VILLAINS #13-19
BRANCOLANDO NEL BUIO
Terminato il primo periodo della vita da super-criminale di
Edward Freman, inizia una fase in cui cercherà di capire la portata dei propri
poteri, il proprio ruolo nella malavita, e dovrà districarsi tra le mille bugie
e mezze verità di Shades.
Debuttano la letale Cacciatrice d’Ombre e le ambigue Luci,
ben lungi dall’occupare la posizione di “buoni” della serie. Per non parlare
del nuovo membro del cast…
Ma prima, l’Inferno al quadrato.
VILLAINS #13
UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA
Un tie-in di Inferno2
Russia, a qualche centinaio di
chilometri dalla Siberia. E’ notte fonda, e non si vede assolutamente niente.
La luce delle stelle è fioca, e la Luna non si degna di guardare. Il silenzio è
così assordante che i passi che si trascinano sulla neve si possono sentire a
malapena.
La figura pesantemente
incappottata si ferma e si guarda intorno, come se avesse esaurito la forza che
lo ha portato lì contro la sua volontà. Le mani si avvicinano tra di loro, ed
anche se cerca di fermarle non c’è niente da fare. Dita sottili rimuovono uno
spesso guanto di pelle, esponendo la pelle al freddo pungente.
Il buio viene lacerato da una luce
intensissima, che arriva fino oltre all’orizzonte. Il pugno si chiude e la mano
viene alzata verso l’alto, per lanciare un segnale luminoso, come una
gigantesca torcia che disegna piccoli cerchi nel cielo. La luce si affievolisce
e anche l’altro guanto viene rimosso.
L’area è illuminata a giorno
adesso, a partire da quell’unico punto. Poi tutta l’energia viene convogliata a
terra, dove rimbalza per spedire raggi luminosi in tutte le direzioni. Ora non
resta che aspettare. Con fatica, il Cacciatore d’Ombre si rimette i guanti e si
siede in mezzo alla neve fresca.
New York City. Un raggio di luce
particolarmente sgradevole si posa sugli occhi di Edward Freeman, che si volta
quasi disgustato. Capisce di essersi svegliato, e si sente come reduce da una
sbornia. Una rapida occhiata alla sveglia lo informa che sono già le dieci e mezza
del mattino. Sbadiglia.
“Probabilmente ho solo dormito
troppo” è la sua frettolosa analisi. Si alza e si stiracchia un po’, molto più
stanco di quando è andato a dormire.
Cercando di mettere a fuoco la
vista ed il Senso d’Ombra, affievolito dal sole che illumina metà della stanza,
si reca in bagno. Dopo aver svuotato la vescica si guarda allo specchio,
aspettandosi di avere una pessima cera.
E’ ancora peggio. I suoi occhi
sono completamente neri, due fessure che danno sul nulla.
-Cazzo. Pensavo succedesse solo
quando uso i miei poteri ! Non posso averli attivati senza volerlo…credo…
Spinge un pulsante mentale,
cercando un portale dimensionale da chiudere. Ma ovviamente non ne aveva aperto
nessuno.
-Grandioso, davvero. Con la mia
fortuna, il primo che mi vede così urla al super-criminale. Vorrà dire che non
uscirò, almeno avrò una scusa per non vedere MODOK.
Si lava svogliatamente la faccia e
sbadiglia di nuovo. Dopo essersi cambiato, cerca i suoi occhiali da sole. Ce ne
sono due paia in cucina. Fa per prendere il primo paio che gli capita, poi si
accorge che sono quelli che gli ha dato Shades. C’è qualcosa di sbagliato, come
se stesse per mettersi l’orologio sulla destra. Prende l’altro paio ed esce dal
suo appartamento.
La cantina del palazzo. Solo fino
a due giorni prima era poco più di un ripostiglio. Ora ospita Marasso, cyborg
rettile appena riprogrammato per obbedire a Freeman. Se ne sta accovacciato di
fianco a un tavolino, elegante e mostruoso nella sua pelle lucente verde e
viola. Ogni tanto una lingua biforcuta esce dalla sua bocca solo per rientrare
subito. Un cavo bianco collega il suo collo ad un portatile in condizioni
passabili, appoggiato sul tavolino.
Dita grasse digitano velocemente
le parole, così che siano comprese più velocemente. Marasso è muto, e l’unico
modo in cui riesce a comunicare sono i messaggi che passano sullo schermo.
Freeman entra ed il ciccione si
innervosisce, sbrigandosi a salutarlo.
-Buongiorno, signor Smith…voglio
dire, signor Freeman…
-Lasci stare, mister Rotondi.
Meglio continuare con Smith, è meno probabile che si sbagli con gli estranei.
-Ah, giusto.
-Perché non ha detto niente a
nessuno, vero ?
-Sì sì, tranquillo. Non ho detto a
nessuno che lei è un super-criminale di nome Switch.
-E le conviene non dire niente.
Allora, come sta il nuovo inquilino ?
Marasso inclina la testa, come per
risposta. Sullo schermo appare una scritta.
>In
attesa di istruzioni
-Per adesso niente. Tutto a posto
con la batteria ?
>Carica
batteria 99.7 % >Ricarica continua disponibile
-Che vuol dire “ricarica continua”
?
>Batterie
interne ricaricate automaticamente dal movimento dell’unità. Alimentazione
elettrica richiesta solo a livelli minimi.
-Mangia anche parecchio – fa
notare Rotondi, senza accorgersi di quanto suoni ridicola un’affermazione del
genere fatta proprio da lui – Ha già fatto fuori tutti i topi che c’erano in
giro. Se li è inghiottiti interi.
-Spero possa essermi utile in
altri modi, non solo per derattizzare.
-Che ci vuole fare, allora ?
-Non ne ho la minima idea. Praticamente
l’ho trovato per caso. Però Corvo dice che è inestimabile, quindi…non so.
Magari lo vendo, o forse lo affitto. Il problema sarà mettere in giro la voce
senza far capire dov’è. A proposito, nessun rischio che qualcuno lo veda ?
-Beh…oltre a noi due, ci sono solo
Dave e Joan nel palazzo, e lo sanno già. Per il resto, credo che nessuno venga
qui sotto da almeno due anni.
-Già, l’avevo notato.
>Richiesta
informazioni
-Signor Smith, credo stia parlando
con lei.
-Che vuoi ?
>Richiesta
informazioni
-Spara.
>Hardware >Sistemi offensivi >Artigli
>Coda
>Zanne
>Armi da fuoco non
disponibili
-Per la miseria, all’AIM sanno
aprire passaggi per altre dimensioni e non riescono a fare un cervello rettile
che abbia un briciolo di senso dell’umorismo.
>Richiesta
informazioni
-Che c’è ?
>Scopo
dell’unità ?
-Cioè vuoi sapere che devi fare ?
>Affermativo
-Non ce l’hai in memoria ?
>Status
unità >Nome unità: Marasso
>Obiettivi:
Obbedienza
>Posizione: non
disponibile
>Scopo
dell’unità ?
-Non capisco la domanda. Che
intendi per “scopo” ?
>Scopo:
funzione principale dell’unità, base co-funzionale di Obiettivo
-Ah, ora sì che è chiaro.
>Scopo
dell’unità ?
-Senti, non lo so ! Va bene !?
>Negativo
-Fa pure lo spiritoso ! Senti, non
me ne frega niente. Tu fai tutto quello che ti dico io e basta, okay ?
>In
attesa di istruzioni
-Così va meglio.
>Richiesta
informazioni
-Ancora ?
>Scopo
del programma Obbedienza ?
-Farmi guadagnare dei soldi –
risponde con un mezzo sorriso.
>Scopo
?
-Avrai anche tutta quella memoria
ma mi sembri un po’ tonto. Sai cosa sono i soldi ?
>Affermativo >Monete; banconote; ricchezza; paga;
stipendio; denaro
-Bravo.
>Scopo
del denaro ?
Freeman apre la bocca per
rispondere con insofferenza, ma si blocca. Che deve dire ? Ci riflette un
attimo, e non gli viene niente. Guarda Rotondi, che alza le spalle.
-Tu fregatene e fa solo quello che
ti dico io. Capisci ?
>Affermativo
>Richiesta
informazioni
Freeman sbuffa e si gratta la
testa. Adesso non è più divertente.
-Se ti do un ordine devi per forza
ubbidire, non è così ?
>Affermativo
>In
attesa di istruzioni
-Non farmi più domande del genere, va bene !?
>Definire parametri
-Non chiedermi più qual è il tuo
scopo, cos’è il denaro e perché devi obbedirmi. E non farmi neanche altre
domande che poi portino a queste. Ci siamo capiti ?
>Affermativo
>In
esecuzione.
-Bravo. Trovatele da solo, le tue
risposte. Io torno di sopra, Rotondi...altri cinque minuti con questo qui e mi
scoppierà la testa.
Risale le scale, nervosamente.
Sullo schermo continuano ad apparire scritte.
