che non tirerò le cuoia prima di domani, senza l’ombra che mi hai rubato ?

-Sì.

-Sicuro sicuro ?

-Sì.

-Posso stare tranquillo, allora ?

-Se stai zitto, sì.

-Com’è che vi conoscete, voi due ? – domanda Freeman, avendo ormai dimenticato l’assurdità della situazione.

-Te lo racconterò, una volta o l’altra. Ora, mi sembra che qui si stessero facendo degli affari…

-Dannatamente giusto !!! Allora, Switch… dov’è che tieni questo Marasso ?

-In un posto sicuro. Hai scelto il giorno peggiore per questa cazzata, Deadpool… ho affittato Marasso alla mafia russa, per cinquantamila dollari la settimana. Se lo vuoi, mi devi pagare di più…

-Sta mentendo – rivela distrattamente Shades, intento a sistemarsi la giacca. E’ difficile a dirsi da dietro gli occhiali da sole, che impediscono la vista degli occhi anche di fianco, ma non lo ha nemmeno guardato.

-Tu che ne sai !!!

-Sei troppo stupido per fare un accordo così vantaggioso.

-Prova un po’ a ripeterlo ! Non parli più con Freeman il pivello, ma con Freeman il braccio destro del padrino russo !

-E l’unica differenza tra i due è in una borsa piena di soldi che ho consegnato al tuo nuovo capo.

-Ehi, quei soldi me li sono guadagnati, mi sono fatto un mazzo così per conto di Modok !

-Sentite, potete discuterne un’altra volta !? Questo mega-pistolone super-tecnologico ultra-moderno pesa un accidente, se proprio volete saperlo !

-Fatti gli affari tuoi, tu !!! – gli urlano contemporaneamente Freeman e Shades.

-Okay, scusate… no un momento, sono io quello armato qui !!!

-Correzione. Sei quello armato che può morire da un secondo all’altro se io dico alla sua ombra di strangolarlo.

-E se io metto un portale chiuso davanti alla pistola, facendola esplodere.

-L’ombra lo ammazzerebbe prima.

-Vuoi scommettere ?

-Che posso uccidere più in fretta e meglio di te ? Quando vuoi.

-Non facevi tanto il figo, contro le Ombre !

-Almeno io non me la stavo per fare sotto nella Zona Negativa.

-Aaahh, adesso basta !!! Mi sembrate due super-eroi !

-CHI TI HA CHIESTO NIENTE !? – domandano i bersagli di nuovo all’unisono.

-Ora mi ricordo perché non vengo più in questo bar…

 

Mi chiamo Leah Mathers, e se sono a Seattle alle quattro di mattina a congelarmi le chiappe su una panchina, è perché è il mio lavoro. Il novanta per cento del mio lavoro consiste nel cercare informazioni su una persona x in un punto A, e di seguirla fino al punto B. Che lavoro faccio ? Sono il miglior segugio che possiate trovare sulla piazza, dai 1000 dollari in su.

Questa volta, gran parte del lavoro l’ha svolto la Reflex Technologies, ossia il mio cliente, un’azienda specializzata in prodotti ottici non meglio chiariti, la cui sede centrale non è indicata su nessun documento ufficiale. E se vi sembra un’azienda strana, provate a lavorare un paio di volte per la Roxxon Oil.

Così, sono seduta su una panchina gelida di Seattle con in mano la fotografia di una ragazza, di cui non so nulla. Anzi, due cose le so: passerà di qui a momenti, e dovrò seguirla fino a quando non mi diranno di smettere. A me basta. Finché pagano, possono anche chiedermi di seguire Topolino.

Non c’è nessuno nei paraggi, e posso dirlo anche se ci si vede a malapena. Sapere dove sono le persone è il mio lavoro.

Okay, visto che questa ragazza non si decide ad arrivare, vi spiego due o tre cose. I cervelli umani emettono delle onde cerebrali molto caratteristiche, più uniche delle impronte digitali ed impossibili da alterare. Normalmente, per rilevare le onde cerebrali serve un’apparecchiatura abbastanza complessa, e ci vuole un mucchio di tempo per distinguere un cervello da un altro in base alle onde. Io, invece, distinguo due cervelli a cinquecento metri di distanza.

Certo, se fosse tutto qui probabilmente farei un altro lavoro. Il bello è che quando mi concentro su un cervello, non lo mollo più. Mi stampo le sue onde sulla fronte e, a meno che non faccia uno sforzo cosciente, non me lo scordo più per anni. E’ per questo che sono Pathfinder.

In realtà, io volevo farmi chiamare Brainfinder, più preciso come nome, ma suona malissimo.

Sento qualcuno avvicinarsi. Forse dovrei dire che sento un cervello avvicinarsi, ma è abbastanza raro che non sia in compagnia di un corpo. Mi basta un’occhiata alla foto per identificarla, anche se con il cappuccio che indossa vedo solo metà faccia. Riconoscere una faccia al primo sguardo è in assoluto la più inutile delle mie capacità, ma ogni tanto torna utile. Tutta la mia struttura genetica è finalizzata al sapere chi e dove sono le persone. Sono una mutante.

Conosco il suo cervello, adesso. Lascio che mi ignori, aspettando che non mi possa più vedere. Già, perché ho trascurato un piccolo particolare… che però è il motivo per cui nessun altro può fare il mio lavoro.

Per poter registrare un cervello, devo essere a meno di cento metri di distanza. Ma una volta fatto, posso rintracciarlo ovunque. E’ stato stimato che la mia capacità di avvertire la posizione di un cervello registrato arrivi a un paio di milioni di chilometri. Siccome in questo raggio è inclusa tutta la superficie terrestre, nel caso non lo sappiate, significa proprio che posso rintracciare la mia preda ovunque. Cavolo, una volta l’ho trovata che era morta da due giorni !

Per cui, per me, questo è un lavoro facile facile. Del resto, trovare la gente è il mio mestiere. Io sono Pathfinder. Non vi pare che suoni proprio bene ?

 

-Facciamo un accordo – propone Freeman, ormai stanco della situazione – Io ti consegno Marasso, e in cambio mi dai una parte del compenso.

-Mi piace, come accordo. Quei soldi mi farebbero comodo; non so come fa Cable, ma io spendo un capitale in munizioni e lucidi per armi.

-Voglio il 75%.

-Eeeehh !? Credevo avessi detto un accordo, non un furto !

-Che altro ti aspetteresti da un ladro ?

-Mi sarei aspettato una proposta del genere da mister mi-ficco-una-spada-in-gola-pur-di-non-parlare-anche-se-non-me-ne-frega-niente, ma…

-Ascolta, io posso teleportarmi. Quanta fatica credi che farei a nascondere Marasso e a cambiare la sua posizione di giorno in giorno ?

-Uno a zero per il pivello.

-Si può sapere da che parte stai, Shades !? Che ci guadagni in tutto questo, a parte complicarmi la vita ?

-Non lavoro per soldi.

-E per cosa, allora ?

-Affari miei.

-Mi spiace tanto per voi due, veramente sono un tipo sensibile, anche se me ne vado in giro pieno di pistole e di spade, sono tanto sensibile che quando mi pungo un dito fattore di guarigione o non fattore di guarigione ci piango per tre ore, ma adesso vorrei veramente veramente parlare d’affari, invece che dei cavoli vostri…

-MA NON STAI MAI ZITTO TU !? – urlano nuovamente i due.

-Ogni tanto sì: quando dormo, quando bacio una bella ragazza che non sta cercando di uccidermi, ma a volte trovo il modo di parlare anche in quei casi, quando mi imbavagliano, quando mi strappano la lingua, quando sono dal dentista a meno che non mi abbia chiesto di lasciare le armi fuori dal suo studio…

-IL SESSANTA PER CENTO, OKAY ? – stavolta è solo Freeman a urlare, mentre Shades trattiene a stento una risata.

-Può anche andare, sì. E’ un piacere fare affari con un collega. Ora, se il tuo amico potesse ridarmi l’ombra, gliene sarei molto molto grato e soprattutto abbasserei la pistola…

-Fatto – risponde Shades. Deadpool controlla subito, e nota con estremo piacere di essere stato accontentato.

-Wow ! Sai, per un attimo ho pensato che mi avresti ucciso comunque, così solo per toglierti la soddisfazione…

-Anche io.

-Senti, uh, sarei proprio, ecco, morto dopo ventiquattr’ore ?

-No.

-Ah ecco, mi pareva stessi bluffando…

-Dopo quarantadue.

 

Se si fa un mestiere come il mio, si è costretti a viaggiare. Non dormo nello stesso posto per una settimana di fila da quando avevo quindici anni, quindi non mi dà fastidio. Non che sia passato così tanto tempo, tanto per chiarire.

Sto seguendo la mia preda da una cinquantina di metri di distanza; molto più vicino rispetto al solito, ma è un affare troppo importante per lasciarselo scappare.

Il segnale della sua mente è chiarissimo per me, in un modo che è difficile da descrivere. E’ un senso completamente diverso dagli altri, una sorta di radar.

Si preannuncia un lavoro abbastanza noioso, a dire la verità. Un lavoro senza il minimo problema è il sogno di chiunque faccia un lavoro al margine della legalità, ma quando lo si trova non si può fare a meno di annoiarsi un po’. Sempre il solito, monotono segnale, ed una camminata dannatamente len- no un secondo, si è proprio fermata. Dio, fa che non sia una di quelle prede che non si decide mai a scegliere il percorso…mi fanno cadere le braccia, quelli.

Un attimo, che fine ha fatto il suo cervello !? Il segnale è… no, non è scomparso… è cambiato, per un attimo. Ora rieccolo com’era prima… Okay, al diavolo il lavoro privo di intoppi. Accelero il passo per avvicinarmi il più in fretta possibile.

Si avvicina molto, molto in fretta…che stia tornando indietro ? Non ci capisco un… Va troppo veloce per essere a piedi ! Ha preso un mezzo !

Se non sapessi l’esatta distanza tra i nostri cervelli, probabilmente non sarebbe bastato il salto all’indietro che mi permette di schivare il camion.

Per lo stesso motivo, non mi è difficile calcolare la forza che devo mettere nel prossimo salto. Peccato che mi sia dimenticata di non essere la Donna Ragno, e che non posso restare in piedi su un camion in corsa ! E siccome non sono neanche Catwoman, non faccio in tempo a cadere in piedi.

Così, prima ancora che a Seattle sorga il sole, sento già la mia preda che si allontana a cinquanta miglia all’ora. Non ho mai fallito un inseguimento e non ho intenzione di cominciare adesso, quindi scommetto il mio dolorante e congelato sedere mutante che la riprenderò…

 

Uno dei palazzi più strani di New York. Non perché ci abitino dei mezzi malati di mente, o perché è la casa di un super-criminale, o perché nella cantina è nascosto un cyborg rettile dal valore inestimabile, o perché tre persone si teletrasportano nell’atrio. Il vero perché è che tutte queste cose capitano allo stesso tempo, ogni giorno, e quando è così vuol dire che la situazione è normale. Se non fosse per questo, di palazzi così ce ne sarebbero a centinaia, a NewYork.

-Hai proprio un bel posticino, sai ? Dico sul serio, non che sia stato a casa di molti super-criminali maschi, ma devo dire che ti tratti bene rispetto alla media.

-Ma non ti stanchi mai di parlare ?

-Una volta sono andato dallo psicologo e mi ha detto che è perché sono un insicuro e che da piccolo volevo possedere mia madre, in realtà mi sono accontentato della sua segretaria (vi direi com’è andata ma sono molto timido, comunque vi assicuro che lei se lo ricorda) e l’ho incollato alla sedia con della super-colla che avevo fregato a Trapster per Halloween (è una lunga storia), e lui…ehi ma mi state ascoltando ?

-No.

-No.

-Mai pensato di mettere su uno spettacolino teatrale, voi due ? Io per la verità sì, cioè più che altro ho rubato i soldi al cassiere di uno spettacolino teatrale, ma avevo degli ottimi motivi perché non avete idea di che schifezze servivano da bere.

-Hai finito !?

-Ho appena cominciato !!! Non vi ancora raccontato di quella volta in cui ho passato una giornata di folgorante passione con-

-Se non la pianti e non scendi in cantina giuro che t’ammazzo !!!!!

-Curioso, la stessa identica cosa che mi ha detto il Fenomeno quella volta in cui- dove siete andati !?!? Ecco, ho sempre detestato lavorare con i teleporti, e visto che anche io ho un apparecchio di teletrasporto dovrebbe essere chiaro perché continuo a litigare da solo anche se qui non c’è più nessuno !

Deadpool continua a borbottare qualcosa mentre scende le scale, per il semplice gusto di farlo. Persino lo stoico Shades sta iniziando a perdere la pazienza.

Una volta in cantina, Deadpool vede un cyborg rettile da duecento chili, ricoperto di squame che riflettono debolmente la luce della vecchia lampadina appesa al soffitto. Marasso lo guarda con la testa leggermente inclinata e la bocca semiaperta, mostrando gli enormi denti pieni di veleno.

Deadpool si avvicina e lo accarezza sulla testa.

-Ma che cariiiino ! Che gli date da mangiare, topi ai raggi gamma che un giorno sono grigi e l’altro sono verdi ? Bel serpentone, bravo serpen YEEOOOUCH ! Questo CENSURA figlio di CENSURA di un pezzo di CENSURA testa di CENSURA mi ha morso !!!!!!

-E piantala di frignare – lo zittisce Shades – che lo sanno tutti che hai il fattore di guarigione. E tutti quei “censura” ?

-Volevo mantenere la conversazione su un piano cordiale !

 

>Ordine in esecuzione   > Ordine Shades #3  >In attesa…

>Protocolli di riconoscimento     >Esame visivo: “Deadpool”

                                               >Esame olfattivo: “Deadpool”

                                               >Esame uditivo: >ERRORE 526 >Input eccessivo

>Unità classificata “Variabile” >Categoria: paraumano >Classificazione: Variabile

                                               >Sotto-categoria  >Mercenario   >Nessun dato recente disponibile  >Status: negativo

                                                                         >Nemico >Parametri   >Categoria “Super-eroi” non presente >Status: negativo

                                                                         >Alleato          >Nessun dato recente disponibile  >Status: negativo

                                               >Ricerca negativa >Attendere…

>Ricerca modello di risposta in corso…

>Programmi      >Sistema decisionale autonomo

>In elaborazione…

>Modello di risposta non trovato >Errore: file proced.dec non trovato

                                               >Risorse di sistema

>AREA RISERVATA >Password >******* >Errore: codice errato

>Errore: overflow del file system 3F1CN  >Si consiglia di resettare la memoria e riprovare

 

-Ehi, che ha ? Sembra si sia incantato…

-Non preoccuparti, ogni tanto lo fa. Finché il portatile di mister Rotondi è a riparare perché ci ha versato sopra della coca, non ci sono speranze di sapere se vuole dire qualcosa o se è solo scemo. Parliamo del prezzo, ora…a quanto ammonta il mio sessanta per cento ?

-Dobbiamo parlarne davanti a lui ? – chiede Deadpool con un tono di voce più basso del solito, indicando Shades con un cenno della testa.

-Certo, perché ?

-Non mi fido di lui.

-Neanche io, ma non mi fido neppure di te.

-Senti, nel mio lavoro incontro un sacco di gente fuori di testa, ma Shades è...molto fuori di testa.

-Detto da un vero fenomeno di stabilità mentale…

-Ascolta – ora sta sussurrando, approfittando del fatto che Shades sta guardando Marasso – L’ho conosciuto sette anni fa in Russia. Mi avevano ingaggiato per fare fuori qualcuno, sai il solito boss mafioso stracolmo di vodka. Io arrivo giusto con un’oretta di ritardo, visto che dovevo capire dove accidenti andare con tutta quella neve…

-Vieni al punto.

-Trovo il tizio, e questo era già morto. Penso, pazienza, anche ai migliori capita di farsi fregare un lavoro. Però mi accorgo che tutti in quel locale, perché se ne stava in una specie di discoteca, beh tutti erano morti stecchiti. Incontro questo tizio tutto vestito di nero, con gli occhiali da sole, che si beve un drink seduto sullo stesso divanetto su cui prima sedeva il boss. Ci ho quasi lasciato le penne, con le sue ombre del cavolo.

-Tutto qui ? – chiede Freeman, sentendosi un po’ stupido a sussurrare così.

-Alla fine gli chiedo se non c’era un metodo più semplice che uccidere tutti i presenti, e lui mi risponde “Forse, ma non ne conosco di più divertenti. E per mettere le cose in chiaro, non ho ucciso solo i presenti”. Gli chiedo cosa vuol dire, e mi dice chiaro e tondo che ha ammazzato tutti e settecento gli abitanti di quella sperduta cittadina russa. E non ha preso neanche un soldo. Nell’ambiente lo sanno tutti, Shades non lavora per soldi, ma nessuno è così pazzo da offrirgli un lavoro.

-Non è proprio andata così – risponde Shades ad alta voce, senza voltarsi – Ho guadagnato ben tre Martini, quella volta.

 

I tre si voltano di scatto verso le scale, sentendo lo scricchiolio dei vecchi gradini. Deadpool sguaina le spade, pronto a saltare verso Marasso e teleportarselo a casa senza dare un centesimo a Switch… ma lascia perdere quando nella cantina entra una fragile figura femminile, incappottata in un maglione nero di tre taglie più grandi, con le gambe tremanti.

-Joan… che cazzo ci fai qui ? – chiede Freeman stizzito.

-Ho sentito…dei rumori…e dopo gli scontri di teppisti qui fuori, pensavo che…

-Fammi un favore, non pensare. Ora torna di sopra e vedi di fare meno casino la prossima volta, sono stato chiaro ?

-Chi…chi sono quei due ?

-Ma che ti frega !!!

-F-fatico tanto a pagarmi l’affitto, e…e lei mi fa pagare la quota per mantenere Marasso, e…e…non penso che dovrebbe, signor Smith.

Con un gesto maldestro, Joan prende la pistola da sotto il maglione e la punta con mano tremante verso il trio di criminali.

-Ma per piacere…

-Ehi, Switch, ma fai anche l’amministratore di condominio nel tempo libero ? Perché a casa mia avrei un water intasato, pensi di poter venire a-

Il flusso ininterrotto di parole viene finalmente interrotto da un colpo di pistola, e ancora più precisamente dalla pallottola che passa attraverso il fegato di Deadpool.

-Dio esiste, allora – ridacchia Shades.

-E’…è stato un incidente, io…

Freeman si teletrasporta di fianco a lei e le strappa la pistola d’in mano, gettandola in un piccolo portale che richiude subito. Deadpool si rialza in piedi, anche se con una certa fatica e un po’ di sangue che cola sul pavimento. Marasso sembra riprendersi un attimo dal suo stordimento, sentendo l’odore del sangue, ma passa subito.

-Okay, finché si scherza si scherza, ma non si fa così ! Avverti prima di sparare, così ho il tempo di farmi colpire dal mio profilo migliore ! E poi, anche col fattore di guarigione fa un male cane ! Oh, e un’altra cosa…

Con un salto acrobatico degno del miglior atleta del mondo (se prima si fosse scolato sei bottiglie di birra), Deadpool si mette tra Marasso e Freeman, con una delle spade diretta sulla fronte di quest’ultimo. Stranamente, infilato nella spada c’è un piccolo foglio di carta.

-Sai, mi sa che il sessanta per cento è un po’ troppo. Che ne dici di zero ? Non disturbarti a chiamare un taxi, penso che mi teletrasporterò direttamente nel quartieri generale dell’A.I.M !

-Questo cos’è ? – chiede Freeman togliendo il foglio dalla spada, mentre Joan è pietrificata dalla paura.

-Il mio biglietto da visita. Anzi non proprio, quello dei tizi che mi danno del lavoro. Cioè, dei tizi che danno informazioni ai tizi che mi danno del lavoro. Okay ad essere franchi, dei tizi che sanno dove incontrare dei tizi che conoscono i tizi che danno informazioni ai tizi che mi danno del lavoro.

-Perché ?

-Perché l’ultima volta che ho dato il mio biglietto da visita a qualcuno mi ha telefonato un maniaco alle tre di notte…

-No, perché mi dai questo foglio.

-Oh, sei troppo divertente per ammazzarti sul serio. Cioè, io credevo di avere una vita complicata, con tutta una serie personale di guai, ma cavoli tu batti praticamente tutti quelli che conosco che non sono dei mutanti buoni o non ci hanno militato o non sono cloni o resurrezioni di gente che ci ha militato.

-Capisco. Però, sai, mi porto dietro tutti questi casini solo ed esclusivamente per fare soldi, e non voglio che tu mi porti via il più promettente.

-Scherzi !? Io non rinuncerei a un assegno di cinque milioni di dollari americani neanche se mi trovassi davanti il Diavolo in mutande !!!

-Vorrei ricordarti – interviene Shades picchiettando sulla spalla del mercenario dalla bocca a reazione – che tutti e due sono sotto la mia protezione personale. Chiunque abbia intenzioni cattive nei loro confronti dovrà prima chiedere il permesso a me, sono stato chiaro ?

-Ho…ho il permesso di rubare Marasso, signor Shades ? Vorrei davvero davvero davvero rubarlo ! La prego, signore, faccia la carità a un povero non-mutante, sono uno degli ultimi rimasti e nessuno vuole mai giocare con me !

-Com’era la pallottola ?

-Eh ? Beh, abbastanza dolorosa a dire la verità.

-Hai dieci secondi per scomparire dalla mia vista, prima che diventi estasiante rispetto a quello che ho in mente di farti. Dieci…nove…

-Stai bluffando…lo so quando stai bluffando, passi da incredibilmente pazzo a molto molto pazzo, e si nota dalle tue sopracciglia.

-Otto…sette…sei…

-Fanculo, Shades, posso cavarmela anche da solo !

-Ehi, manteniamo un linguaggio adatto a tutti i tipi di pubblico, per favore !

-Tre…due…

-E va bene ! Ma guardatevi le spalle, perché…

-Uno…

-Menevadomenevadomenevado !

Deadpool scompare in un turbinio di luci violacee, e finalmente si può tornare ad ascoltare un po’ di sacrosanto silenzio. Joan tira un sospiro di sollievo e si sente svenire, tanto da doversi appoggiare al muro. Freeman intasca il biglietto da visita.

 

-Qual è stato il senso di tutto questo ?

-Mi sono divertito – risponde Shades – e soprattutto ti ho fatto imparare una delle lezioni più importanti che avessi da darti. Non fidarti mai di nessuno.

-Neanche di te ?

-Specialmente di me.

-Seriamente…perché mi stai dietro ? E’ chiaro che non te ne frega niente di me, nonostante tutti quei discorsi sulla mia importanza e sul mio potenziale. Non lo fai per soldi, non lo fai solo per divertirti…

-Sono solo una persona molto pragmatica, che si trova prigioniera di un gioco infinito da diversi decenni. Tu sei l’unico modo che ho per uscire da questo circolo vizioso delle ombre…sono stufo di andare continuamente da A a B e viceversa. Sto spostando di continuo la C che c’è in mezzo.

-Tutto questo che c’entra con quello che è capitato oggi !?!?

-Significa che faccio quello che mi pare, e che o mi segui o finirai ammazzato in un vicolo, chiaro ?

-Prova a tirarmi un altro scherzo così idiota e…

-Ti ho fatto guadagnare uno dei posti più ambiti dai criminali di New York, quindi avevo tutto il diritto di pareggiare i conti procurandoti un po’ di casini. Oltretutto, se non fossi intervenuto probabilmente avresti perso Marasso.

-Non è vero.

-Ho detto probabilmente. Ora devo andare, ho cose più importanti da fare la notte… ci vediamo domattina per il solito allenamento, stessa ora e stesso tetto.

Shades fa un paio di passi indietro, oltrepassando la propria ombra e scomparendo alla vista.

“Giuro che quando mi avrà insegnato a fare quel tipo di cose, gli ficco un coltello nella pancia !!!” pensa risalendo le scale, troppo nervoso per teleportarsi e troppo stanco per fare una scenata a Joan.

“Perché non mi può andare bene e basta !? Mi vanno bene i guai, sì, ci sono abituato… ma passare dall’essere al massimo della mia carriera a fare una figura di merda con Shades…!!!”

Sale le scale in fretta, due gradini per volta. Non gli serve altro che una buona, lunga dormita, probabilmente. E’ talmente stanco che sente i rumori provenienti dal proprio appartamento quando è a meno di due metri dalla porta d’ingresso.

“Ero sicuro di averla chiusa. Deadpool ? No, sarà scemo ma non fino a questo punto. Okay, chiunque tu sia hai scelto il giorno peggiore della tua vita per venire a provarci con me…” pensa mentre da un portale recupera la pistola di Joan. Entra di scatto nella stanza, puntando la pistola verso il ladro…

-Fermo !

-Eddie ? Ce ne hai messo di tempo a salire, razza di impiastro buono a nulla ! – scatta subito l’uomo di mezz’età che alza lo sguardo dai cassetti in cui stava rovistando. Freeman lo riconosce subito, e si rende conto che Deadpool aveva ragione. Nessun criminale ha una vita complicata come la sua.

-Papà ?

 

CONTINUA…

 

VILLAINS #17

PADRI E PADRONI

 

 

New York City. Un palazzo che, negli ultimi mesi, è stato teatro di episodi piuttosto strani. Residenza di uno degli ultimi super-criminali della zona, luogo di ritrovo con altri ricercati, luogo di studio di una delle intelligenze artificiali più insolite del pianeta, palestra per allenare sensi quasi-mistici, ospite di trattative con stralunati mercenari, ed altro ancora. E adesso, partecipe di una riunione di famiglia.

-Che hai da fissarmi in quel modo ? – chiede con tono aspro l’uomo di mezz’età che Edward Freeman, alias Switch, ha appena incontrato nel proprio appartamento, e che ora gli sta dando un pugno sul collo.

-Imbranato !

-Ouh ! Papà, ma che ci fai qui ?

-Razza di incapace ! – rincara la dose con un altro pugno, ancora vigoroso – Quante volte ti ho detto di controllare sempre chi esce di prigione !!

-E piantala !

-Non rispondermi, sai ! – altro colpo.

In uno scatto d’ira, Freeman punta sul padre la pistola che ha tenuto in mano per tutto il tempo.

-Ti ho detto di piantarla, papà !

-Cos’è questa ? Razza di impiastro, questa è troppo leggera ! Non combinerai mai niente se non imparerai che serve la pistola giusta per il lavoro giusto ! – ennesimo colpo sul collo.

-Ouh ! Papà, se non la pianti giuro che ti sparo !

-Ma tu sei matto ! Lo sai quanto costa un proiettile oggigiorno ? Dà qui…non hai imparato niente in dieci anni, sempre il solito teppista buono a nulla – mormora strappandogli la pistola d’in mano, gettandola sul divano dopo aver messo la sicura.

-Okay, papà, si può sapere che sei venuto a fare ?

-E dove altro credi che potessi andare ? Una figlia in polizia e un figlio rincretinito che si fa mettere dentro da un clown…

-Che c’entra adesso quella storia !?

-Quando avevo la tua età, ragazzo, neanche Capitan America riusciva a catturare il grande Conrad “Cavalletta” Freeman !

-Dio, ancora con quel soprannome…

-Bada a come parli ! – altro colpo sul collo – Ti ricordi perché mi chiamavano così, vero ? Dove passava “Cavalletta” Freeman non restava più niente !