>”Trovatele
da solo, le tue risposte”
>Elaborazione
>Nuovo
programma >Trovare risposte
>Domande >Scopo unità ?
>Scopo
del programma Obbedienza ?
>Scopo
del denaro ?
>In
esecuzione…
In mezzo alla neve. Delle piccole
luci si avvicinano, volando in cerchio per identificare la figura umana. Sente
parlare in russo, ed anche se non lo capisce sa che la sua preda è arrivata.
-[Sicura che sia questo il posto,
Laynia ? Non vedo nessuna minaccia qui]
-[So che tutto questo può
sembrarti assurdo, Nikolai, ma ho sentito un forte richiamo]
-[Sarà, Stella Nera, ma per questo
vagabondo non era indispensabile allertare quasi tutta la Guardia d’Inverno. A
quest’ora, tra l’altro] – si lamenta Airstrike; i sensori della sua armatura
non indicano niente di vagamente pericoloso.
Il Cacciatore d’Ombre alza la
testa e si prepara a togliersi i guanti. Poi parla, in inglese, con voce
femminile.
-Ho chiamato solo Stella Nera.
Andatevene.
-[Com’è che quasi tutti quelli che
incontriamo parlano inglese ?] – nota divertito Powersurge, mentre il suo
pesante scafandro affonda nella neve, riscaldata dal suo potere nucleare. Il
Cacciatore (o sarebbe meglio dire la Cacciatrice) sfila il guanto destro, la cui
luce abbaglia momentaneamente la Guardia d’Inverno.
-Non muoverti ! – intima
Airstrike, in un inglese un po’ arrugginito, puntando le sue armi sul
bersaglio. Powersurge si avvicina lentamente.
-[Lasciala a me]. Ci vuole più di
qualche fuoco d’artificio per-
Dalla mano esce un raggio di luce
fortissima, che colpisce Powersurge trapassandolo da parte a parte. Un po’ di
energia nucleare fuoriesce dal suo corpo, prima che i sistemi secondari
richiudano le falle. Un secondo raggio lo colpisce con la forza di un treno in
corsa, lanciandolo oltre l’orizzonte.
Stella Nera forma una gabbia di
energia oscura attorno alla Cacciatrice d’Ombre; centinaia di sottili raggi
sfuggono alla protezione, poi tutto il costrutto svanisce quando si innalza una
colonna di luce che viene vista a centinaia di chilometri di distanza.
Vanguard e Stella Nera sono
accecati, ed anche Fantasma che si era mantenuta invisibile com’è sua
abitudine. Dei presenti solo Airstrike era preparato, ed i suoi occhi sono
stati protetti automaticamente.. Spara raggi laser a ripetizione, ma questi
sembrano essere assorbiti dalla Cacciatrice.
Senza che i radar segnalino
niente, una forza spaventosa manda in avaria tutti i sistemi dell’armatura,
lasciando Airstrike disteso a terra e indifeso.
Una luce molto più debole acceca
persino i sensi mistici di Fantasma. Vanguard cerca di proteggere la sorella,
ma nemmeno il suo potere mutante può respingere questa forza impalpabile.
Stella Nera indietreggia,
riuscendo ad avvertire la luce anche se accecata. Ma la Cacciatrice alza le
mani ed emana ancora più luce, sempre di più, oltre quanto dovrebbe essere
possibile. Poi convoglia tutto sull’eroina russa, che urla di dolore e si
contorce, mentre la luce attraversa il suo corpo.
-No. Non sei una di loro. Non
appartieni all’Oscuro.
La luce si affievolisce, e Stella
Nera cade a terra priva di sensi. La Cacciatrice d’Ombre recupera i suoi guanti
e li indossa, immergendo di nuovo la distesa di neve nel buio. Attorno a lei la
Guardia d’Inverno ormai sconfitta.
-Così tanta strada…per niente.
Quando finirà ?
Guidata da una forza oltre la sua
comprensione, si incammina verso est. Il mattino dopo, quando la Guardia
riprenderà i sensi, lei sarà già lontana e le sue orme saranno già scomparse.
Freeman ha tentato di fare
colazione, ma si sente troppo strano. E quegli occhi neri non vogliono proprio
sparire. Che qualcosa non funzioni con i suoi poteri ? Eppure riesce a
teleportarsi e a creare portali con la solita facilità. Forse ha solo bisogno
di un po’ di aria fresca.
Scende al primo piano ed esce,
trovando come sempre Dave seduto sulle scale davanti alla porta.
-Dave…
-Spacker Dave ! – il tono di voce
del ragazzo pieno di piercing non è allegro come al solito, anzi è parecchio
agitato. Scatta in piedi ed afferra Freeman per la giacca, urlandogli in
faccia.
-Ti ho detto che devi chiamarmi
Spacker Dave !!!
Scrolla un po’ Freeman, che lo
afferra per le mani. E’ quasi il doppio di lui, ma a Dave non sembra importare.
-Ti ha dato di volta il cervello ?
Quasi ringhiando, Dave si lancia contro
di lui dandogli una testata. Uno dei suoi piercing lascia un brutto segno sulla
fronte di Freeman, che digrigna i denti.
Il pugno di Dave si ferma su un
piccolo portale chiuso, ed è come colpire un muro. Ma Dave continua a picchiare
il portale.
-Spacker ! Spacker ! Spacker !
Il portale scompare un attimo
prima di essere colpito e Dave perde l’equilibrio. Freeman si sposta di lato e
lo afferra per un braccio, facendogli schiantare la faccia contro il muro. Per
un attimo cerca di rialzarsi, ma un calcio nello stomaco lo ferma
definitivamente.
-Non ti facevo così imbecille,
Dave.
-Spacker…Dave… - sussurra col poco
fiato che gli è rimasto.
Freeman si toglie gli occhiali da
sole e li controlla: è un miracolo che non si siano rotti. Un rumore di vetri
rotti lo distrae; all’angolo, un negozio di televisori è preso d’assalto da due
settantenni. Una ragazzina di tredici anni sta sfasciando una macchina con una
spranga. Un uomo è in piedi sulla cima di un palazzo urlando a squarciagola di
volersi ammazzare davanti a tutti. Di sotto, un tassista prende le scommesse
per vedere quanto ci metterà a buttarsi; c’è del sangue sul cofano.
-Sembra che non sia l’unico ad
essersi alzato di pessimo umore.
Una risata isterica ed il rumore
di proiettili lo fanno indietreggiare per tornare dentro; per un motivo che
probabilmente gli sfuggirà sempre, afferra anche Dave e lo trascina
all’interno, giusto in tempo perché il barista dell’isolato a fianco spari a
caso con il fucile che teneva sotto il bancone.
-Tutto bene Dave ?
-Spacker…Spacker Dave… - rantola
con rabbia.
-Fottiti, Dave. Ma che accidenti
sta succedendo ?
-Signor Smith ?
Joan si avvicina tremando, quasi
in stato di shock. O forse è perché non ha il solito maglione nero ma una
camicetta a maniche corte.
-Che sta succedendo fuori ?
-Non lo so, ma spero che finisca
presto. Se mandano qualcuno a controllare questo caos…
-Ho tanta paura !
Lo abbraccia così velocemente da
non dargli il tempo di spostarsi. Cerca di allontanarla, ma è molto più forte
di quanto gli fosse sembrato. Mentre pensa che sembra quasi ubriaca, lei gli
mette le mani intorno al collo e lo bacia sulla bocca. Per un attimo, in parte
perché troppo sorpreso in parte perché non è poi così male, Freeman non si
muove. Quando però gli morde un labbro con forza, la respinge fino a farla
andare contro il muro.
-Ehi ! Ma che sei scema ?
Lei si strappa la camicia con
violenza e corre verso di lui, lo sguardo allucinato. Istintivamente, Freeman
si teletrasporta alle sue spalle lasciandola cadere. Joan scoppia a piangere,
mettendosi in posizione fetale.
-Perché…perché non posso essere come le altre ? Perché ? – singhiozza.
-Ma sono impazziti tutti, da
queste parti ?
Quasi in risposta, dalla cantina
si sentono i rumori tipici di una zuffa. Freeman non saprebbe descriverli a
parole, ma sa riconoscere quando ce n’è una nei paraggi. Generalmente se ne
tiene alla larga, ed è tentato di farlo anche questa volta. Ma quando si volta
e vede Joan spogliare Dave mentre continua a piangere, decide che è troppo
anche per lui.
E’ sufficiente poco più di un
pensiero perché sia in cantina. Marasso è in posizione di difesa, e la lunga
coda verde ricoperta di aculei si muove lentamente dietro di lui. Rotondi è a
terra davanti a lui, privo di sensi. Il portatile è caduto a terra ma è ancora
intatto. Sapendo che fare domande a un muto non è di grande utilità, Freeman
recupera il cavo che penzola ancora dal collo di Marasso e lo inserisce nel
computer.
-Che è successo ?
>Unità
Marasso attaccata da soggetto Rotondi, Laurence.