-Papà, nessuno ti ha mai chiamato “Cavalletta”, te lo sei inventato in prigione. E poi quando avevi la mia età Capitan America non c’era neanche !!!

-Non fare tanto il saputello, Eddie… lo sanno tutti che ti sei fatto sbattere dentro dal Ragno ! E poi, che hai fatto in tutto questo tempo ? Non sei passato neanche una volta a far visita a tuo padre, ingrato !

All’ennesimo pugno sul collo, Freeman afferra il braccio del padre e lo blocca.

-Non accetto lezioni da te; vogliamo parlare di quando ti sei tolto degli anni di pena spifferando tutto su di me ?

-Perché sei il solito imbranato ! Potevi coprirti le spalle un po’ meglio, ma quando mai mi sei stato a sentire ? Ah, per fortuna la tua povera madre non può vedere la fine che hai fatto…uscito di prigione da mesi e non hai fatto neanche un colpo da due soldi…

-E tu che ne sai !?

-Io gliel’ho sempre detto che non dovevamo tenerti, o almeno fermarci al primo figlio… ma tua madre era un’assatanata, ne voleva sempre ancora e ancora e-

-No, non ricominciare con quella storia, papà… - lo implora dopo avergli lasciato andare il braccio.

-Tuo nonno me lo diceva sempre di non fidarmi delle donne, ma tua madre aveva il più gran bel paio di-

-Non sto ascoltando !!! Non sto ascoltando !!! – urla Freeman tenendosi le mani sulle orecchie, causando un altro pugno sul collo.

-Piantala di fare il cretino ! Ho sentito la tua vecchia banda…Fat Joe, “Cheap” Chapman e gli altri… loro sono ancora in mezzo al giro, ma tu sei scomparso ! Non è che mi sei diventato come tua sorella, eh ?

-Non c’è uno della mia famiglia che si faccia gli affari suoi !? Sono tornato in affari, ma non ho più visto nessuno della vecchia guardia…tutto qui, e Dana non ne sa niente. Sono in ottimi affari, davvero.

-Come se tu riuscissi a fare qualcosa di buono !

-Senti, papà, si può sapere che ci fai qui ?

-Ho un colpo, questa sera. Alla Federal Savings Bank, roba grossa. Avevo un altro scassinatore pronto, ma se l’è data a gambe. E’ un lavoretto facile facile, potresti riuscirci perfino tu.

-Grazie per la fiducia, papà, ma ho chiuso con le rapine in banca…davvero, ho in ballo degli affari veramente grossi di questi tempi, e-

Qualcuno bussa alla porta, e oltre ad essere sollevato Freeman si sente un po’ indispettito dall’interruzione dell’unica volta in cui è riuscito a parlare normalmente con suo padre negli ultimi vent’anni, anche se solo per quindici secondi.

Dietro alla porta, un uomo muscoloso in giacca e cravatta nera, con i capelli castani molto corti, un po’ radi sulle tempie.

-Scusa la fretta, Freeman, ma dobbiamo andare subito. C’è un lavoretto piuttosto urgente.

-Un secondo, ragazzone, questo imbecille stava facendo un affare con me. Allora, Eddie, sei dentro o fuori ?

-Andiamo, Dave – risponde Freeman senza guardare il padre – Non vedo l’ora di uscire di qui.

I due super-criminali escono dalla stanza, sbattendo la porta, e scendono velocemente le scale.

-Allora, Turbine, cos’è che dobbiamo fare ?

-Ti spiegherò tutto strada facendo. Chi era quel tizio ?

-E’ mio padre.

-Direi che spiega un sacco di cose…

 

Sul tetto dello stesso palazzo, qualcuno sta osservando i due criminali mentre si nascondono in un vicolo per passare attraverso un portale di teletrasporto perfettamente nero. La sera è calata da poco, ma la luce è già fioca come se fosse già mezzanotte. Si alza un vento gelido che fa svolazzare il lungo soprabito nero dell’uomo che sta osservando, con gli inseparabili occhiali da sole, la scena. Tutto si aspetterebbe, ora, tranne che qualcuno gli picchietti la spalla con un dito.

-Bella serata, vero Shades ?

L’uomo si volta di scatto, lasciandosi prendere di sorpresa dalla punta acuminata completamente nera che gli trapassa il cranio da parte a parte, sfasciando e al tempo stesso coprendo una delle lenti scure. Cade a terra, cercando di far uscire l’oggetto dalla propria testa, fortunato ad essere ancora vivo.

-Guarda un po’, non ero sicuro che funzionasse.

Con l’occhio illeso, Shades squadra il suo assalitore. E’ vestito di pelle nera dalla testa ai piedi, e l’unica nota di colore è data dalle borchie d’argento sui guanti, proprio sulle nocche. Si è appena tolto un paio di occhiali da sole e li sta riponendo in una tasca interna del cappotto. La sua pelle è molto più nera della maggior parte degli uomini di colore che Shades ha incontrato. C’è un che di spettrale nella sua figura, rafforzato dal bianco dei suoi occhi.

Naturalmente, prima ancora di vederlo, era bastata la sua voce bassa con un leggero accento che sembra arabo, per identificare il nonriflessotre.

-Sharp…cazzo ci fai qui…

-Ci siamo dimenticati la gerarchia, stando lontani da casa ?

Con la mano destra afferra Shades per la giacca e lo solleva senza il minimo sforzo, mentre la sinistra si ricopre di punte acuminate nere. Shades reprime un rantolo di dolore quando si conficcano nel suo addome.

-Allora ? Non hai proprio niente da dirmi ?

-Che sei venuto a fare…è la mia missione…

-Forse mi sono fatto contagiare dagli altri membri del Circolo delle Ombre - sai, i tuoi superiori che potrebbero ridurti ad una macchia nera sul pavimento ? Smoker mi ha detto dov’eri, e appena mi sono liberato ho deciso di venire a fare un sopralluogo. Che stai combinando, Shades ?

-Niente…sto solo eseguendo gli ordini…

-Non mentirmi.

Dal pugno sinistro esce una lama molto più acuminata delle precedenti, tanto che la punta riesce a brillare anche con la pochissima luce disponibile. Sharp la tiene appoggiata al mento di Shades, senza muoverla.

-Da quanto tempo stai cercando il Punto di Riflessione ? Due anni ? Sappiamo tutti e due che sei più in gamba di così. Cosa stai tramando ? Allora ?

-Ci sto lavorando…te lo giuro…mi serve solo un altro po’ di tempo…

La lama scompare e Shades cade a terra. Afferra con entrambe le mani la punta che gli ha passato da parte a parte la testa, cercando di farla uscire.

-Ascolta, io sono nel giro da molto più tempo di te, e nemmeno io vado matto per la situazione attuale. Sei la cosa migliore che ci è capitata da quando Shift è stato fatto fuori dal Cacciatore, quindi ho più fiducia in te di quanta non ne abbiano tutti quanti gli altri messi insieme. Ma questo non significa che ti lascerò carta bianca, chiaro ? Stiamo perdendo rapidamente tutto il vantaggio accumulato. Tra due giorni al magazzino Eldridge in Vanderbilt Avenue, Shades; voglio un rapporto completo sulla situazione, e forse ti potrò garantire ancora un po’ di tempo. Pensi di farcela ?

-Posso farcela…anche adesso – risponde Shades estraendo finalmente la lama dalla propria testa. La lente si richiude immediatamente e l’arma scompare.

-Non deludermi, Lukas.

Quando Shades si è rimesso in piedi, il suo superiore è già scomparso, ed il vento si è fatto meno gelido.

 

Washington. A duecento chilometri da Seattle. In una strada in mezzo al niente, una macchina si ferma. Dopo un paio di pugni sul volante, una donna con una lunga coda di cavallo scende. Le scarpe che indossa, un curioso incrocio tra scarpe da ginnastica e scarponi militari, sembrano aver decisamente visto giorni migliori; anche la macchina, se è per questo, specialmente per il finestrino rotto.

-Complimenti, Leah, davvero. Niente benzina, in mezzo al niente, con la preda che se ne va. Brava davvero, segugio dei miei stivali.

Si appoggia allo sportello della macchina e incrocia le braccia, sbuffando.

“Okay, calma” pensa “Ti sei già trovata in situazioni del genere. Il suo cervello è registrato, non scapperà. Certo, può cambiare onde cerebrali da un secondo all’altro e scomparire per sempre dal mio sesto senso, ma a parte questo va tutto benissimo. Con tanti saluti al mio assegno da cinque milioni del cazzo !”

In un impeto di rabbia, dopo essersi staccata dallo sportello, gli assesta un calcio con tutta l’adrenalina che riesce a metterci. La carrozzeria si piega come se avesse colpito un palo della luce a novanta all’ora, e l’auto si sposta di una buona dozzina di centimetri. L’impronta della scarpa è rimasta in modo quasi perfetto.

-Grande. Ora dovrò rubarne un’altra. Com’è che nessuna delle due ha avuto il tempo di fare il pieno, ma solo io ho finito la benzina !?

Dopo aver sbollito la rabbia, apre l’altro sportello e da sotto il sedile recupera una cartina degli Stati Uniti; dal portaoggetti, un pennarello nero.

“Okay, vediamo di non sprecare totalmente la giornata. Allora, è partita da Seattle e noi siamo qui” – segna con il pennarello una linea nera tra Seattle e il punto in mezzo al niente dove si trova adesso, tenendo in bocca il tappo.

“Fin qui, tutto okay. Adesso dove starà andando ? Qualsiasi trucchetto usi, quel camion non la può portare dovunque nel Paese. Forse ne vuole rubare un altro ? Oppure vuole cambiare mezzo ? E’ abbastanza strano che il percorso sia così lineare. Dove arriva così ?” - Continua la linea – “Spokane. Una bella linea dritta e noi ci siamo in mezzo. Coincidenza ? Sì, come no. Spokane… andrà all’aeroporto ? Ma perché non andare in quello di Seattle ? Al diavolo, avrà i suoi motivi, proviamo questa pista”.

Il pennarello procede in linea retta, attraversando Idaho e Montana senza incrociare grosse città. North Dakota, Minnesota e Wisconsin non danno altri risultati, facendole perdere fede in questa linea retta troppo facile. La linea procede passando molto vicina a Detroit e finisce a poca distanza da Filadelfia.

“Così non mi serve a niente. Lei è su un camion e io a piedi, posso solo sperare di recuperare la distanza prima che arrivi a… fermi fermi, cos’è questo ?”

Si sofferma su una città attraversata dalla linea: Saint Paul, Minnesota. Per un qualche motivo, la cerchia.

“Saint Paul…Saint Paul…dove l’ho già sentita, di recente… sì, il numero della Reflex Technologies a cui devo fare riferimento; ho controllato ed è intestato ad un hotel di Saint Paul, certo. Coincidenza ? Questa linea poteva andare da qualunque parte. Eppure, se significa qualcosa…”

Richiude il pennarello e ne morde una estremità, con sguardo pensieroso perso nel vuoto.

“Non arriverò mai a Spokane prima di lei. Però, forse faccio in tempo a tornare a Seattle e a prendere un aereo quantomeno per Minneapolis. Se non sa che la

seguo, non si metterà a depistarmi su di un camion no ? Okay, ragazza del mistero, ci rivediamo a Saint Paul”.

 

New York City. Ormai, la luce del sole è completamente scomparsa, e nessuno può vedere due persone uscire da un cerchio nero sospeso a mezz’aria.

Freeman apre leggermente la giacca e apparentemente prende qualcosa da una tasca interna; in realtà, la sua mano oltrepassa un piccolo portale per afferrare un oggetto che è nella sua casa: un guanto destro, nero, parte del suo costume da Switch.

-Così, dici che mi servirà soltanto questo.

-Non proprio…il capo vuole che usi questa.

E’ il turno di Dave Cannon di estrarre qualcosa dalla giacca (realmente, in questo caso): una pistola con silenziatore, perfettamente lucida e forse mai usata.

-Sicuro di riuscire a vedere il bersaglio ? Siamo lontani dalla luce del lampione.

-Meglio così. Lavoro meglio al buio – risponde Freeman infilandosi il guanto – Detto tra noi, non è uno spreco ?

-Che resti tra noi, perché non mi metto a discutere gli ordini…perché ?

-Perché potevo benissimo usare la mia, di pistola; o potevo teleportarlo in mezzo al fiume, oppure tu potevi segargli via la testa con quelle tue armi da polso.

-Sì, lo so, ma sai come sono questi gangster con manie di grandezza…vogliono fare le cose in modo teatrale.

-Sarà – commenta Freeman esaminando l’arma.

-Nervoso ?

-No.

-Andiamo… è il tuo primo incarico e ti metti a discutere gli ordini. Lo fanno solo quelli che si innervosiscono e iniziano a pensare di lasciar perdere.

-Ti sembro il tipo ?

-Sinceramente ? No, sei una delle persone più testarde che abbia mai conosciuto. Quella scommessa con Blob su Fort Knox, eh… non pensavo saresti andato fino in fondo, quella volta.

-Considerando che noi non stiamo parlando… - Freeman punta la pistola sulla limousine del bersaglio, a più di settecento metri di distanza, mentre si fa strada tra i gorilla in abiti firmati, più per ingannare il tempo che per prendere la mira.

-Sì ?

-Non so, qualcosa non mi quadra. Voglio dire, sono tra i pezzi grossi adesso, lo so, ma io sono un ladro, non un assassino.

-Vorresti dirmi che non hai mai ucciso nessuno ? – domanda Turbine alzando un sopracciglio.

-E’ capitato, sì… tecnicamente ho causato la morte di qualche agente Hydra, nella loro base, ma…

-Sei il tuttofare di Ranennyj, il pakhan. Il che include assassinare i capi di un clan rivale per aumentare la sua reputazione, se te lo chiede.

-Lo so, lo so. Ma quanto ci mette a scendere !?

-Credevo avessi detto che non ti serve la luce, allora perché non lo fai fuori mentre è in macchina ?

-Dobbiamo farlo in modo spettacolare, no ? E allora diamogli lo spettacolo. Facciamolo fuori in mezzo alle sue guardie, dove è più sicuro.

-Sai, Switch, devo ammettere che hai stile. Allora, quello era tuo padre ?

-Sfortunatamente.

-Già, i genitori sono sempre così. Io ne so qualcosa.

-Anche tuo padre era un ladruncolo con manie di grandezza che raccontava a un bambino di sei anni di aver svaligiato Fort Knox quando nessun altro al mondo ci era riuscito ?

-No, ma era comunque un cretino. Senza offesa.

-Neanche un po’. Oh, eccolo che scende… mi spiace che tu non possa vedere per bene la scena.

-Sei portato per fare l’assassino, te l’aveva mai detto nessuno ?

-Credo che qualcuno abbia provato a farmelo capire.

-Un tuo amico ?

-Qualcuno a cui non volterei mai le spalle.

-E io che ho detto ? Un amico, appunto.

-Sai, Dave…posso chiamarti Dave ? Non ricordo il tuo cognome, e solo uno stupido chiamerebbe un collega con un soprannome quando nessuno può sentirlo.

-Eh, già. Chiamami pure Dave o Cannon, dipende da quale ti ricordi meglio Sw…cioè Freeman.

-Dicevo… dai, cazzo, datti una mossa a scendere… Credo che ci siamo trovati un bel lavoro. Non sono in tanti a poter fare un lavoro così…mi sa che finiremo sui giornali.

-Ehi, io ci sono già stato, non mi importa più di tanto. Sono in circolazione da un’eternità, anche se non se lo ricorda nessuno.

-Io sono stato in televisione. E se anche tu ricominci a dire che hai visto quel servizio, ti sparo. Okay, si va in scena…

Davanti a Switch si apre un piccolo portale di teletrasporto; prendendo la mira senza che sia veramente necessario, accosta la pistola al cerchio nero.

-Freeman ? Posso chiederti una cosa ?

-Dimmi – risponde Freeman mentre il mafioso si chiede cosa sia lo strano puntino nero che si è aperto di fianco alla tua testa.

-Ti dà ancora fastidio che io sia un mutante ?

La testa del mafioso quasi esplode, ed il portale si ricopre di sangue (che non passa dall’altra parte), ed il suo corpo per l’impatto viene quasi lanciato contro la limousine, sporca di cervella.

-No, credo di no. Finché non cominci a raccontarmi la storia della tua vita e a pontificare su chi erediterà la Terra, mi sta bene.

-Io ho fame. Non mangio mai prima di un incarico. Ti va un hamburger e un paio di ragazze ?

-No, stavolta passo. Ho avuto una giornata terribile.

-Andiamo, smettila di frignare… non può essere stata così…

-Deadpool.

-Oh. Come non detto.

 

Una stanza molto ampia, sovrastata da una grande cupola che mette in mostra un anonimo cielo sereno. Tutta la stanza è immersa in una luce irreale, biancastra, che proviene da ogni punto in cui si guardi.

Al centro della stanza, un tavolo circolare al cui centro c’è una sedia, su cui siede un qualcosa di molto particolare. Sembra impossibile che in questa luminosità diffusa possa esserci qualcosa di ancora più brillante, eppure chiunque non ne venga accecato vedrebbe chiaramente una figura femminile sedere a gambe incrociate. Attorno al tavolo sono sedute altre cinque donne.

Una di esse ha dei lineamenti asiatici i cui lunghi capelli neri sono raccolti un una coda di cavallo, la testa sorretta dalla mano destra mentre la sinistra picchietta insistentemente sul tavolo.

Seduta accanto a lei, una donna di colore incrocia le braccia, senza staccare gli occhi dalla porta che è l’unico elemento di rilievo oltre al grosso tavolo.

Due ragazze poco più che quindicenni sono sedute più vicine delle altre, e si lanciano continuamente delle occhiate per indicare l’una all’altra qualcosa, ridacchiando silenziosamente. Una indossa una giacca sportiva con il logo di un’università del Minnesota, l’altra quello che sembra l’uniforme di un collegio.

E’ l’ultima, una rossa con un paio di occhiali da sole appoggiati sopra la testa, a parlare.

-Sono arrivate, finalmente.

Le ultime partecipanti alla riunione, una donna sui cinquant’anni dai capelli d’argento ed una ragazza sui vent’anni con un tailleur nero con minigonna altissima, con diverse carte sottobraccio.

-Scusate il ritardo – esordisce la meno giovane – ma abbiamo delle notizie molto importanti.

-E’ pericoloso restare forzatamente tutte nello stesso luogo a lungo – dice la donna di luce con voce cristallina – Licenzia un terzo dei tuoi collaboratori più fidati, Lighter. Questo ti insegnerà a gestire meglio il tuo tempo.

-Come desidera, Primo Riflesso – risponde la donna, guardando con rabbia le due ragazzine che si lasciano scappare qualche risolino.

-Ci esponga pure i fatti, miss Link.

La segretaria distribuisce a ciascuna delle presenti un piccolo fascicolo, la cui prima pagina è completamente bianca. Le altre contengono diagrammi.

-Questo è quanto siamo riuscite a scoprire dell’attuale organizzazione del Circolo delle Ombre. Soltanto cinque nonriflessi sono ancora attivi, verosimilmente ancora a Shattensburg.

-Non si sono ancora mossi da quel rudere ? – domanda la donna di colore.

-Sembra di no, Landslide. Noi siamo in grado di muoverci liberamente, ma loro sono ancora confinati. Questo si è manifestato nella creazione di un nuovo nonriflesso.

-E a questo come sei arrivata !? – domanda la ragazza con la giacca universitaria.

-Le connessioni sono la mia specialità, Layout. Lo sappiamo tutte, qualunque nostra azione si ripercuote su di loro, e viceversa. Causa e effetto, in entrambi i sensi. Ora, se noi abbiamo avuto un vantaggio nell’essere libere, ne hanno uno anche loro. Qualcuno che possa permettergli di muoversi; qualcuno di nuovo.

-Stupefacente. Questa non è la prima volta, esatto ?

-No. Una cosa del genere si è manifestata con la crociata personale di Shades, il nonriflessosette, che ha causato un identico cambiamento nella nascita del Settimo Riflesso… miss Lighter.

-Crociata che è costata la vita a quasi tutti i membri originali del Consiglio delle Luci. Se Lighter non avesse “acceso” tutte voi, ci avrebbero spento da decenni.

-Da allora, le cose sono peggiorate. Da entrambi i lati ci sono dei vantaggi che non si sono presentati dall’altra; le forze sono sbilanciate. Crediamo che sia stato questo a causare l’entrata in scena simultanea della Cacciatrice d’Ombre e del Cacciatore di Luci, in tempi recenti.

-C’è altro, vero ?

-Sì. Credevamo che i due Cacciatori fossero sufficienti a far quadrare i conti delle ripercussioni. Sembra che il dislivello sia stato tale da causare la nascita indipendente del Portatore d’Ombra…e da tempo, ormai.

Tutte le partecipanti alla riunione abbandonano la posa spazientita e si tengono salde alle loro sedie. Sanno tutte cosa può significare, e si guardano l’un l’altra preoccupate. Tutte tranne Lighter.

-Signore, ci siamo. Tutto il resto passa in secondo piano; Lace, delego a te la gestione della pratica Pathfinder. Abbiamo ben altre priorità. Da adesso, il nostro scopo principale è trovare il Portatore d’Ombre e ucciderlo. Avete presente la situazione, no ?

-Vorrei farle notare, Primo Riflesso – si sbriga ad intervenire miss Link – Che senza alcun dubbio la Portatrice di Luce si manifesterà solo tra qualche anno, e-

-Questo lo so benissimo, miss Link. Forse non arriveremo subito ai nostri scopi, ma la nostra preoccupazione principale dovrebbe essere di evitare che quella razza depravata non erediti il pianeta.

-Anche se significasse porre fine prematuramente a… ? – Lighter tenta di riprendersi la propria posizione di potere, inutilmente.

-Naturalmente, miss Lighter. Non permetteremo l’avvento di un’Età dell’Ombra, anche se significasse evitare l’insorgere di qualunque era.

Tutte le Luci annuiscono silenziosamente, come se si trattasse di un fatto assodato. Curiosamente, Link sembra più incerta delle sue sorelle…

 

Il mattino seguente. New York City. Appartamento di Edward Freeman, anche se non proprio ufficialmente. La nottata è stata stranamente tranquilla, proprio quello di cui aveva bisogno. Si è preparato in fretta per uscire, per qualche motivo vuole scoprire al più presto se l’attentato ha avuto gli effetti sperati.

Fuori dalla porta, però, trova un giornale spiegazzato. C’è una lettera, senza mittente né destinatario né francobollo. Solleva tutto quanto, trovando un altro biglietto a terra. Riconosce ancora la calligrafia.

Me ne vado alle Maldive. Tieni d’occhio tua sorella, incapace. Conrad

Con una smorfia, Freeman straccia il biglietto e lo butta nella spazzatura appena rientrato. Suo padre ama sempre spararle grosse, ed ama impicciarsi della sua vita molto più di Dana. E la cosa è anche molto meno gradita.

Il giornale è aperto su una delle prime pagine; un articolo è stato pesantemente evidenziato con un pennarello verde. Il servizio parla della morte ancora inspiegata di un importante uomo d’affari, sospettato di pesanti collusioni col crimine organizzato, e sottolinea che non ci sono informazioni sull’assassino o il movente.

Sorridendo, Freeman apre la lettera. Fa un po’ di fatica a decifrarne la calligrafia pasticciata.

Non metterti nei guai per qualche giorno e non farti vedere. Ordini del capo, vuole un po’ di suspence. E’ contento. Sai dove sono i soldi. Dave

In questo caso, Freeman si sbriga a bruciare messaggio e lettera. E’ un grosso favore a Turbine, tra l’altro, visto che suspence è scritto sbagliato.

Dopo aver controllato che Marasso sia a posto ed aver aspettato invano Shades per l’allenamento, torna nel suo appartamento e si mette comodo sul divano per leggere il giornale. Dopo aver riletto l’articolo che lo riguarda indirettamente, nota un articolo sulla pagina a fianco.

“Furto alla Astoria Federal Savings Bank” è il titolo; il sottotitolo, invece, “Rubati quasi 50.000 dollari”. Più in piccolo, “Quattro arresti, ma nessun bottino”.

Se sul momento la notizia gli dice qualcosa di più di quanto ha letto, di certo non si nota. Gli si accende qualche lampadina in testa quando legge che i ladri confessano di non sapere chi fosse il loro capo, che ha impiegato settimane ad organizzare il tutto. Sanno solo che pretendeva di farsi chiamare “Cavalletta”.

Ho un colpo, questa sera. Alla Federal Savings Bank, roba grossa

-Merda.

Dopo aver gettato il giornale in un angolo, se ne sta in silenzio sul divano, a fissare il soffitto. Poi allunga una mano verso il telefono; per un attimo la ritrae, come se ci avesse ripensato, poi si decide. Dopo aver fatto il numero, deve aspettare almeno nove squilli dall’altra parte prima di poter parlare.

-Pronto ? Sono Eddie Freeman; abbiamo lavorato insieme un paio di volte, se ti ricordi. Esatto, quello. No, non mi manda Switch. Sì, lo so. Sono le dieci e un quarto. Vuoi farmi parlare !? Okay. Prenditi un caffè bello forte, Corvo. Ho un lavoro per te.

 

CONTINUA…

 

 

VILLAINS #18

Le ombre si muovono in silenzio

 

 

New York City. Magazzini Eldridge, Vanderbilt Avenue. Il sole è tramontato quasi un’ora prima, ed i lampioni si sono già accesi. Nessuno dei pedoni circostanti nota le luci che si affievoliscono al passaggio dell’uomo con gli occhiali da sole ed un lungo impermeabile nero. Nessuno fa molto caso al fatto che si fermi tranquillamente davanti al portone, e che questo si apra da solo anche se lui tiene le mani in tasca.

L’interno del magazzino è completamente al buio, naturalmente. Nonostante questo, l’uomo non si toglie gli occhiali da sole e non si muove quando una lama nera gli attraversa il petto, come se si fosse limitata a fendere l’aria.

-Allora non ti sei rammollito – gli dice una voce bassa e ben posata.

-Nessuno può colpirmi più di una volta, Sharp.

-Non sfidarmi…Lukas – sorride il nonriflessotre.

-Chiamami Shades. Me lo sono guadagnato, seguendo le regole di voi dinosauri. Rivolgiti ancora a me senza usare il mio nome-ombra, ed io ricomincerò a chiamarti Serapias…dopo averti aperto un buco in testa con le tue stesse lame.

-Parole grosse; sembra quasi che tu non stia parlando con il terzo rappresentante della società segreta più esclusiva ed antica del pianeta.

-Fattene una ragione, Sharp, il Circolo delle Ombre è vecchio. Non sei stanco del gioco ? Non sei stufo di combattere una battaglia che finirà sempre in pareggio ?

-Parli come se tu potessi farci qualcosa.

-Forse posso. Ascolta…c’è questo Freeman che…

 

A dieci isolati di distanza, un altro magazzino. Un ragazzo tra i venti e i trent’anni si toglie gli occhiali da sole e li ripone nella tasca interna della giacca di jeans, in cui si stringe leggermente. Si guarda in giro più e più volte, poi il portone si apre. Entra facendo molta attenzione, perdendo la calma solo per un istante, quando il portone viene chiuso velocemente alle sue spalle. Prende un accendino dalle tasche della giacca e lo accende; per un attimo ha l’impressione che la persona che si vede apparire davanti non ci fosse, fino a poco prima.