-Attaccato ? Con cosa ?
>Apparato
di masticazione
-Cioè ha cercato di mangiarti !?
>Affermativo.
>Rivestimento
cutaneo non perforato.
>Utilizzata
forza non letale secondo Parametri.
-Ma che sta succedendo !?
>Unità
Marasso sottoposta a richiesta informazioni dopo uso di forza non letale.
-Intendevo fuori di qui.
>Nessuna
informazione disponibile.
-D’accordo, ne ho abbastanza di
questo manicomio. Devo schiarirmi le idee.
Ad un ampio gesto della mano
corrisponde l’apparizione istantanea di un grosso portale, sufficiente a far
passare una persona.
-Vieni con me, non lascio un colpo
grosso come te tra questi pazzi.
>Driver
esterno ?
-Vuoi dire il portatile ? Ah
quello è di Corvo, lascialo pure qui. Non mi serve sapere quello che dici, non
adesso almeno.
Freeman entra in un portale
abbastanza grande per tutti e due, cercando di ignorare i singhiozzi e le voci
ansimanti del piano di sopra.
Nel vicolo a fianco, una ragazza
sta prendendo a calci il gatto dei vicini che ha sempre detestato. Quando ha
finito di prendersi la soddisfazione, nel muro nota due ombre che diventano
sempre più grandi.
Si volta, vedendo due ragazzini
del vicinato che camminano verso di lei. Entrambi hanno dei coltelli; uno dei
due le dice frasi oscene, l’altro si passa la lingua sulla bocca. Lei si mette
a cercare nella borsetta qualunque cosa possa usare come arma, senza successo.
I due delinquenti le sono già addosso; uno dei due la tiene ferma, è forte per
la sua età. Lei fissa ancora il muro, vedendo l’ombra di un uomo più alto di
loro che si avvicina. Ma dall’altra parte non c’è nessuno. I loro commenti
sarcastici vengono fermati da una voce bassa, che canticchia.
-We
don’t need no…education…
Si sentono anche i passi, che poi
passano a tenere il ritmo. Niente.
-Chi sei ? – chiede uno dei due,
che inizia a sudare freddo.
-We
don’t need no…though control…
-Se è uno scherzo non è
divertente, chiaro !?
-State per violentare una ragazza
che ha appena preso a calci un gatto di undici anni. Lo chiamate divertimento,
questo ?
I ragazzini la lasciano andare,
guardandosi intorno per capire da dove provenga la voce. Lei non si muove.
Pietrificata, osserva le loro ombre diventare sempre più grandi sul muro, e
muoversi in modo diverso da come fanno loro.
-Vieni fuori !!!
-No dark sarcasm…in the classroom…
Le ombre escono dal muro,
facendola urlare. I ragazzini vengono colti di sorpresa, quando le loro stesse
ombre li afferrano per la gola e li sollevano da terra. Uno dei due cerca di
liberarsi col coltello, ma è tutto inutile. Si dimenano per qualche secondo,
prima di cadere a terra privi di vita. Le loro ombre tornano al loro posto, e
la ragazza fissa terrorizzata l’uomo che sta uscendo dalla propria ombra, sul
muro.
E’ piuttosto alto, vestito di nero
e con un lungo cappotto di pelle nera. Sugli occhi porta un paio di occhiali da
sole. I capelli sono biondi, e c’è qualcosa di stonato in questo, non solo a
livello cromatico.
-Teacher,
leave those…kids alone…
-Sei…sei un mostro !
L’uomo con gli occhiali da sole
sorride.
-Devo dire che la città è
parecchio migliorata dall’ultima volta. Tranne che per una cosa…
Le si avvicina. E’ molto più alto
di quanto sembrava; lei indietreggia finché può, ma poi sbatte contro il muro.
-La mancanza di rispetto.
Alza gli occhiali da sole, ma la
ragazza non riesce a vedere i suoi occhi. Non riesce a vedere niente, perché
tutto il vicolo viene immerso da una profonda oscurità. Quando abbassa di nuovo
gli occhiali, insieme al buio è scomparsa anche la ragazza.
L’uomo vestito di nero cammina
verso l’uscita del vicolo, scavalcando i cadaveri dai ragazzi da cui si
staccano le ombre, per unirsi alla sua.
-All
in all, it's just another brick in the wall…
Fuori dal vicolo, Shades osserva
la città. Il suo sorriso è sempre più ampio.
-Mi è sempre piaciuta quella
canzone. Sembra che in città siano andati anche oltre…le cose si sono fatte
parecchio interessanti, da queste parti.
Cammina di nuovo verso il muro,
fino ad entrare nelle sue ombre. Nel vicolo continua a sentirsi la sua voce,
sempre più lontana.
-We don’t need no…
Dall’altra parte della città.
Anche con gli occhiali da sole, Freeman si ripara gli occhi dalla luce, tenendo
una mano sulla fronte. Sopra un grattacielo scelto a caso, la città sembra meno
caotica di prima. Anche meno del solito, ed è questo ad essere preoccupante. Il
traffico è più bloccato rispetto alla normalità (sempre che una cosa del genere
esista, a New York City) e gli automobilisti vengono alle mani con molta più
veemenza. Negozi in fiamme, grida provenienti da tutte le parti e vari
incendi…tutto questo si sente persino da quell’altezza.
-Sembra che sia ancora una volta
la fine del mondo, sai ?
Marasso inclina la testa e cambia
espressione. Freeman non sa se ha capito o meno quello che gli ha detto. Si
toglie gli occhiali da sole per dargli una pulita.
-Non che ci riguardi più di tanto.
Mi è sembrato di vedere l’Uomo Ragno, o comunque uno dei Ragni che girano
ultimamente. Qualche fiamma per aria. E magari l’ultimo che è passato era Nova.
Neanche a farlo apposta, tutta gente con cui ho avuto a che fare, mio malgrado.
Si volta per cercare di
interpretare meglio le reazioni del suo nuovo alleato. Senza successo.
-Dì un po’, ma lo capisci quello
che dico ?
Marasso si agita per un attimo,
guardandosi intorno.
-Sì, lo so che non puoi
parlare…Puoi sempre farmi dei cenni con la testa. Sai come si fa ?
Sempre il solito sguardo incerto
come risposta.
-Oh, perfetto. Non solo le tue
ricariche mi fanno raddoppiare la bolletta… che per fortuna mi pagano quasi
interamente quei tre decerebrati dei miei vicini… devo anche insegnarti tutto
io ? Okay, basta con quello sguardo da serpente lesso o qualunque cosa sei.
Muovi la testa su e giù…così…per dirmi di sì, e invece…così… per dirmi di no.
Hai capito, o devo farti mettere un altro programma in quella testa ?
Marasso annuisce goffamente, poi
fa segno di no. Le domande erano due, dopotutto.
-Ogni tanto ho l’impressione che
tu capisca tutto quanto, facendo finta di non capire per farmi incazzare. Se tu
non valessi più oro di quel che pesi…
Appare un altro portale alle sue
spalle.
-Pare che in città siano tutti
impazziti, e non ci tengo a vedere se peggiorerà. Conosco un posto abbastanza
sicuro, staremo là finché gli eroi non avranno sistemato tutto. Però mi
raccomando, non deve vederti nessuno a parte me. Ci siamo capiti ?
Questa volta annuire è molto più
facile.
-Bene, andiamo.
Dall’altra parte del portale, la
base sotterranea di MODOK. I lunghi tubi sulle pareti dei corridoi sembrano più
indaffarati del solito, come segnalano le microscopiche ventole. Anche le altre
volte c’era un ronzio di sottofondo, ma adesso è molto più forte.
Freeman fa segno a Marasso di
seguirlo, e questi esegue camminando così basso da strisciare.
-Lo so che sembra una baracca, ma
ci sono lastre di titanio sopra le nostre teste. Qui siamo al sicuro. E’
piccolo, ma ci possiamo riparare per giorni interi. Ecco qua… c’è il grande
capo, qui dietro. Mi dicono che una volta l’hai ucciso e credimi, non se l’è
dimenticato. Tu resta qui, e cerca di non farti scoprire.
La porta si apre automaticamente
al suo passaggio, per poi richiudersi alle sue spalle. Passano meno di cinque
secondi, prima che una voce stridula e meccanica urli:
-Lasciatemi in pace !!!
La porta viene scaraventata a
terra da Freeman, che atterra di schiena nel corridoio.
-Ouch…così imparo a non portarmi
dietro il costume…
Nell’altra stanza, grossi cavi
scendono dal soffitto per fissarsi sulla fronte di una testa gigantesca,
attaccata ad un corpo risibile. Marasso lo fissa e MODOK risponde allo sguardo.
>Programmi
predefiniti
>Priorità
A.I.M
>#17:
Deposizione >Protocolli di
riconoscimento >Identificato
>M.O.D.O.K >Mobile Organism Designed Only for
Killing
>Tarleton,
George
>Unità classificata:
non disponibile >Categoria:
paraumano >Classificazione: ostile
>Status attuale: non
disponibile
>Modello
di risposta: Uccidere
>Forza
letale: massima
>In
esecuzione…
Ringhiando senza emettere un
suono, Marasso fa un salto di cinque metri per atterrare direttamente sulla
testa di MODOK, che urla spaventato e lo scaraventa sui suoi computer con un
colpo telecinetico. Il serpente fa a malapena in tempo a toccarli, prima di
attaccare di nuovo con una ferocia mai vista.
-Marasso, fermati ! E’ il mio capo
quello !!!
-Lasciami stare ! Lasciatemi tutti
stareeee !
Il cristallo sulla sua fronte del
mostro si illumina, emanando sempre più energia mentale; i cavi vengono fatti a
pezzi, gli schermi vanno in frantumi, e più in generale la stanza inizia a
cadere a pezzi. Marasso si muove veloce come non mai, sembrando in cinque
luoghi contemporaneamente. Tutti i colpi psicocinetici di MODOK lo mancano,
distruggendo altra preziosa tecnologia e soprattutto colpendo le travi del
soffitto.
-Ci sono tonnellate sopra quella
stanza !!! Se distrugge i sostegni gli crollerà tutto addosso !
Gli artigli di Marasso non vanno
oltre il campo di forza mentale, ma gli aculei della coda danneggiano la sedia
volante. Ma nessuno dei due mostra di volersi trattenere, dopo i danni che
stanno facendo.
-Okay, non mi paga così tanto da
farmi crollare addosso tutto quanto. Meglio andarsene !
Si alza in piedi e si volta verso
il corridoio, trovandosi qualcuno davanti. Prima ancora di guardare di chi si
tratta sferra un pugno, che viene prontamente fermato da una mano con un guanto
di pelle nera.
-Shades ! Che ci fai tu qui !?
-Sono passato a casa tua e non
c’eri. Però in compenso i tuoi vicini si stanno divertendo parecchio.
-Come hai fatto a trovarmi ?
-Ho i miei sistemi. Ci conviene
uscire, mentre Marasso tiene impegnato il testone.
-Conosci Marasso ? E come ?
-Tutto a suo tempo. Seguimi.
-Preferisco teleportarmi fuori che
correre per dei corridoi che cadono a pezzi.
Quasi a sottolineare la frase, un
colpo di energia abbatte un muro proiettando Marasso nel corridoio, che riparte
istantaneamente all’attacco.
-Ti fidi di me ?
-Neanche un po’.
-Ti ho salvato la vita una volta,
ricordi ?
Shades si rimette le mani in tasca
e cammina tranquillamente per i corridoi, come se nulla fosse. Mordendosi un
labbro, Freeman lo segue. Chiamatelo onore tra i criminali, ma quando uno ti ha
salvato la vita sei obbligato a fargli un piacere. E’ un incentivo a farlo
ancora, se fosse necessario.
-Hai finito la tua fantomatica
vacanza, immagino.
-Prima di quando avevo
programmato, ma sì.
-Sai che cosa è successo alla
città ?
-Tutto a suo tempo.
-E quando sarebbe ?
-Quando non ci starà crollando
addosso niente. Ecco, siamo già arrivati. Piccola come base.
Un’altra porta si apre
automaticamente (ma solo quando c’è Freeman davanti, anche se Shades lo
precedeva). Dall’altra parte, numerosi scatoloni e armi, di tutti i tipi.
Neanche dal Riparatore ne aveva viste così tante. E in un angolo, sopra un
ripiano metallico, un borsone nero aperto a metà. Anche a metri distanza, è
facile vedere le centinaia di banconote da mille dollari. Negli occhi di
Freeman, nonostante siano totalmente neri, si accende qualcosa.
“>Scopo del denaro ?”
-Che aspetti ? Non è quello che
volevi ?
Guarda Shades, imperturbabile come
sempre. C’era un trucco ? Perché dirgli dei soldi se poteva prenderseli da solo
?
“Al diavolo, i soldi sono soldi”.
La struttura trema sotto i colpi
di MODOK, rischiando di fargli perdere l’equilibrio mentre cammina verso il
bottino. Quando è a metà strada, il soffitto cede ed una trave cade, facendo
crollare anche il resto. Freeman si teletrasporta fuori dalla porta appena in
tempo.
-Merda ! E’ pieno di detriti, come
faccio a prenderlo !?
Shades sorride. Sapeva del crollo
già da prima ?
-Non c’è spazio per infilare un
braccio in un portale e riprenderli. E di andarci di persona non si discute.
-E allora come faccio a prenderli
!?
-Puoi sollevare le macerie con dei
portali chiusi. Non è oltre la tua portata, ma puoi farcela. Però ci vorrà
molto meno tempo perché ti crolli tutto quanto sulla testa, senza darti tempo
di scappare.
I due si fissano, mentre sul
soffitto del corridoio iniziano a formarsi delle crepe.
-E’ per questo che sei quello che
sei ? Per i soldi ?
Freeman non risponde, ma lo fissa
molto intensamente, guardando dietro gli occhiali da sole.
“>Scopo del denaro ?”
-Se è questo ad essere importante
per te, prendili e muori. Se invece vuoi essere qualcosa di più… e ti ho già
mostrato cosa saresti in grado di fare… allora dammi retta.
-E tu ? Cos’è che vuoi veramente da me ?
-Tutto a suo tempo, Freeman. Tutto
a suo tempo.
-Che devo fare ?
-Adesso puoi anche teleportarti.
Aspettami fuori.
L’istante successivo, Freeman non
sta più guardando Shades ma l’entrata del garage che funge da copertura per
MODOK.
-Non ti muovere ! – gli intima una
voce con un pesante accento. Il rumore che segue è inconfondibile: una dozzina
di pistole, pronte a sparare.
Le macerie colpiscono MODOK, che
in parte per il dolore in parte per la scarsa concentrazione non riesce più ad
emanare tutta la sua energia. Marasso ne approfitta, salta affondando gli artigli
nel soffitto e si lancia addosso alla testa enorme, colpendo ripetutamente il
cristallo energetico.
MODOK cade goffamente a terra, la
sua testa troppo grossa per permettergli di muoversi. Il soffitto è pronto per
crollare. Marasso guarda un’ultima volta il suo bersaglio, poi corre via
sgusciando tra i corridoi.
Ancora vivo e ancora pazzo, MODOK
cerca di girarsi per raggiungere i comandi dei sistemi di emergenza. Ce l’ha
quasi fatta, quando una scarpa nera gli calpesta la mano.
-Dove credi di andare tu ?
Quello che resta del cristallo si
illumina, ma Shades fa sempre più pressione sulla mano.
-Lasciami andare ! Lasciami andare
subito !!!
-Stammi a sentire, testone: stai
alla larga da Switch. D’accordo ?
-Ti ucciderò…
-D’accordo !?
L’altro piede preme sulla gola
abnorme dell’essere artificiale, che risponde con un filo di voce.
-Sì…d’accordo…
-Sono contento che ci siamo
capiti. Ma voglio essere sicuro che non ti vengano in mente idee strane…
Solleva gli occhiali. MODOK apre
la bocca per cercare di respirare e tenta di indietreggiare, ma non riesce a
muovere un muscolo, nemmeno a chiudere gli occhi. Quando si accorge che Shades
è sparito, lasciandolo tremante sul pavimento, vede il soffitto crollargli
addosso.
Davanti al garage, dove il
frastuono del crollo si sente a malapena…
-Non ti conviene fare mosse
strane, americano.
-Lavorate per il pakhan, vero ?
Siete con il padrino russo ?
-Noi fa domande, tu non chiedere.
-Non mi stupisce che non siate
impazziti anche voi. Già prima non eravate tanto a posto.
“In altre circostanze creerei un
portale davanti ad ogni pistola, ma con il Senso d’Ombra neutralizzato dal sole
non posso. Proprio adesso doveva decidersi a fare bello !?”
-Chiudi gli occhi – dice una voce
familiare, e Freeman obbedisce. Sente le pistole cadere a terra.
-Ora riaprili pure.
-Shades !
Tutti gli scagnozzi sono a terra,
svenuti. Non sono feriti o addormentati…sembrano più che altro privi di forze.
-Continui a non sfruttare a dovere
il Senso d’Ombra.
-Accidenti…quattordici mafiosi
russi in un colpo solo. Mi chiedo che ci stai a fare qui con poteri del
genere…potresti fare il grosso colpo e ritirarti in un’isola caraibica al sole…
Shades solleva un sopracciglio,
più eloquente di mille parole.
-O quello che farebbe uno come te.
Marasso ?
-E’ dietro di te.
In effetti, senza che se ne fosse
accorto, il cyborg rettile è in piedi a fissarlo. Qualche resto della base gli
ha scalfito la pelle, ma per il resto è come prima.
-Che programma di merda. Quando
vedo Corvo glielo farò aggiustare, a costo di dovergli prima staccare un
piercing dopo l’altro.