-Corvo. Mi fa piacere che tu ti sia deciso a venire. Sono Edward Freeman, ricordi ?

-Questo posto non ha la corrente ? – domanda il Corvo guardandosi intorno, senza distinguere altro che un paio di casse.

-Mi piace lavorare al buio – risponde Freeman con un sorriso.

-E a me piace lavorare legalmente, adesso. Non faccio più lavori sporchi, quindi…

-Allora perché sei venuto lo stesso ? Non avrai pensato che avessi da offrirti qualcosa di legale, mi auguro – Il sorriso non accenna a svanire.

-Ero venuto solo per dare un’occhiata a Marasso.

-Come sai che ho a che fare con Marasso ? – domanda Freeman; il Corvo si innervosisce quando la fiamma si spegne, e risponde solo quando l’ha riaccesa.

-Le tue scuse dell’altra volta erano abbastanza patetiche, e poi ho avuto modo di controllare alcune…informazioni riservate…riguardo Justin Hammer.

-Capisco…però vedi, a me serve veramente questo lavoretto, e so che sei l’unico in grado di farlo. Dicono che sei in grado di violare qualsiasi sistema al di sotto dei codici di lancio delle Sentinelle. Sono voci infondate ?

-N-no, sono abbastanza esatte. M-ma sono pulito, adesso…qual-qualunque cosa sia, non mi…interessa.

Il Corvo inizia a sudare e la mano che regge l’accendino trema. Il sorriso di Freeman è sempre più largo.

-Penso di poterti far cambiare idea.

-H-ho un super-rettile cyborg assassino di duecento chili alle spalle, v-vero ?

-Uh-uh – annuisce Freeman, prendendo l’accendino dalla mano del Corvo. La luce si sposta illuminando Marasso, in posizione eretta e la punta della coda in lento movimento.

-C-credo si possa arrivare ad un-un accordo…Freeman.

Cinque affilatissimi artigli viola sfiorano la gola del Corvo, e il magazzino torna ad essere completamente al buio.

 

Magazzini Eldridge.

-Una matrice !?

-Precisamente.

Sharp guarda il suo sottoposto con uno sguardo anche più duro del solito. Quello sguardo potrebbe gelare il sangue dei più temerari.

-Mi stai dicendo che l’esito della guerra eterna tra le Ombre e le Luci dipende da una delle ottantamila persone con il potenziale di diventare nonriflessi ? Neanche da chi ha il potere effettivo, ma solo il suo potenziale !? Da chi è solo una matrice per il potere dell’Oscuro ?

-Sì.

-Shades, sei molto più pazzo di quanto pensassi.

L’uomo con gli occhiali da sole sorride.

-Finalmente hai ricominciato a chiamarmi con il mio nome. Ascolta…sappiamo entrambi che qualunque cosa può creare un legame tra un essere umano e il potenziale metafisico delle ombre, no ?

-Se si entra in contatto con quella parte della psiche umana.

-Ci sono tutti i segnali per crederlo un nonriflesso, Sharp…uno di noi. Però non lo abbiamo scoperto finché non l’ho incontrato nella dimensione delle ombre.

-Il che dovrebbe essere impossibile.

-Vedo che inizi a seguirmi. E’ stato un procedimento scientifico a dargli i poteri. Ora…non è impossibile che, per puro caso, una matrice venga sottoposta ad un trattamento per ottenere dei super-poteri. Ci vuole un qualcosa di dannatamente speciale perché ottenga esattamente i poteri di un nonriflesso, però.

-Stai pensando a un qualche intrigo delle Luci ?

-Forse. O forse…forse le Ombre si sono stancate di noi, hanno ideato un nuovo metodo per creare degli agenti terreni, e adesso hanno infranto la regola del vantaggio che avevano concordato con le Luci.

-Se così fosse… sarebbe guerra aperta. Ci sarà un massacro da entrambe le parti.

-Oh, io non credo saremo poi così svantaggiati. Dimmi…hai notato i miei capelli ?

-Adesso sono biondi. E allora ?

-E allora…Sharp, hai mai visto un nonriflesso con i capelli biondi ?

 

Un altro magazzino.

-Dunque…ecco dove lavorerai tu.

Freeman accende la luce, con gran soddisfazione di Corvo. Non si distinguono molti particolari in più rispetto a prima, a parte ovviamente il telo bianco che copre un qualcosa grande come una scrivania. Freeman rimuove il telo, rivelando un macchinario estremamente complesso e praticamente indescrivibile.

-Oddio, questo è…una sorta di…non riesco neanche a descriverlo – dice appunto il Corvo, il cui entusiasmo non è stato frenato dall’avere degli artigli pronti a tagliarti la gola. Appoggia subito la piccola borsa contenente un computer portatile dell’ultimissima generazione (forse quasi già della prossima) sul congegno non ancora bene identificato, e passa ad analizzarlo voracemente.

-Dove l’hai preso ?

-Era di MODOK; faceva parte delle cose che ho spostato per lui. Non ti preoccupare, era dall’altra parte della città.

-Ho visto cose del genere alla Stark… è una sorta di supercomputer multiuso, o qualcosa del genere. Non dirmi che è collegato alla linea telefonica…!!!

-A dire la verità, sì. Altrimenti, che avrei assoldato a fare un hacker ?

-“Assoldato”…quindi mi pagherai ?

-Disse il buon samaritano. Certo che ti pagherò qualcosa…un nuovo paio di batterie, per esempio.

-Hai idea di quanto costino le batterie di un gioiellino come questo ? – domanda il Corvo battendo un dito sul portatile.

-Una cinquantina di dollari ?

-Cosa sai di computer, Freeman ?

-Assolutamente niente.

-L’avevo immaginato. Allora…che cos’è che vuoi da me ?

-Due lavoretti facili facili, con un’attrezzatura del genere ed un hacker del tuo calibro.

-Probabilmente non sai neanche che vuol dire.

-Vorrei farti notare, Corvo, che io sono il criminale con superpoteri che controlla un cyborg assassino.

-E io vorrei far notare a te, “Switch”, che io sono quello che può fare il lavoro che ti serve.

-Ehi, sono il braccio destro di un padrino russo ed ho il numero di telefono di Spymaster. Posso trovare e permettermi dozzine di hacker migliori di te… certo, prima di trovarne un altro dovrò ucciderti per farti tenere la bocca chiusa.

-Se proprio devo, allora, preferisco morire dopo un’ultima grande impresa. Che cosa vuoi fare ?

-Entrare nella banca dati della polizia di New York, cancellare certi dati che mi riguardano, e seminare grossi indizi per incastrare qualcuno.

-Oh. Speravo volessi fare qualcosa, non so, di difficile.

 

Magazzini Eldridge.

-Starai scherzando.

-Non ci vuole un genio, Sharp. Il Cacciatore d’Ombre è di nuovo in circolazione. Ma sappiamo benissimo che non esiste un solo Cacciatore, dico bene ?

-E tu avresti nascosto tutto questo a…!?

-Al buio, Sharp, anche le ombre non possono vedere.

-Tutto questo quando quel Freeman entra in scena. Non può essere una coincidenza, in effetti.

-Il mio piano è molto semplice, Sharp. Freeman è la prossima preda. Il suo potenziale è così alto che… Cerca lui, ne sono sicuro. Quando la sua caccia sarà finita, comincerà la mia.

-E le Luci ?

-Loro non sanno niente. Nessuno può seguire il Cacciatore d’Ombre, no ? Siamo al sicuro. Se sapessero dove si sta dirigendo… se ne avessero anche solo una vaga idea… allora che ci sarebbe un massacro. Per come stanno le cose, però, abbiamo ben poco da temere.

 

Minnesota. In un albergo a cinque stelle di Minneapolis, decimo piano.

Da questa mattina, le cameriere non hanno fatto altro che spettegolare sul signor Kasoulos della 221. Al posto di un ricco commerciante di mezz’età, c’è la voce di una donna a ordinare i pasti, e la porta è chiusa a chiave con un cartello “non disturbare”.

La cameriera che ha portato dentro le ordinazioni ha visto soltanto una venticinquenne dai capelli castani raccolti in una coda di cavallo, non molto vestita, e oramai non c’è persona in tutto l’albergo che non sappia di questo piccolo scandalo; un po’ di mance salate sono state sufficienti per evitare che la moglie ne fosse informata. In realtà, la storia è sia molto più banale che infinitamente più intrigante di una relazione extraconiugale.

Perché anche se, effettivamente, nella stanza c’è una donna che indossa soltanto mutandine e t-shirt seduta a gambe incrociate sul letto, il signor Kasoulos è legato e imbavagliato nell’armadio e non si sta divertendo per niente, sebbene non possa certo dire di essere stato trattato male.

La donna è Leah Mathers, anche se preferisce lavorare sotto il soprannome di Pathfinder. In questo momento, oltre a riprendersi dal repentino cambio di fuso orario, si sta concentrando sul suo sesto senso mutante per rintracciare una donna veramente particolare, nota a pochi solo come Cacciatrice d’Ombre.

E’ stata pagata per seguirla da Seattle a qualunque posto della Terra, ma l’ha persa dopo un breve inseguimento. Impossibilitata a recuperare il distacco, ha deciso di rischiare e prevedere la sua prossima tappa. E, a quanto le stanno dicendo i suoi sensi, è stato un rischio ben calcolato.

Una volta filtrate tutte le interferenze generate dai cervelli dell’hotel, riesce a sentire le onde cerebrali della sua preda, calcolandone la distanza con una precisione impressionante. E’ molto vicina, a Saint-Paul, pochi chilometri più ad est. Quando determina la sua posizione, il cervello scompare.

“Dannazione…forse ha sentito che la cercavo. Questo suo trucco di cambiare le onde del cervello mi farà impazzire. Non riuscirei a prenderla neanche se fossi dietro di lei, a questo punto, e sono in un’altra città. Allora, vediamo un po’ come rimediare…”

Riapre gli occhi e prende in mano la cartina degli Stati Uniti che è appoggiata sul letto. C’è una linea nera che parte da Seattle ed arriva a Saint-Paul, passando direttamente per Spokane. La traiettoria della Cacciatrice.

“Viaggia in linea retta, allora…che fortuna. Quanto sarà metodica ? Vediamo di continuare la linea” – il solito pennarello nero continua la corsa lineare che sta seguendo da ormai metà del Paese – “Passa molto vicina ad un paio di grosse città, ma non proprio in mezzo. Si direbbe proprio fissata con questa cavolo di linea retta. Se ha fretta, continuerà ad usare l’aereo. L’ultima città con un aeroporto per cui la linea passa esattamente è Harrisburg, e non molto oltre finisce in mare. Però non è detto che vada ad Harrisburg; viaggia in linea retta, ma non è detto che non possa fare segmento per segmento. In quel caso, finché non si ferma sono fregata, e può tagliarmi fuori da un momento all’altro. Non posso scoprire che aereo ha intenzione di prendere, e non posso neanche girare tutto l’aeroporto a mostrare la sua foto – è un lavoro segreto dopotutto. Posso seguire il suo cervello, sempre che non cambi ancora frequenza, ma ci sono troppi percorsi e non farei in tempo. Posso continuare il solito trucchetto, finora non le ha fatto cambiare i suoi piani. E poi, se non sento che si avvicina ad Harrisburg, posso sempre spostarmi prima che il suo aereo atterri no ? E’ tutto molto azzardato, ma se ho ragione la potrò beccare ad Harrisburg e seguirla fino alla sua destinazione. E’ senz’altro il caso più difficile che mi sia capitato, ma ho dalla mia l’esperienza di quasi…”

Il flusso dei suoi pensieri si ferma. Dieci anni. Si lascia cadere sul materasso, distende le gambe, e fissa il soffitto. Dieci anni.

Poco più di cinque a raffinare il suo potere, passando da un part-time all’altro mentre si creava una nuova professione. Due anni a fare da consulente a vari investigatori privati per farsi le ossa, senza successo, e poi trovare chi potesse aiutarla. Il resto, ad inseguire od essere inseguita, nel tentativo di pagare il suo debito. Ed ora che ci è riuscita…ora che è libera, si sente stranamente…vuota. Dieci anni, e fino a questa mattina non aveva un cambio di biancheria da quasi un mese. Poche decine di dollari di risparmi, quanto resta da mille spese per treni ed aerei, mai rimborsati da nessuno. Anche ora, con quanto è riuscita a rubare a questo Kasoulos, ha poco più del denaro sufficiente a fare quel volo.

Ora ha un incarico, e lo porterà a termine…nessuno è mai sfuggito a Pathfinder. Ma dopo ? Sperpererà anche quel denaro ? Si sistemerà ? Andrà avanti ? E per ottenere cosa, altri dieci anni di fatica per nulla ? Forse si è concentrata tanto sulla preda da dimenticare se stessa. Forse…è tempo di cambiare le cose.

 

Freeman sta giocherellando nervosamente con l’accendino di Corvo, avendo rinunciato da più di un’ora a capire cosa stia facendo. I dati che passano sullo schermo del portatile (collegato artigianalmente al supercomputer) non hanno senso per lui.

Marasso non smette di tenere sotto tiro l’hacker, ma sembra interessato allo schermo. Più che altro, probabilmente, le parole che si muovono lo incuriosiscono.

La calma innaturale viene interrotta dal fischio di apprezzamento di Corvo.

-Trovato niente ?

-Guarda un po’ qui – Corvo indica lo schermo, di cui Freeman riesce a riconoscere solo la propria foto segnaletica, risalente a qualche anno prima. Scatta in piedi e si avvicina alla “scrivania”.

-Rapina a mano armata, furto con scasso, traffico illecito di armi ed esplosivi, frode, estorsione, detenzione di sostanze stupefacenti… hai fatto davvero tutte queste cose ?