-Dovremmo andarcene. Non
resteranno così a lungo.
-E il resto della città ?
-Oh, la Cappa delle Ombre ha
appena iniziato a far sentire i suoi effetti.
-Ancora le Ombre !?
-Non preoccuparti, non c’entra con
le nostre vecchie conoscenze.
-Tu come lo sai ?
-Ci siamo tenuti informati. Niente
che abbia a che fare con le ombre può sfuggire a quelli come noi.
-“Noi” ?
-Tutto a suo tempo.
-E va bene, andiamocene. Ho visto
qualche negozio andare a fuoco, se ne troviamo uno vuoto possiamo prenderci
qualcosa. Come vanno le batterie, Marasso ? No, aspetta, così siamo da capo…
Hai bisogno di ricaricarti ?
Il serpente fa cenno di no con la
testa.
-Meglio così. Andiamo, è quasi
l’una e devo ancora mangiare. Tu che sai tutto, Shades, come facciamo a
portarcelo in giro senza scatenare un casino ?
-Presto nessuno farà caso a un
mostro in più, credimi.
-Immagino che mi spiegherai a suo
tempo.
-Forse.
-Vieni anche tu, no ?
-Veramente ho già fatto uno
spuntino, oggi – risponde sorridendo in un modo strano, mentre i tre
super-criminali camminano tranquillamente per le strade di New York – ma potrei
doverti salvare la vita una terza volta.
-Senza costume non dovrebbero
esserci problemi. L’ho dimenticato a casa, ma forse è meglio così.
-Peccato. Era molto adatto alla
situazione.
-In che senso ?
-Tutto il mondo sta per tirare
fuori il proprio lato oscuro. Un costume completamente nero è veramente
appropriato.
-Parli mai di qualcosa che non
c’entri con le ombre ?
-Ogni tanto.
-Aspetta…eri biondo anche l’ultima
volta ?
-Può darsi.
-Sei un tipo molto strano, Shades.
Ti sei accorto che la tua ombra è scomparsa ?
-Davvero ? Non l’avevo notato. Da
che parte sarebbe questo negozio ?
Davanti al garage, intanto, i
russi si stanno rialzando. Uno di loro viene colpito da un grosso peso e ricade
a terra. Tutti si guardano intorno per vedere cosa sta succedendo, ma non c’è
nessuno. Solo l’ombra di un uomo, sul muro.
-[Date i soldi a Ranennyj] – dice
in russo – [Ditegli che glieli manda Switch, e che è solo una frazione di
quello che può procurargli.]
-[Ma tu chi sei ?] – chiede il
mafioso, guardando il borsone nero. Poi torna a guardare il muro, su cui ora
batte il sole.
CONTINUA…
VILLAINS #14
OSCURA INIZIAZIONE
New York City, tanto per cambiare.
In quello che era un negozio di alimentari. In realtà lo è ancora, ma molto più
in disordine del solito. Sembra che sia passato un tornado, mentre in realtà ci
sono solamente tre super-criminali a caccia di provviste.
Uno dei tre indossa un lungo
cappotto di pelle nera, tiene le mani in tasca e si guarda curioso in giro,
sempre con gli occhiali da sole. Un altro, quello che sembra una lucertola
umanoide riempita di steroidi, ha già ingurgitato tutto quello che è riuscito a
trovare. Intero, senza neanche aprire una sola confezione, e senza emettere mai
un suono. Il terzo, con vestiti casual rigorosamente neri, sta svuotando la
cassa.
-Non perdi mai un’occasione, eh ?
– constata l’uomo con gli occhiali da sole.
-Ci saranno quattrocento dollari
qui dentro, e non un’anima viva in giro. Non avrei il coraggio di fare il
ladro, se non ne approfittassi subito.
-Se non altro sei abbastanza
prudente da usare i guanti del tuo costume. Credevo lo avessi dimenticato nel
tuo appartamento.
-Posso essere sbadato, ma non
stupido.
-Concordo. Il fatto che tu abbia
ordinato al tuo servitore di tenere gli occhi su di me lo dimostra.
Freeman mette i soldi in tasca e
chiude la cassa con una certa rabbia. Poi si avvicina a Shades e gli punta il
dito contro, fissandolo negli occhi (o più precisamente negli occhiali). Shades
restituisce lo sguardo agli occhi totalmente neri di Freeman.
-Senti, lo so perché ho sempre
Marasso tra i piedi… l’ho fatto riprogrammare. Quello è che non capisco è
perché mi ritrovo anche te tra i
piedi.
Shades sorride e si volta,
dirigendosi verso l’entrata. Guarda fuori, verso l’alto, e gli risponde
dandogli le spalle.
-Facciamo un patto, Switch.
-Un patto ? Con te ?
-Non ti fidi ?
-Piuttosto che fidarmi di te
metterei il braccio in una vasca piena di piraña.
-Ti ho salvato la vita due volte,
se non ricordo male. Non conta ?
-Beh… se non altro posso starti a
sentire. Cosa mi offri ?
-Devi semplicemente starmi a
sentire.
-Tutto qua ?
-Tutto qua. Ti spiegherò tutto: le
Ombre, la portata dei tuoi poteri… tutto. A poco a poco, ovviamente... anche io
tengo alla mia vita, in fondo.
-E in cambio che dovrei fare ?
-Non devi lasciare New York senza
avvertirmi.
-Tutto qui !?
-E non devi insistere con le domande…
“tutto a suo tempo”, ricordi ?
-Okay, dov’è la fregatura ?
-Nessuna fregatura. Non hai niente
da perdere, giusto ?
-Ci devo pensare – risponde
Freeman distogliendo lo sguardo.
-Come ti pare. Mentre ci pensi, io
sono sul tetto a fumare.
Quando Freeman si volta, Shades
non c’è più.
Lucy è rannicchiata in un angolo,
tremante nonostante la temperatura sia più che sopportabile. Non sa bene come è
arrivata lì. Sa di essere all’aeroporto di Mosca, certo. Non è del tutto sicura
di dove, esattamente, non sapendo
leggere il russo…non sempre, almeno… anche se probabilmente è una sala
d’aspetto, o qualcosa del genere. Guarda le mani tremare, neanche se le sente.
Lucy non le sente da più di un anno, ormai. Da quando ha cominciato a sapere
delle cose che non dovrebbe sapere, così, dal nulla. Da quando qualcosa ha
cominciato a guidarla in giro per il mondo, solo raramente conscia di quello
che fa.
Prova a ricordare da quanto tempo
è in Russia, ma niente da fare. Ricorda solo di essersi trovata prima in mezzo
alla neve, sapendo di essere in Siberia, e poi alle porte di Omsk con
l’inspiegabile volontà di raggiungere Mosca. Come abbia fatto a prendere il
treno non avendo nemmeno un soldo con se, resta un mistero.
Esattamente come il fatto che
abbia percorso centinaia di chilometri a piedi in poche ore… vorrebbe potersi
ricordare se sa volare o meno.
Così non ha altra scelta che stare
lì, in un paese in cui non conosce nessuno, non sa parlare la lingua locale,
non ha la minima idea di come sia arrivata lì e di dove debba andare. Se fosse
per lei, coglierebbe l’occasione e tornerebbe a casa… se solo si ricordasse
dov’è. Non resta che aspettare il prossimo flash mentale, che le farà
sicuramente sapere dove deve andare e come farlo.
-<Scusi, sa che ore sono ?>
- chiede, in russo, una voce maschile. Sposta lo sguardo con precauzione; dal
tono non sembrava minaccioso, quindi forse non è un poliziotto che vuole
arrestarla per vagabondaggio. Sempre che sia un reato, in Russia.
-Non parlo russo, mi spiace –
risponde in inglese, con poca voce.
-Oh. E che ci fa a Mosca ?
Questa volta in inglese. Si volta
e lo guarda meglio: con suo sollievo le forze dell’ordine non c’entrano, è solo
un viaggiatore (lo capisce sia per la valigia che per il fatto che parla
inglese in una sala d’aspetto di un aeroporto russo). Ha con sé anche una
valigetta sui cui c’è un simbolo familiare, anche se non ricorda perché.
“Reflex Technologies”. E’ un flash ? No, altrimenti saprebbe anche cos’è. E’
solo… familiare.
-E’ una lunga storia.
-Beh, il mio volo è in ritardo di
due ore, quindi ho decisamente voglia di ascoltare, miss… ?
-Lucy.
-Io sono Mark – risponde
tendendole la mano. Nessun flash, quindi probabilmente non è per lui che è qui.
Gli stringe la mano, pur non sentendola. Dati gli spessi guanti probabilmente
non l’avrebbe sentita comunque.
-Americana ?
-Sì.
Lo è davvero ? Pensa in inglese, in fondo, ed ha un
minimo accento. Forse è americana.
Vorrebbe tanto ricordarselo.
-Anche io. Lei dove va ?
-New York – risponde senza
volerlo. Un altro flash ? Sì, deve
assolutamente andare a New York. Non c’è altra scelta. New York.
-Oh, mi dispiace.
-Come scusi ?
-Non ha sentito ? Il volo è stato
cancellato. Per il tempo o qualcosa del genere.
-Non parlo russo. Lei invece dove…
-Vancouver. Sono sempre in viaggio,
ma sinceramente è la prima volta che incontro una ragazza sola in un paese di
cui non parla la lingua.
-E’ una lunga storia. Non ci sono
altri voli per l’America, prima di due ore ? – Di nuovo, non è stata lei a
parlare.
-No, non credo… Dovrebbe aspettare
domani. Sono sicuro che qualcuno dello staff parli inglese, farebbe meglio a
trovarsi un albergo e-
-Vancouver è abbastanza vicino
all’America, vero ?
-Come ? Sì, ma cosa-
-Lei ha il biglietto con se,
immagino – lo interrompe, fissando le tasche della giacca. Respira velocemente
e si guarda attorno, iniziando a sudare. Flash. Nessuno nel raggio di metri,
nessuno che guarda. Flash. Il biglietto è nella tasca interna della giacca.
Flash. Nessuno gli si avvicinerà prima di quaranta minuti.
-Si…si sente bene ?
Velocemente si toglie il guanto
destro, emanando una luce fortissima. Mark non fa in tempo a chiedersi cosa
significhi: un raggio di luce gli trafigge il petto. Non c’è nessuna ferita, ma
lui cade a peso morto su una delle sedie e non si muove più. Flash. Sa che è
morto.
Lucy si rimette il guanto e
riprende a respirare normalmente. Dalla tasca interna della giacca prende il
biglietto. Non ha bisogno di leggerlo.
Flash. Sa già dove partirà
l’aereo. Sa dov’è il suo posto. Sa che farà scalo a Tokio. Ed è sicura che,
una volta là, saprà come andare a New
York.
Quello che vorrebbe veramente sapere, però, è perché deve
andarci e perché questo Mark è dovuto morire per questo. Ma questo, come tutte
le cose importanti, non è dato sapere. Per ora.
Da una tasca interna della giacca,
Shades estrae un piccolo pacchetto e ne estrae una sigaretta, che si accende da
sola mentre la porta alla bocca. Con la schiena si appoggia alla porta che dà
sulle scale, ed inspira con ampie boccate.
“Andiamo, non ho tutto questo
tempo…” pensa nervoso, osservando il fumo. Al respiro successivo, però, il fumo
diventa improvvisamente nero, allargandosi come una macchia d’inchiostro. La
massa di fumo nero come la notte assume una forma vagamente umana, accentuata
dalla presenza di due occhi bianchissimi.
°hai idea del casino che stai combinando Shades !?
-Non male, grazie per averlo
chiesto… a te invece come vanno le cose, Smoker ?
°non c’è assolutamente niente da ridere ° hai una vaga del
numero di regole del circolo ° che stai infrangendo ?
-Ti ha mai detto nessuno che sei
buffo ? Quel modo di parlare, quella specie di sbuffo sibilante… non lo fai
mai, quando parli di persona. Certo, con te il termine “persona” è estremamente
relativo.
°non prenderti gioco di un nonriflesso superiore ° la tua
missione è di cercare il Punto di Riflessione ° il Nonriflessodue è
estremamente contrariato°
-Snake può andare a farsi fottere,
per quel che me ne importa. Abbiamo un piccolo vantaggio ed ho tutta
l’intenzione di sfruttarlo questa volta.
°sei avventato ° il Cacciatore d’Ombre ti troverà
facilmente se continui così °
-La città è sotto l’influsso della
Cappa delle Ombre, non mi troverà così
facilmente. E poi, a differenza di voi vecchie mummie, io posso girare
indisturbato.
°il Nonriflessouno ha una certa fiducia nelle tue capacità
° ma se non avrà dei risultati ° vorrà la tua testa su un piatto d’argento ° ed
è un destino che non auguro ° nemmeno a te
-Sto per concludere un accordo. Se
questo Freeman è quello che penso, ‘uno vorrà baciarmi il culo per averglielo
portato.
° o forse ° vorrà strangolarti con le sue stesse ° mani
-Lui almeno ha le mani. Cosa che non posso dire di te…
A poca distanza si apre un portale
nero, da cui escono Freeman e Marasso. La nuvola di fumo si ritrae, ma non c’è
tempo per scomparire.
-Quanto ci metti a- che è ‘sta
roba ?
-Freeman, Smoker. Smoker, Freeman.
Allora, hai deciso riguardo alla mia offerta ?
-Ci devo ancora pensare. Che ci fa
qui questo coso ?
°hai tempo fino al sorgere del sole ° Shades ° in caso di
fallimento ° raggiungi Shattensburg per la tua punizione °
Il fumo si dirada, tornando
normale fumo di sigaretta che si disperde nell’aria. Shades rimette le mani in
tasca e cammina tranquillamente per il tetto, osservando divertito delle orde
di demoni che all’orizzonte.
-Parecchio teatrale – osserva
Freeman sulla strana apparizione di prima, mentre segue Shades non avendo di
meglio da fare.
“Strano che non mi abbia
turbato…insomma, del fumo che parla… ma quando hai visto Modok le hai viste
tutte”.
-Non farci caso. Fa un po’ di
fatica a capire che non siamo più nel Medioevo.
-Ora non comincerai a dirmi che
sei in giro da migliaia di anni…
-Certo. Io esisto dall’alba dei
tempi.
-Parli sul serio o mi prendi per
il culo ?
-Ti prendo per il culo.
Freeman sorride. Umorismo da
criminali. Sarà anche uno psicopatico fissato con le ombre, ma almeno è
simpatico.
-Allora, che facciamo adesso ?
-Mai fatto una passeggiata tra i
tetti di New York ?
-No. Di solito sono troppo
affollati di gente che preferirei non incontrare.
-Al momento troveremo solo qualche
demone. Certo dovremo approfittare un po’ dei tuoi portali, anche se non penso
che a Marasso servano.
-Neanche a te. Tu puoi
teleportarti.
-Che stai dicendo ? – Shades si
ferma, e Freeman lo osserva con un’espressione di sorpresa, resa strana dai
suoi occhi totalmente neri.
-Beh, che ho detto ?
-Io non mi teletrasporto.
-Ma se l’hai fatto cinque minuti
fa !!!
-Oh, quello… no, quello non è
teletrasporto. Tu puoi andare dal primo al secondo piano di una casa, passando
per le scale, ma non ti teletrasporti. E non per questo puoi farlo sempre e
dovunque.
-E allora da dove sei passato per…
no aspetta, non me lo dire. Per una volta che non si parlava di ombre…
Un portale li fa passare sul tetto
adiacente. Qualche passo dopo, un altro li fa avanzare al tetto successivo. E
così via. Shades e Freeman camminano l’uno di fianco all’altro, entrambi con le
mani in tasca, ed ignorano totalmente Marasso che striscia alle loro spalle.
-Comunque… chi era quello Smoker ?
-Un tizio che conosco. Mio
malgrado.
-Un’altra ombra ?
-“Nonriflesso”. Solo il riflesso
di un’ombra.
-Oh, questo ha molto più senso…
-Queste domande significano che
accetti il patto ?
-No, voglio solo farmi un’idea di
quello che mi vuoi raccontare. Ho la sensazione che, nonostante tutto, tu
voglia fregarmi. Almeno fammi essere sicuro che ne valga la pena.
-D’accordo. Cosa vuoi sapere ?
-Cominciamo dall’inizio. Da dove
vengono i miei poteri ?
-Dall’Oscuro.
-La dimensione delle ombre ?
-Chiamalo come preferisci. Ma non
è una dimensione, è più uno stato dell’anima. Un qualcosa che tutti sono in
grado di avvertire, ma pochissimi possono raggiungere. Mai avuto paura del buio
? I mostri non sono solo sotto il letto, sono ovunque. Alcuni sono esseri
umani.
-Quando fai così, mi viene voglia
di andare a controllare se sei stato un paziente del Ravencroft. Insomma… lo
stato d’anima delle ombre ? Che c’entra con i miei poteri ?
-Da dove credi provenga il tuo
Senso d’Ombra ?
Freeman si ferma, e lo stesso fa
Marasso. Shades va avanti.
-Mi stai prendendo ancora in giro
?
-No. I tuoi poteri provengono
dalla forza metafisica dell’assenza di luce. Niente di più, niente di meno.
-E sarebbe per questo che non sono
impazzito come tutti gli altri ? Perché ho già un legame con il “lato oscuro” ?
-Tra le altre cose. Ma a parte
quello, non puoi possedere un uomo che è già posseduto.
-Come !?
-Questo posso spiegartelo solo se
accetti il patto.
-Continuo a volerci pensare su.
Magari con un po’ di birra funzionerà meglio… è un po’ presto, ma che ne dici
di fare un salto al Bar With No Name ?