-Non proprio tutte da solo… la droga la custodivo soltanto per un mio amico, comunque.

-Sì, dicono tutti così. Mi aspettavo qualcosa di più semplice, sai ? Sono migliorati tantissimo dall’ultima volta. Se non avessi avuto questa meraviglia di supercomputer…probabilmente avrei già dovuto lasciare una mezza dozzina di tracce, ma così siamo al sicuro.

-Come ti pare. Ehi, che vuol dire quel simbolo ?

-Significa che c’è un dossier 6-10 su di te.

-Cioè ?

-Classificato. F.B.S.A.

-Dovevo aspettarmelo.

-Già, dovevi. Le meraviglie della burocrazia; ci sono sicuramente almeno quattro dossier su di te, ma non è questo il bello.

-Non me ne frega un cazzo, Corvo. Puoi modificare i miei dati, già che sei dentro ?

-Senza problemi, ma persino tu dovresti immaginare che non c’è una sola copia di questi.

-Senti, ho le mie ragioni…tu cancella solo il fatto che sono Switch.

-Lo sto facendo, ma non sarebbe indispensabile. Come stavo per dirti…il bello è che la polizia non ha accesso ai dossier FBI ed FBSA su di te; solo per sapere che ci sono serve avere un grado bello alto.

-Perché ?

-Perché c’è un dossier segreto su di te, e di livello abbastanza alto. Che hai fatto, hai rapinato Fort Knox per essere schedato così ?

-Ecco…

-Visto che la documentazione tira in ballo così tante organizzazioni, ci sono dei problemi su chi ha la precedenza su cosa, e l’FBSA non ha ancora concordato dettagli del genere. E’ raro che un criminale di basso calibro venga schedato a questo livello di segretezza da così tante agenzie. E dovrebbe restare così finché non passa un certo disegno di legge, così i dossier sono ancora classificati. Le leggi sui super-umani sono veramente un casino di questi tempi.

-Devo essere il più fortunato figlio di…

-Probabilmente. Vuoi combinare un bel casino, eh ? Considerando tutti gli attriti tra le varie forze dell’ordine, non farai fatica. Dove sono i dati che devo…

-Tieni – risponde Freeman porgendogli un paio di fogli spiegazzati. Corvo li legge velocemente.

-“Conrad Freeman”… un parente ?

-Mio padre.

-Vuoi incastrare tuo padre !?

-Tu non lo conosci. Ora datti da fare ed esci di lì.

-Hai qualcosa in mente, vero ?

-Ho qualcosa in mente.

-E non me lo dirai.

-No.

-Posso conviverci. Qualunque cosa sia, dev’essere decisamente fuori di testa. Ecco, ho fatto…ma non ci conterei troppo. Hai in mente altro ?

-Hhhmm. Forse è il caso di dare un’occhiata al dottor Becket.

-Chi ?

-Il tizio che mi ha dato i poteri. Mi aveva fatto uscire lui di prigione…ed è stato lui a fare subito il mio nome. Sarà da qualche parte.

-Adesso cerco. Ehi, stavo pensando…non è tutto un complotto del padrino russo, vero ?

-Eh ?

-Okay, immaginavo non ne potessi parlare.

-Che stai dicendo, Corvo !?

-No, niente, davvero. Ah, trovato…Albert Becket, è lui ? Hhmm, protetto bene. Mi ci vorrà qualche secondo.

-Cos’è questa storia del complotto ?

-Gira una voce.

-Quale voce ?

-Che Ran, il padrino russo, sta assoldando super-criminali. Dicono che abbia in mente qualcosa di grosso.

-Può darsi; io faccio solo quello che mi dice di fare, e sto zitto.

-Eccoci qui… non c’è un granché, comunque. 7-12, SHIELD.

-Ne ero sicuro. Becket era nell’AIM.

-C’è roba molto vecchia, qui dentro. Ehi, guarda un po’…suo fratello maggiore era uno degli uomini di Mason, alla fine dei 60.

-C’è niente che possa darmi fastidio ?

-No, niente. Figurati se lo SHIELD rende pubbliche le informazioni. E non pensare neanche di dirmi di irrompere nei loro computer.

-Non penso mi servirebbe a molto. Okay, abbiamo finito.

-Non credevo tenessero cose così vecchie in archivio, comunque…Voglio dire, addirittura cose sul Signore delle Ombre, ancora un po’ e la polizia diventerà affidabile, roba da matti.

-Spero sia quando me ne sarò già andato in…aspetta, il signore di cosa !?!?

 

Magazzini Eldridge.

-Se non è un’invenzione perversa della tua mente malata, Shades, non puoi farcela da solo. Dobbiamo allertare tutto il Circolo.

-Con che risultati ? Quando Shatter ha provato una cosa del genere ci è rimasto, e dopo mille anni le Luci sono solo peggiorate.

-Non mi piace per niente. La morte del nonriflessoquattro fu una mia responsabilità. E dopo quello che hai combinato con il tuo sottoposto…

-Ehi, Mason era assolutamente inaffidabile. Sarebbe stato solo un peso; molto meglio per come è andata. Lavoro meglio da solo, Sharp, lo sai benissimo. Mi serve soltanto del tempo, tutto qui.

-Tempo che non abbiamo. Le Luci stanno preparando qualcosa, l’ho scoperto in questi giorni. Potremmo dar loro battaglia, ma… non vinceremmo. Mai.

-Hm. E’ pericoloso affrettare le cose…Freeman potrebbe capire qualcosa.

-E se capisse, Shades ?

-Allora potrebbe essere l’unico ad uscirne vivo. Per fortuna, a quello non verrebbe mai in mente uno straccio di piano, quindi escludendo la pura fortuna non dovrebbe accorgersi di niente.

-Non mi piace affidarmi al caso, Shades. Ti ho già concesso molto; ora devi accelerare i tuoi piani.

-Un’ultima possibilità, Sharp. Un mese soltanto; se scoprisse qualcosa, accelereremo.

-Una settimana.

-Starai scherzando !!!

-Sei giorni.

-Lo vuoi capire che…

-Cinque.

-Va bene. Cinque dannatissimi giorni, e sia. Non è grave, in fondo. Posso farcela, sai ? E poi non c’è niente a New York che gli possa far capire qualcosa.

-E al di fuori ?

-Non lascerà la città. Abbiamo un accordo.

 

Il solito magazzino.

-Non hai mai sentito parlare del Signore delle Ombre ?

-Anche se conosco qualcuno che parla sempre e solo di ombre…no.

-Non c’è sito sulle cospirazioni che non ne parli. Aldous Mason, il Signore delle Ombre, era la più famosa spia super-umana degli anni 60.

-Per chi lavorava ?

-Per chiunque pagasse.

-Mi sta già simpatico.

-Girava voce che fosse in grado di vedere attraverso le ombre, da qui il suo nome. Forse era un mutante, anche se non credo che all’epoca li chiamassero già così.

-L’hanno preso ?

-Certo. E’ da lì che partono tutte le teorie dei complotti su di lui, dato che dopo è scomparso. Non si sa niente di lui dal 1970; secondo la leggenda, da allora lavora per il governo o per qualunque agenzia super-segreta ci si possa inventare. Al meglio sarà una mummia, dovrebbe avere sui 95 anni adesso.

-Cos’ha a che fare il fratello di Becket con lui ?

-Reclutava personale. Il Signore delle Ombre usava degli ex-galeotti come spie, a volte pagando le cauzioni; diceva di essere in grado di vedere attraverso le loro ombre, quindi li mandava tutti nei luoghi dove c’era qualcosa da scoprire. Generalmente facevano una gran brutta fine.

-Brutta storia. Non mi piace, ci sono troppe coincidenze. Nessuna notizia su questo Mason ?

-Solo la sua ultima abitazione conosciuta. Lo confinarono lì per un paio di mesi, poi non si seppe più nulla.

-Non è strana come procedura ?

-Il fatto che si sappia ancora l’indirizzo è ancora più strano, però è vero. Posso rintracciartelo facilmente.

-Troppo facile, mi sa di fregatura. Dammi l’indirizzo del fratello di Becket.

-Fammi vedere se… No, non posso. E’ morto sette anni fa di cancro ai polmoni.

-Vada per l’indirizzo.

-47 Guilden Street, New Brunswick, New Jersey.

-Merda.

-Il solito newyorkese. E’ il New Jersey, non l’inferno…

-Non è per quello. Potrei avere qualche problema a lasciare la città…non che ti debba interessare, chiaro. Puoi anche staccarti.

-Okay. Allora, ho fatto un buon lavoro ? Marasso non mi staccherà la testa ?

Sentendo il proprio nome, il cyborg si alza un po’ di più; sembra sempre piuttosto basso con la sua solita postura, ma è veramente imponente. Quando i suoi occhi incontrano quelli di Corvo, muove velocemente la lingua biforcuta. L’hacker si limita a storcere la bocca e a riporre il portatile nella borsa.

-Sì, e poi chi chiamo se quello si blocca ? E poi se spifferi tutto rischi molto più di me, quindi non ti conviene.

-Dì un po’…tutto questo non è stato solo per evitare che tua sorella, un semplice agente, scoprisse la tua identità segreta vero ?

-Non sono affari tuoi.

-Lo sai che non ti coprirò per sempre, Freeman.

-Non importa. Sai, mi sono stufato di essere sfruttato da chiunque abbia dei progetti strani. Quindi, adesso ho un mio piano.

-La prima volta che ne hai avuto uno sei finito in galera e la seconda hai provato a rubare l’Hudson. Questa volta cosa sarà ?

Freeman si porta un dito alla bocca in segno di silenzio, sorridendo. Poi le luci si spengono, e il Corvo non incontrerà più nessuno fino a quando non sarà arrivato a casa.

 

CONTINUA…

 

 

Note

C’è poco da dire…Corvo proviene da Iron Man e si è visto su questa serie nel numero 12, con la riprogrammazione di Marasso.

Nel prossimo numero avrete una risposta su almeno la metà delle domande che possono venirvi in mente sulla trama di Luci ed Ombre, la cui risoluzione ci porterà oltre il numero 25, cambiando l’impostazione della serie e lanciando la sua nuova versione…ma è un po’ presto per parlarne, nel frattempo iniziate a pensare alle parole di Shades e alle loro conseguenze.

 

 

VILLAINS #19

 

L’uomo che sapeva troppo

 

 

New York City. Sul tetto di un palazzo che ultimamente ha visto succedere praticamente di tutto Edward Freeman, alias il super-criminale Switch, vive qui da diversi mesi. E in tutto questo tempo si è abituato a parlare con degli sconosciuti che appaiono e scompaiono nell’arco di pochi minuti.

Uno dei più ricorrenti è Shades, che lo saluta distrattamente. Freeman non lo vede da alcuni giorni e non potrebbe esserne più contento; la presenza di Shades tende a significare “guai” più spesso di quanto non capiti con il super-criminale medio. Dietro i suoi inseparabili occhiali da sole, sembra non riuscire a nascondere un certo nervosismo. Alla sua sinistra, un uomo di colore la cui pelle non solo è la più scura che Freeman abbia mai visto, ma sembra anche lacerata da migliaia di anni di lotte e sole cocente. Alla destra di Shades, una nuvola di fumo nero dalla vaghissima forma umana.

-Ah, Freeman… ti presento Sharp, nonriflessotre del Circolo delle Ombre. Credo che tu conosca già Smoker.

-Già. Senti, dovrei… Ehi, aspetta. Sharp…Shades…e Smoker, giusto ?

-Giusto.

-Avete anche Shaft, tra i vostri ?

°non in questo ° periodo – risponde il fumo nero.

-Senti un po’, ho un favore da chiederti.

Shades alza un sopracciglio, e lo sguardo di Sharp si fa ancora più affilato.

-So che avevamo un accordo, e che non mi posso allontanare da New York, ma… ho degli affari molto importanti da portare a termine, nel New Jersey.

-Il New Jersey – sottolinea Sharp.

-New Brunswick, per la precisione. Ci metterò solo poche ore, credo.

°new brunswick – sottolinea anche Smoker.

-Non farò storie se vai, Freeman…ma ti consiglierei di non andarci.

-Motivo in più per farlo immediatamente, conoscendoti.

Shades cerca di fermarlo, ma Freeman scompare subito in un grosso portale di teletrasporto. Gli altri due nonriflessi lo fissano con sguardo di riprovero.

°questo è troppo ° Shades ° non possiamo permetterci un altro ’66 ° prendiamo noi la situazione in mano, adesso°

-Scheisse – mormora a denti stretti.

 

A venticinque chilometri da Harrisburg.

Lucy entra nel vagone, guardandosi nervosamente attorno. Qualcuno fissa gli spessi guanti che porta alle mani, adatti a tutt’altre temperature, ma distolgono lo sguardo subito dopo. Senza alzare troppo lo sguardo da terra, Lucy percorre tutto il vagone fino a sedersi all’ultimo posto, isolata.

Tutto ciò che sa è che si trova su un treno diretto a New York. Non ricorda di essere arrivata ad Harrisburg, di aver comprato il biglietto o di aver preso il treno… ricorda solo di essersi trovata a bordo. Queste cose accadono a Lucy ormai da anni, ma non significa che ci sia abituata. Lucy non è neanche sicura che questo sia il suo vero nome, non ricorda la propria casa o la propria vita, ma sa di dover trovare qualcuno, e che niente al mondo glielo impedirà. A Lucy capita molto spesso di sapere delle cose così, dal niente.

Quando Lucy si siede, la porta in fondo al vagone si apre ancora. Lucy non ha bisogno di guardarla…uno dei suoi flash gliela mostra. La prima cosa che il flash le mostra sono un paio di scarponi quasi militari, poi un paio di pantaloni neri molto aderenti, un top di lana nero e una giacca militare verdognola dall’aria molto vissuta, su cui ricade una lunga coda di cavallo castana. Nella tasca interna della giacca ci sono una cartina degli Stati Uniti, un opuscolo sui principali aeroporti del Paese con riferimenti incrociati, una penna rossa e un pennarello nero; nella tasca sinistra, un giornale di Minneapolis di due giorni prima e il biglietto.