-D’accordo. Suppongo ci sarà della
gente molto interessante.
-Ora che ci penso, non dovevi
portare a termine un lavoro per quell’ammasso di fumo ?
-Ha detto prima che sorga il sole,
no ? Credimi, c’è ancora molto tempo. Non tutte le notti durano poche ore.
A qualche isolato di distanza,
l’ex base di Modok. Una cospicua donazione alla polizia, solo incidentalmente
non dichiarata, ha garantito un lavoro privo di distrazioni. Qualche gorilla
con un vestito da duemila dollari convince i curiosi a stare alla larga da
quello che sembra un semplice garage crollato. Visto che tutta la città e ormai
quasi tutta la nazione è impazzita è necessaria un po’ più persuasione del
solito, ma se c’è una cosa che la mafia russa sa gestire molto bene è la
persuasione. Forse anche loro sono sotto l’effetto della Cappa delle Ombre, ma
distinguere un mafioso da un mafioso più cattivo è un’impresa.
Un uomo sui trentacinque anni
scende dalla macchina. Ha un vago principio di calvizie ed una cicatrice che
parte dalla fronte, passa sul naso e finisce sulla guancia sinistra. Non sembra
troppo profonda, ma gli è valsa comunque il soprannome di Ranennyj, “il ferito”
in russo. Ran se volete essere concisi.
Assieme a lui scende un altro
uomo, più o meno della stessa età ma più muscoloso. Non sembra particolarmente
comodo nel suo vestito elegante, ma se vuoi fare la guardia del corpo
dell’ultimo padrino della mafia russa arrivato in città devi farlo con un
minimo di stile.
-Io criede che ora grosso testone
grande mal di testa ! Che è succiesso ?
-Erano in tre – lo informa uno dei
suoi uomini – ragazzo che lavora per Modok, uno con occhiali da sole e un
uomo-serpente…
-Swuitch ? Questo benje… grosso
testone non voleva che compro !
-Un uomo-ombra ci ha dato questa
borsa. Dice che è per lei.
Ran prende in mano la borsa nera,
constatando che è piena di denaro.
-Ah, questo megljo di affare con
codjci di carte di credito… molto megljo, sì. Tu che pensa, Djavid ?
“Cristo, questo tizio non sa
neanche dire il mio nome… quanto cazzo sarà difficile imparare a pronunciare
David !?“
-Conosco Switch, e questo non è il
suo stile. Si sarebbe tenuto i soldi.
-Forsie Swuitch più intelligiente
di te ! Haha !
“Se non pagasse così bene gli
insegnerei l’inglese a pugni !”
-Che dobbiamo fare con questo
Switch allora, capo ?
-Che domande ! Ha ucciéso grosso
testone, mi ha dato sùa tecnologìa… Cuosa vuoi che faccja ? Gli offro lavoro !
Il portale si apre davanti
all’entrata del Bar With No Name. Ne esce lo strano terzetto, giusto in tempo
per vedere qualcosa volare fuori dalla porta e, seguendo una traiettoria molto
strana, ritornare dentro passando per il tetto.
-Quello era un boomerang ? –
chiede Shades, mentre Freeman indossa la maschera. Non che avesse bisogno del
costume, ma è una regola del bar: si entra solo nella propria identità
criminale.
-Già. Ho idea che qualcuno sia su
di giri. Entriamo lo stesso ?
-Sì. Può essere un ottimo
allenamento.
-I russi non ti sono bastati ?
-Intendevo per te.
Passando sopra a quanto resta
della porta da saloon, i tre entrano nel Bar. Ci sono alcune differenze
rispetto al solito: la prima che salta all’occhio è che i clienti stanno
litigando da sobri. Piledriver della Squadra di Demolizione le sta suonando al
Bue dei Duri, Boomerang cerca di liberarsi dalle spire del Costrittore, e
Batroc si sta scolando un drink dopo l’altro,
-Si direbbe un bel posto –
commenta Shades.
-Aspetta di aver conosciuto il
barista prima di giudicare.
-Nuovi clienti ! – urla Madcap
saltando sul banco, togliendosi il grosso cappello giallo e calpestando cinque
o sei bicchieri. I tagli che si procura guariscono in pochi secondi.
-Ehi, Gourmet de Fois Gras, libera
il bancone ! – grida spazzando via col braccio tutti i bicchieri davanti a
Batroc.
-Come ti permetti ? Je suis *burp*
Io sciono Batroc, il scialtatore !
-Piacere, Madcap, il signore
dell’assurdo e dei sandwich al tonno !
Un gancio destro stende il già
ubriaco francese. Madcap dà una pulita alla sedia con il mantello, poi la alza
e la getta dietro il bancone.
-Allora…cosa prendete ?
-Una birra.
-Un God-Father senza ghiaccio.
-Non è un po’ presto ?
-Sarà una notte molto lunga.
-E il lucertolone cosa prende ?
-Suppongo tu non abbia topi in
dispensa…
Madcap salta dietro il bancone,
atterrando male. Rovista un po’ sotto il banco, poi si alza con un braccio
storto e appoggia un topo morto sul bancone.
-Tutto sul tuo conto ?
-Non voglio…neanche sapere…perché
tieni un topo morto sotto il bancone.
-Per nessun motivo !!! E’ questo
il senso dell’esistenza, l’esistenza dell’assoluta mancanza di senso ! –
pontifica risistemandosi il braccio.
Switch prende subito la birra in
mano, per evitare che Madcap la lanci via o se la rovesci addosso come ha già
fatto in passato… ovviamente perché la cosa non ha nessun senso. Solleva la
maschera per scoprire la bocca, ma un qualcosa di metallico si appoggia sulla
sua spalla.
-Tu non mi piaci.
-Neanche tu sei il mio tipo,
Demolitore. Perché non fai un favore al mondo e ti ficchi quel piede di porco
dove meriti ?
-Ehi, niente risse ! Sul codice a
barre della lattina c’è un cinque !
-Non sto parlando con te,
imbecille !
Un raggio di energia proveniente
dall’arma del Demolitore distrugge una parte del bancone, proprio di fianco a
Shades. Il suo drink è esattamente in bilico di fianco al punto di esplosione.
-Non mi va di litigare,
Demolitore.
Il nemico di Thor afferra la
lattina di birra e la stritola come se fosse di carta.
-A me sì !
Switch si alza in piedi, e i due
si fissano negli occhi. Tutti gli altri nel bar si fermano per guardarli, e non
si stente volare una mosca.
-RISSAAAAAA !!! – urla Madcap a
squarciagola, avendo già cambiato idea perché… beh, indovinate il motivo.
Il pugno del Demolitore viene
bloccato da un portale chiuso, così resistente da fargli ritrarre la mano
dolorante. Switch afferra il piede di porco e glielo sbatte in faccia. Oggetto
indistruttibile contro criminale super-forte, praticamente come colpire un
muro. Il metallo vibra sotto le sue mani, e si sarebbe rotto qualche osso se
l’imbottitura del costume non lo avesse protetto. Colpendolo con un solo dito,
il Demolitore lo fa volare addosso a Madcap, facendo cadere entrambi.
Switch sposta l’invasato con
qualche espressione non proprio pulita e si rialza. Shades non ha ancora fatto
una piega.
-Marasso, attaccalo.
Il cyborg rettile lo fissa
confuso. L’ordine non gli è chiaro.
-Attacca il Demolitore !
Il serpente si volta, abbassando
la testa e muovendo la lingua biforcuta. Ad uno scatto della mano, gli artigli
triplicano la loro estensione.
-Cos’è quest’affare ? – è tutto
quello che il Demolitore riesce a dire prima che duecento chili di rabbia
preprogrammata gli saltino addosso. Le piccole risse di prima continuano,
degenerando lentamente in un tutti-contro-tutti.
Fancy Dan dei Duri si lancia
contro Switch, che si teleporta dietro di lui facendolo sbattere a terra. Il
suo compagno di squadra Montana cattura al lazo Marasso, afferrandolo per la
coda. Il serpente si distrae solo un attimo dal suo attacco al Demolitore, che
con propria sorpresa inizia a sanguinare per i numerosi tagli subiti; uno
scatto della coda lancia Montana direttamente fuori dal bar.
Nonostante i tentacoli del
Costrittore, Boomerang riesce a prendere uno dei suoi sonarang e ad usarne gli
ultrasuoni per stordire l’avversario e liberarsi. Il perché a qualcuno venga in
mente di costruire un boomerang agli ultrasuoni probabilmente farebbe contento
Madcap.
Il Bue fa a pezzi quanto resta del
bancone, più precisamente atterrandoci sopra, e mettendo K.O l’intera
formazione dei Duri. Senza più un bancone, Shades si alza e guarda la
battaglia. Switch viene attaccato da Boomerang, ma riesce a schivarne tutti i
lanci.
Shades osserva divertito il
Costrittore rialzarsi nello stesso momento in cui lo fa Batroc alle sue spalle.