Il flash è istantaneo; Lucy si alza immediatamente e passa all’altro vagone, seguita dalla donna. Lucy attraversa anche il vagone successivo, più nervosamente, e la donna continua a seguirla, anche se più distanziata. Lucy accelera il passo, e la donna adegua la propria velocità.

A metà del quarto vagone, Lucy si ferma. Le stanno tremando le mani. Sa già cosa sta per succedere… non sarebbe la prima volta, ma per un attimo cerca di rimanere se stessa, di non far vincere la forza sconosciuta che si è impadronita della sua vita.

-Biglietti, prego ?

Lucy si toglie il guanto destro più velocemente di quanto abbia mai fatto, ed un raggio di luce purissima attraversa la testa del controllore, che immediatamente cade a terra privo di vita. Lucy ignora le grida dei passeggeri e si volta, indicando con la mano scoperta la donna che la seguiva, immobilizzata.

Un altro raggio di luce, più ampio, colpisce la donna e la scaraventa violentemente contro le porte del vagone, che si deformano leggermente nell’impatto. Lucy corre verso il collegamento con il vagone successivo, e lancia un raggio di luce verso il pavimento. Il treno inizia a rallentare, prima in modo impercettibile, poi sempre di più. Quando si è fermato, Lucy si rimette il guanto ed apre l’uscita, correndo via.

Il treno riparte, e qualcuno controlla lo stato della donna colpita. Si rialza quasi subito, portandosi una mano alla schiena. Poi, stringendo i denti, si avvicina ad uno dei posti a sedere, afferra il vano portaoggetti con entrambe le mani, e con un salto quasi acrobatico rompe uno dei vetri gettandosi fuori. Mentre il treno si allontana, qualcuno riesce ancora a vedere Pathfinder rincorrere Lucy correndo ad una velocità sovrumana…

 

47 Guilden Street, New Brunswick, New Jersey.

Dopo essersi guardato intorno ed aver controllato più e più volte l’indirizzo, Freeman si decide a suonare il campanello, solo per scoprire che non c’è. Ripensandoci, cosa avrebbe potuto dire ? “Salve, sono un supercriminale…anche lei lo era, tempo fa ?”

Poco convinto, bussa un paio di volte alla porta. Nessuna risposta, ovviamente. Sta per teleportarsi dentro quando la serratura scatta da sola. Freeman apre molto lentamente la porta, entrando nel classico ingresso della classica villetta americana. E’ ancora mattino, ma dentro la luce è molto bassa. A lui va benissimo.

-Entri, entri pure…la stavo aspettando – lo chiama dalla stanza adiacente un uomo dal leggero accento inglese.

Con estrema calma, Freeman oltre passa il corridoio per entrare in una stanza finemente arredata. Solo dai tappeti potrebbe ricavare più di mille dollari, pensa Freeman. Solo dopo aver fatto questo rapido conto mentale si degna di guardare il proprietario della casa.

Seduto sulla poltrona, un uomo di mezz’età gli sorride. Per descriverlo, è sufficiente dire che potrebbe essere un sosia di Alfred Hitchcock con una trentina di chili di meno. Freeman ricorda di aver guardato alcuni bottini con lo sguardo che ora il proprietario gli sta restituendo.

-La prego, si sieda. Le offrirei da bere ma, purtroppo, non ho della birra in casa e so che lei beve quasi esclusivamente quella.

-Sto cercando il signor Aldous Mason.

-Sono io – risponde allargando il sorriso.

-Sono sicuro di cercare un altro Aldous Mason, che dovrebbe avere circa…

-97 anni, sì. Mi tengo in forma, se così vogliamo dire. Ora le dispiacerebbe sedersi, signor… Oh, posso chiamarla direttamente Switch ?

-Come fa a sapere – sbotta subito Freeman, portando una mano alla giacca.

-Si calmi pure, Switch, e si sieda la prego. Non c’è bisogno di usare le armi.

Freeman non sembra particolarmente persuaso dalle sue parole, ma si ferma. Gli occhi di Mason sono appena diventati completamente neri.

-Ha una Beretta 92 calibro semi-automatica nove millimetri a 15 colpi nella tasca interna della giacca. Giusto perché lo sappia, appena le sue dita sfioreranno quell’arma, io estrarrò una Russian Makarov 5.45 e le sparerò alle gambe.

Continuando a fissare gli occhi quasi vuoti di Mason, Freeman allontana la mano dalla giacca e si siede. Gli occhi tornano normali.

-Sa, è sempre utile avere una passione per le armi. Certe cose risultano molto più plausibili se si hanno certe conoscenze.

-Però ho effettivamente una Beretta 9 mm in tasca. Come fa a saperlo ?

-Posso non essere più il Signore delle Ombre, ragazzo mio, ma non sono ancora pronto per andare in pensione, nonostante quello che possono pensare all’anagrafe.

-E’ stupido usare un trucco del genere e rivelarlo subito. Se si intende di armi, e sapeva che stavo per arrivare, perché non ne ha tenuta pronta una ?

-Non ho armi in casa – risponde seriamente Mason, lasciando scomparire il sorriso – Le pallottole possono fare ben poco ai miei nemici.

 

Freeman si guarda intorno, ancora a disagio in quella casa. Si sente stranamente osservato, anche più del solito.

-Dunque, signor Mason… ho scoperto alcuni contatti con il dottor Becket, l’uomo che mi ha fatto uscire di prigione e mi ha dato i poteri.

-Non serve che mi racconti tutto, Switch… ho visto e sentito tutto quanto.

-Sono sicuro che non ci fossero microspie. Ho passato al setaccio tutto quanto il magazzino prima di far lavorare Corvo.

-Oh, non servivano. Altrimenti, durante la guerra fredda avrei avuto troppi concorrenti, non le pare ? Ho il potere di vedere attraverso le ombre, tra le altre cose. Uno dei pochi poteri che mi è rimasto, a parte questo – si picchietta brevemente la fronte con l’indice – E finora ha sempre funzionato.

-Questo non sarà mica un altro piano complicato di voi tizi delle ombre ?

-Certo che è un piano, Switch. Ma è tutt’altro che complicato, e soprattutto non è più una questione che possiamo lasciar gestire solo dalle Ombre, o più precisamente dal Circolo delle Ombre.

-Il Circolo…?

-La piccola ma millenaria società segreta che riunisce chiunque sia entrato in contatto con l’Oscuro. Lei conosce la leggenda sull’origine delle Luci e delle Ombre, Switch ?

-No, non la conosco e non mi interessa.

-Dovrebbe. Se ci fosse stato anche lei, agli inizi degli anni 30, in certe spedizioni in Groenlandia…

-Le ripeto che non mi interessa la storia, signor Mason. Voglio solo sapere cosa ha a che fare lei con i miei poteri.

-Allora ascolti la leggenda. All’inizio dei tempi, la luce e l’ombra erano la stessa cosa. Inseparabili, indistinguibili, un solo concetto. Poi, la Luce colpì l’Ostacolo. Ciò che risultò dallo scontro di Luci ed Ombre divenne il mondo che conosciamo. La prenda pure come una storiella, una spiegazione mitologica della creazione del mondo.

-Ma io sono stato nella Dimensione delle Ombre. Tutta questa roba è reale ?

-Oh sì. Reale quanto la paura.

-Questa non è una risposta…

-Certo che lo è, solo che si rifiuta di accettarla. Per lei è più facile vedere tutto quello che ci è successo come una specie di allucinazione. Ma non importa, tutti abbiamo le nostre piccole illusioni personali. Così come, probabilmente, le avevano le Luci e le Ombre.

-Conosco le Ombre, ma chi sarebbero queste Luci ?

-E’ ben oltre la nostra capacità di comprensione, mi creda Switch. Quegli esseri non ci interessano, sono troppo impegnati nei loro piccoli mondi astratti per badare a cose come l’universo. La storia che ci interessa veramente inizia nella notte dei tempi… o all’alba dell’umanità, a seconda delle interpretazioni. Le Ombre decisero di dare un’occhiata al mondo proprio quando un uomo stava guardando dalla loro parte.

-In una sorta di “stato di coscienza dell’ombra”… - mormora Freeman, ricordando i suoi discorsi con Shades.

-Ovviamente, le Luci fecero lo stesso. Fu una donna a guardare nella loro direzione. Sia lei che l’uomo ricevettero un potere immenso dalle loro visioni, divenendo dei riflessi di ciò che videro.

-Riflessi e… non-riflessi.

“Non posso credere a quello che ho detto !!!” riflette Freeman, constatando che tutta la storia ha una sua folle logica.

-Vedo che comincia a capire. Luci ed Ombre temettero che questo potesse portare alla propria distruzione, così crearono una sorta di “regola del vantaggio”. Se le ombre avessero fatto un qualunque progresso, le luci avrebbero fatto altrettanto, e viceversa. Due eterni rivali condannati ad un pareggio eterno.

-Cioè se vinceva uno vinceva anche l’altro ?

-L’esatto opposto. Nessuno dei due poteva vincere. Se un altro uomo accedeva al potere delle Ombre, una donna entrava in contatto con le Luci. Nacque il primo Cacciatore d’Ombre, e poco dopo si risvegliò un Cacciatore di Luci.

-Un bel casino. E alle Ombre non importava ?

-Riescono a malapena a pensare ad un mondo con più di due dimensioni, figuriamoci se possono formulare strategie per i suoi abitanti. Vedi… non tutti hanno il potenziale di entrare in contatto con l’oscurità. Attualmente, solo ottantamila persone hanno questa capacità. Praticamente ogni cosa può metterli in contatto con quella parte di se stessi… per loro, anche solo restare chiusi al buio per un giorno è sufficiente.

-E io sarei uno di questi ?

-Ovviamente, o non staremmo neanche parlando. Ora… quando qualcuno entra in contatto con questa forza, noi lo definiamo “matrice”. Tutti quelli in grado di utilizzare l’energia extradimensionale chiamata “Forza Oscura” sono delle matrici, per esempio.

-Mi faccia indovinare… anche i nonriflessi.

-Sì. Quelli che accettano l’oscurità, che si fondono con essa, diventano un suo riflesso.

-Queste mi sembrano solo stronzate New Age, signor Mason…

-Anche io pensavo fossero solo dei miti. Fino a quando, nel 1937, non parlai con un giovanotto poco più che ventenne che aveva sentito parlare delle mie ricerche antropologiche. Si chiamava Lukas Zeller, ma anni dopo prese il nome di Shades.

 

Stazione di Reading. Lucy si guarda intorno, ancora poco certa di come sia arrivata fin lì. L’ultima cosa che ricorda è di essersi trovata su di un treno… e adesso ne sta aspettando un altro. Deve assolutamente arrivare a New York, non c’è altra scelta. Quando vede arrivare il treno si aspetta di ricevere un altro flash, ma la sua mente è sgombra. Chiunque fosse la donna che la seguiva, adesso non c’è più.

In lontananza, appollaiata sul tetto della stazione, Pathfinder osserva la sua preda allontanarsi, mentre recupera il fiato.

“Certo che mi ha fatto fare una bella corsa… i muscoli delle mie gambe sono decine di volte più efficienti di qualsiasi corridore alle Olimpiadi, ma sono veramente sfinita. E’ davvero una preda tosta, devo seguirla a distanza. Comunque l’azzardo ha funzionato, adesso ho registrato le sue onde cerebrali anche quando sfasa le altre…credo lo faccia anche quando usa i suoi poteri. Se ho ragione, si fermerà una volta a New York, ma preferisco seguirla che dare un’informazione errata alla Reflex Technologies. Non so perché, ma non mi hanno dato l’aria di essere molto affidabili”.

Il treno è ormai al di là dell’orizzonte, anche se il cervello di Lucy è ancora chiaro come il sole per il suo sesto senso mutante. Leah si alza in piedi, si sgranchisce le gambe e scioglie i capelli.

“Okay, ragazza mia, non hai mai perso una preda e non comincerai adesso che la cosa si fa interessante. Il mio lavoro finisce quando lei si ferma, ma voglio proprio scoprire cosa c’è dietro tutto questo”.

Come se si trattasse di scendere un paio di gradini, Leah salta giù dal tetto atterrando con una naturalezza ineguagliabile. Tra gli sguardi stupidi dei presenti, entra nella stazione e si dirige a lunghi passi alla biglietteria. Le costerà i suoi ultimissimi risparmi, ma non sono soldi che le dispiace spendere.

-Un biglietto di sola andata per New York City, grazie.

 

New Jersey.

-Shades era già in giro nel ’37 !?

-All’epoca non diedi troppa importanza alle parole di uno sconosciuto più giovane di me di quasi dieci anni, e senza nessuna formazione ufficiale. Solo nel ’56 compresi tutti i suoi discorsi farneticanti sulla potenza metafisica delle ombre…sono sicuro che li ha fatti anche a te.

-Ma come ha ottenuto veramente i suoi poteri ?

-Oh, quello. Mio padre mi chiuse per due intere settimane in uno stanzino buio senza cibo, acqua o la possibilità di parlare con nessuno…a parte le ombre.

-…

-Sì, è sorprendente quanto possano essere banali i contatti con l’Oscuro. D’altronde, ai miei tempi, le origini dei metaumani erano molto più semplici di quelli di oggi. Se avessi compreso subito tutto questo, sarei stato io il nonriflessosette, con vent’anni di anticipo rispetto a Shades.

-Quindi anche lei fa parte di questo “Circolo delle Ombre” ?

Finora, Mason sembrava entusiasta della storia che stava raccontando, come se fossero i bei ricordi. Adesso, il suo volto si è rabbuiato.

-Un tempo. All’interno del Circolo ero Sham, “inganno”. Non avrei potuto scegliere un nome migliore. Nel ’56, comunque, avevo appena passato i cinquant’anni ed avevo alle spalle un’eccellente carriera di studioso dei popoli primitivi, ed una vita di stenti… e mi ritrovavo con dei super-poteri. Non dovrebbe stupire, data la situazione dell’epoca, che mi fossi dato allo spionaggio.

-Quando divenne il Signore delle Ombre e mise su la sua organizzazione.

-Sì. Ed ero anche dannatamente bravo…America e Russia pagavano molto bene i rispettivi segreti. Quando iniziai a farmi una certa reputazione, però, fui contattato da Shades. Mi disse tutto ciò che ha detto a te e quello che ora ti ho rivelato, e mi convinse ad unirmi al Circolo delle Ombre.

-Come mai ? Shades non lavora per soldi, e probabilmente neanche gli altri.

-Verissimo. Però, Switch, le cose che mi promisero… la piena comprensione dei segreti delle Ombre. La possibilità di vivere per sempre. Il non poter essere feriti, mai più. Come potevo non accettare ? Tuttavia… non mi dissero mai il prezzo che c’era da pagare. Le ombre possono vivere migliaia di anni, ma al prezzo della propria umanità. I nonriflessi sono vere e proprie ombre viventi. Non farti ingannare dal loro aspetto umano. Il loro corpo è la loro ombra e la loro ombra è il loro corpo, se capisci cosa intendo.

-No, non lo capivo neanche quando lo spiegava Shades.

-Se sparassi alla tua ombra, ti farei male ?

-A meno che io non stia in mezzo…no.

-Per Shades vale la stessa cosa. Provare a ferire il suo corpo è come cercare di colpire un’ombra. Ma non sono invincibili, sai ? Hanno una debolezza grossa come una casa, e la loro forza sta unicamente nel non rivelarla. Mai.

-E quale sarebbe ?

-Te l’ho già detto… il loro corpo è la loro ombra e la loro ombra è il loro corpo. Se lo dimentichi, sei morto. Per tornare alla tua domanda…

-…finalmente…

-Ti ho dato i poteri per dare l’ultimo colpo alla lotta tra le Luci e le Ombre.

-Perché ? Se eri uno di loro…

-Lo ero, Switch, finché non scoprii perché esiste il Circolo.

-E sarebbe ?

-Nel ’66, io e Shades eravamo controllati a vista dal resto del Circolo. Shades aveva in mente qualcosa, e me lo confidò. Mi disse che non era un caso se aveva ottenuto i suoi poteri durante la Seconda Guerra Mondiale. A quanto pare, sia le Luci che le Ombre uscirono vincitori dal conflitto mondiale, perché entrambi erano contro i nazisti. L’eventualità di una loro egemonia mondiale era troppo oscura per le Luci e troppo ottimista per le Ombre. Ma, se ricorda bene, Switch, le due fazioni dovevano essere condannate a restare alla pari. Invece vinsero entrambe, e tutto il delicato equilibrio tra le due potenze metafisiche andò in frantumi.

-Non sono sicuro di capire cosa c’entri tutto questo…

-E’ complicato, lo so. Comunque, Shades “nacque” proprio durante la distruzione dell’equilibrio. Ai suoi occhi, la millenaria guerra tra Luci ed Ombre era insensata, ma non se ne poteva tirare fuori. Nei suoi intrighi scoprì il fine ultimo del Circolo… far precipitare il mondo in uno stato di caos assoluto, e ti ricordo che per loro i nazisti erano troppo morbidi.

-Non vedo Shades ad opporsi ad una cosa del genere, sinceramente.

-Non lo fece, all’inizio. Poi scoprì che, una volta al secolo, devono nascere un Portatore d’Ombra e un Portatore di Luce. Se soltanto uno dei due sopravvivesse fino alla nascita del successore, avrebbe in mano il destino del mondo. Il motivo per cui Luci ed Ombre si combattono è per uccidere il Portatore del nemico, secolo dopo secolo, generazione dopo generazione. Il ventesimo secolo, però, non ha avuto nessun Portatore, e Shades lo aveva previsto già nel ’66. Alla luce di questo, tutta la guerra era inutile e patetica. Fummo scoperti, e l’unico modo che Shades ebbe per salvarsi fu di dare la colpa a me. Così, nel 1967 venni espulso dal Circolo delle Ombre, mi venne tolta gran parte dei miei poteri, e mi feci arrestare nella speranza che le forze dell’ordine potessero salvarmi da loro.

-Wow. Quindi le Ombre vogliono una specie di nuovo Inferno ?

-Molto, molto peggio.

-Non capisco cosa c’entri tutto questo con me, signor Mason.

-Switch… lei si interessa mai a qualcosa che non abbia a che fare con le sue tasche ?

-Molto raramente.

-Allora forse dovrebbe iniziare, o si ritroverà ad essere un’ombra sgradita sul muro. Le ho raccontato la storia segreta del mondo… ed il motivo per cui ho fatto sì che lei, una matrice che non era destinata a diventare un nonriflesso, ottenesse dei super-poteri che la mettessero in contatto con l’Oscuro. Ho lavorato a tutto questo dal 1970, quando mi sono comprato la libertà concedendo certo documenti che compromettevano molti esponenti di governo.

-E quindi ?

-Sigh… Ho scoperto il fine ultimo del Circolo delle Ombre. Mi hanno cacciato perché sapevo troppo. Ho deciso di distruggere tutta la loro piccola guerra. Ho trovato il modo per dare i poteri dell’Oscuro ad una normale matrice. Ne ho scelta una a caso ed ho aspettato che fosse notato dalle Ombre. Ed ora, eccoti qui.

-E se io non volessi distruggere tutto questo ? Se a me non interessasse niente di tutto quello di cui abbiamo parlato ?

-Oh, ti interesserà. E’ facile ignorare certe cose quando non si è coinvolti. Quando la tua vita inizierà a dipendere dai segreti che conosci… capirai.

-Quindi non c’è modo per liberarmi di Shades e continuare a fare il super-criminale in santa pace ?

-No.

-Grande. Ho perso una giornata di lavoro per non scoprire un bel niente…

Freeman si alza in piedi nervosamente, si allontana di pochi passi e scompare da un secondo all’altro. Aldous Mason torna a sorridere, afferra una bottiglia sul tavolino di fianco al divano e si versa da bere.

 

Pochi minuti dopo, Mason ha già bevuto tre bicchieri abbondanti. Con un lungo sospiro, si alza in piedi e rimette a posto la bottiglia. Si aggiusta il costoso vestito che indossa, si aggiusta il leggero riporto, e poi si volta.

-Sono pronto.

Davanti a lui, due ragazzine di poco più di quindi anni lo fissano con uno sguardo agghiacciante e le mani risplendenti di luce.

-Layout…Lifelike… a cosa devo l’onore, dopo tanto tempo ?

-Miss Lighter vorrebbe farle delle domande sul suo ospite di oggi, signor Mason. La prego di seguirci senza fare storie – gli risponde la ragazza con la giacca universitaria. L’altra interviene, parlando senza mai sbattere le palpebre.

-Potrei duplicarlo, nel caso quel nonriflesso dovesse tornare per lui.

-Temo che entrambe le cose siano impossibili, signorine. Abbiamo preso delle misure per mettere Switch fuori dalla vostra portata. Per quanto riguarda l’adorabile Lighter, avrei qualcosa per lei…

Mason porta la mano alla tasca interna della giacca, e fa in tempo ad estrarne qualcosa prima che un raggio di luce lo raggiunga. Aldous Mason cade immediatamente a terra, rumorosamente.

-Idiota… - mormora Layout – Forse ragionerà meglio adesso, con il cuore al posto del cervello e viceversa. Come se non lo avessimo tenuto d’occhio per tutto questo tempo…che imbecille.

-Aveva qualcosa in mano – interviene Lifelike, spegnendo la luce attorno alle mani ed aprendo quella destra di Mason. Al suo interno, solo un biglietto da visita.

-Che c’è scritto ? Forse è un messaggio per Lighter.

-Conosci il tedesco ?

-Un po’. Fammi vedere…

“Leck mich am Arsch, Hure – Shades“

-Che significa ?

-Che Lighter non sarà affatto contenta.

 

New York City, tardo pomeriggio. Freeman sta tornando a casa, facendo due passi invece di teleportarsi direttamente nell’appartamento. Il suo umore non potrebbe essere più nero, o almeno così crede.

“Speravo di poterci guadagnare qualcosa, da tutta questa faccenda delle Ombre” pensa mentre sale le scale “E invece cosa ho scoperto ? Che sono rimasto invischiato in un mucchio di fanatici dell’occulto che si credono delle ombre immortali e vogliono far fuori un altro gruppo di fanatici. Shades mi ha aiutato tantissimo con i miei poteri, ma ho l’impressione che voglia molto di più. Perché non mi ha detto subito tutte quelle cose ? Che ci faccio io in mezzo a questa gente ? Cazzo, io volevo solo fare dei soldi, non fare il tirapiedi dei primi pazzi che passano… Ci sarà pure qualcosa di meglio da fare, per uno con i miei poteri !”

Finita la rampa di scale, Freeman si chiede come mai sia così silenziosa. Nel suo corridoio ci sono due uomini che non conosce, con dei lunghi impermeabili ed una faccia poco contenta. Gli è chiaro fin da subito che non si tratta di nessuno degli scagnozzi di Ran.

-Che ci fate qui ? – è la cosa più cordiale che riesce a dire. Apre meglio la giacca, per poter prendere la pistola più in fretta se fosse necessario. Nel suo lavoro, non si può mai sapere.

-Il signor Edward Freeman ? – chiede uno di loro, prendendo qualcosa dalla tasca dei pantaloni.

-No. Smith.

L’uomo estrae un distintivo e lo mostra a Freeman, che muove molto lentamente la mano verso la pistola. L’altro agente lo nota, così Freeman allontana la mano… può sparire in un battito di ciglia, se necessario,.

-Ispettore Chalmers della Omicidi. Sappiamo che è lei, Freeman, ce l’hanno detto i suoi vicini.

“E’ il momento migliore per scomparire” pensa “No, un momento…forse non sono ancora fregato. Meglio stare calmo, forse vogliono solo farmi qualche domanda su qualcuno. Un secondo…la Omicidi ?”

-D’accordo, mi chiamo Freeman. Cosa volete da me ?

-La prego di non fare storie e di seguirci in centrale, signor Freeman – intima il secondo agente, avvicinandosi – Ci lascia entrare lei, o dobbiamo buttare giù la porta ?

-Non potete entrare senza un mandato, non mi fregate.

-Allora meno male che mi sono ricordato di portare il mandato di perquisizione, no ? – scherza l’ispettore, mostrando a Freeman un foglio.

-C’è qualche problema, signor Freeman ? – domanda l’agente, vedendo le prime gocce di sudore sulla fronte di Freeman, ed il suo guardarsi nervosamente intorno.

“Sì che c’è qualcosa che non va, cretino, non riesco a teleportarmi !”

-Coraggio, signor Freeman, non faccia-

Con uno scatto il più veloce possibile, Freeman si volta e colpisce l’agente al naso, facendoglielo sanguinare. Sta per mettersi a correre, quando vede l’ispettore estrarre la pistola. Freeman si trova improvvisamente con poche opzioni, e viene afferrato per un braccio dall’agente, che glielo torce dietro la schiena sbattendogli la faccia contro il muro. E’ quasi in preda al panico, oramai.

“Niente teletrasporto ! Niente portali ! Niente pistola ! Che cazzo faccio adesso !?!?” – pensa mentre l’ispettore si assicura che il naso del collega sia ancora al suo posto. Poi, riprendendo il fiato, l’agente gli blocca anche l’altro braccio e lo ammanetta.

-Edward J. Freeman, la dichiaro in arresto per l’omicidio di Joseph Bernstein. Ha il diritto di restare in silenzio; qualunque cosa dirà potrà essere usata contro di lei in tribunale. Ha il diritto di scegliersi un avvocato, se non se ne può permettere uno le verrà assegnato un difensore d’ufficio. Ha capito bene quali sono i suoi diritti ?

Freeman impreca a denti stretti e scende le scale con i due agenti. Al primo piano, vede la piccola scala che conduce alla cantina dove sta riposando Marasso, pienamente in carica. Davanti alla porta, Freeman si riempie i polmoni e si prepara a chiedere aiuto.

 

CONTINUA…

 

 

Nel prossimo numero:

Freeman è stato arrestato per omicidio…di chi ? E’ stato lui ? Perché ? Che faranno le Ombre ? Come la prenderanno i suoi vicini ? E i suoi colleghi ? E l’ospite d’onore a sorpresa ? Fate troppe domande.

 

 

Note

Vi avevamo promesso la risposta a quasi tutte le domande sorte sulle Ombre, e ci siamo arrivati. Adesso conosciamo le loro origini, il motivo della loro lotta alle Luci, il ruolo di Freeman, i retroscena dell’origine di Switch, il vero nome di Shades, ed altro ancora.

Cosa resta da dire ? Che se la situazione adesso è più chiara, ci sono ancora molte questioni insolute. La Cacciatrice d’Ombre si sta avvicinando alla preda, pedinata da Pathfinder. Perché questo è così importante e come faranno entrambe le fazioni a trarre dei benefici da questa situazione saranno le domande che verranno risolte nella saga in tre parti che inizia nel prossimo numero.

Infine, un paio di spiegazioni per chi non ha la più pallida idea di cosa sia il tedesco. All’inizio della storia Shades si lascia scappare “Mer – forse è meglio non tradurre. Nel biglietto affidato a Mason, invece, era scritto il messaggio “Và a farti – ehm, ripensandoci, meglio lasciare le cose come stanno, tanto avete capito.