I tentacoli, estesi al massimo, si avvicinano come una frusta passando
attraverso il corpo di Shades e colpendo direttamente Batroc… in faccia.
-I miei moustaches ! Mi hai
tagliato uno dei baffi, Coshtrittore ! Mes-
Un pugno di Shades gli fa
sanguinare il naso, ed un altro gli fa perdere conoscenza. Il Costrittore non
demorde e lo attacca di nuovo, ma Shades scompare dalla vista. Il Costrittore
ritrae le spire per cercarlo, ma la sua ombra esce dal pavimento per colpirlo
ripetutamente sotto lo sguardo sempre più divertito di Shades, che con piacere
constata la facilità con cui Switch mette a terra Boomerang con un calcio allo
stomaco, un pugno sul naso, un calcio alle parti basse e un ultimo pugno.
-Mi piace questo posto.
Di fianco a lui, un uomo con un
costume giallo abbastanza ridicolo cerca di colpirlo con quello che sembra
un’ascia fatta di luce. Shades la blocca con una mano sola, e l’altro non
riesce nemmeno a farla scomparire.
-Tu saresti… ?
-L-Lightmaster.
-Mi ricordi qualcuno che
conoscevo. Mai conosciuto Lodestar e Lookout del Consiglio delle Luci ?
-Mai sentiti nominare !
-Lo sai perché ?
-Uh…no…
-Le ho uccise io.
Le luci si affievoliscono e i
pochi clienti ancora coscienti si voltano al suono di Lightmaster scaraventato
contro il muro ad una velocità pazzesca. Il sedicente signore della luce giace
a terra privo di sensi, il suo costume gravemente danneggiato.
Shades cammina verso Bulldozer,
Piledriver e Thunderball, ossia tre quarti della Squadra di Demolizione. Switch
vorrebbe dirgli di lasciar perdere, visto che ognuno di loro può sollevare un
camion. Prima però guarda Marasso massacrare il Demolitore con i suoi artigli,
tenendosi ben saldo con la coda.
In fondo sarà abbastanza
divertente… a Shades non farebbe male ricevere una bella batosta. Ma mentre ci
pensa nota che le ombre della Squadra di Demolizione si sono allungate in modo
innaturale, e stanno staccando dal muro i corrimano in ottone che Madcap ha
fatto applicare alle pareti (per motivi abbastanza ovvi, ma solo a lui). Quando
Shades è davanti ai suoi avversari e loro sono pronti a trasformarlo nell’ombra
di un puré, le loro stesse ombre gli avvolgono attorno al collo le sbarre di metallo,
piegandole con la loro stessa forza. Shades resta immobile con le mani in
tasca, le ombre tolgono il respiro ai loro proprietari che perdono conoscenza.
-Dilettanti.
Quasi nello stesso momento, il
Demolitore riacquista abbastanza forza da far perdere a Marasso la presa, e lo
sbatte a terra con forza sufficiente a mandare in tilt il cyborg per qualche
minuto. Afferra il piede di porco che era caduto a terra e si prepara ad usarlo
per eseguire un’operazione a cuore aperto non proprio sicura per il paziente.
Ma la sua ombra esce dal muro e afferra il metallo con una mano trasparente,
bloccandolo. Con uno sforzo sovrumano potenziato dalla sua rabbia, il
Demolitore rompe la stretta della sua stessa ombra e lancia la sbarra incantata
contro Shades, che la afferra al volo nonostante la sua velocità.
La rilancia al Demolitore, e con
un dito gli indica di venire avanti. Il Demolitore carica contro di lui e
sferra un pugno che avrebbe potuto abbattere una casa, se Shades non l’avesse
evitato. Due colpi con la sbarra vanno ugualmente a vuoto. Con le vene sulle
tempie sul punto di scoppiare tira un ultimo devastante pugno, che Shades evita
spostandogli leggermente il braccio. Approfittando dell’apertura
dell’avversario, lo colpisce con un destro.
Il Demolitore indietreggia, giusto
in tempo perché la sua ombra lo faccia sprofondare nel pavimento, con un
gigantesco mal di testa.
-Tutto qui ? Che perdita di tempo.
Madcap saltella felice in mezzo ai
suoi clienti, tutti stesi a terra, e quanto resta di tavoli e sedie.
-Guardate ! Un inno
all’insensatezza dell’insensato ! Questa è la migliore festa senza cavoli
fritti che abbia mai dato !!!
-Perché non abbiamo steso anche
lui ? – chiede Shades mentre si prepara da solo un altro God-Father, cosa non
semplice dato che metà del banco è stata distrutta e, essendo Madcap il
barista, non c’è il minimo criterio nell’ordine degli ingredienti.
-Perché guarirebbe dopo un paio di
secondi.
-Non dalle ferite che gli farei
io.
-Naah. Dove lo trovo un altro
barista che decide a caso quando farti pagare e quando no ?
-Si sarà accorto che gli hai
svuotato la cassa ?
-Probabilmente deciderà che,
siccome lasciarmelo fare non ha il minimo senso, per lui è perfetto.
-Comincio a capire i tuoi motivi…
-Quella cosa che hai fatto… schivare
tutti i colpi del Demolitore, puoi insegnarmela ?
-Se vuoi imparare, sì.
-Okay. Allora penso che-
-Ehi, salvatori del disordine ! –
li chiama Madcap, intento a trascinare fuori i suoi clienti – Mentre io do una
pulita, che ne direste di rintracciare la mia cameriera ?
-Ci penso io – risponde
prontamente Switch, che si allontana dal banco.
-Che fai, gli dai retta ?
-Così non si accorgerà della
cassa.
-Non hai detto che gli andrà bene
?
-Mi è venuto in mente che, siccome
è una cosa decisamente da lui, potrebbe anche decidere di fare l’esatto
contrario…
Non molto più in là c’è il retro.
Si guarda intorno ma non vede nessuno. Poi sente qualcuno lamentarsi, una voce
maschile. Probabilmente un cliente ubriaco che si è perso la rissa. Switch esce
dal retro, trovando l’Averla Assassina a terra, reduce da un pestaggio a quanto
sembra.
-Quella puttana… quella puttana…
-Fermo lì ! – ordina una voce
femminile puntandogli contro un coltello. Switch la riconosce.
-Timber ! Che è successo qui ?
-Non sei impazzito anche tu, vero
?
-Non più del solito – risponde
togliendosi la maschera. Abituata a vedere gente molto più strana, Timber non
fa caso agli occhi totalmente neri.
-Non ci crederai mai, Eddie…
questo imbecille ha cercato di violentarmi !
-E’ veramente impazzito, oppure
voleva suicidarsi.
-Uh. Non mi meraviglio che siate
sempre qui a lamentarvi delle vostre sconfitte, se siete tutti così.
-Pensa agli affari tuoi tu.
Si guardano in silenzio per
qualche istante. Poi si parlano nello stesso momento.
-Sei libero stasera ?
-A casa tua o a casa mia ?
Dietro il bancone, Shades finisce
di preparare il suo drink. Switch si avvicina.
-A questo punto ci separiamo.
-Dove vai ?
-Scarico Marasso in un magazzino
da qualche parte e vado a divertirmi. Almeno questa sera puoi evitare di starmi
appiccicato ?
-Per oggi hai imparato abbastanza.
Praticamente niente, ma in un certo senso anche troppo.
-Per una volta, non potresti
rispondermi come uno psicopatico normale ?
-Vai e divertiti.
-Apprezzo lo sforzo. Alla
prossima.
Switch crea un portale e richiama
Marasso, dopo aver concordato con Timber luogo e ora.
-Freeman ?
-Che hai ancora, Shades ?
-Posso considerare valido il patto
?
-Sì, certo. Non preoccuparti.
Il portale si chiude alle sue
spalle. Shades manda giù il drink.
“Dovresti essere tu a
preoccuparti, Freeman… Chissà se in questa città ci sono dei piraña…
In un’altra grande città
americana. Al trentesimo piano di un grattacielo, l’ufficio vendite della
Reflex Technologies. Il classico dirigente con un vestito dal costo superiore
al mese di stipendio dei suoi dipendenti segue con apprezzamento l’incedere
della donna in tailleur nero, più che altro interessato alla minigonna
vertiginosa. La vede fermarsi davanti all’ascensore ed aspettare che arrivi. Si
sbriga ad attirare l’attenzione di un suo collega e amico.
-Ehi, hai visto che roba ? Venti
dollari che ci sta.
-Sei impazzito !? Quella è miss
Link. Ti conviene fare finta di non averla neanche vista.
-Andiamo, al massimo dirà di no.
-E’ la segretaria del grande capo,
e poi…fidati, quella è pericolosa.
-In che senso ?
-E’ pericolosa e basta. Quelli che
le danno fastidio tendono a fare una brutta fine.
-Oh, questa in giro non l’avevo ancora sentito.
-Per me è una strega. O una
mutante. O una strega mutante.
-Ah sì ? E quale sarebbe il suo
potere ?
-Può far capitare qualsiasi cosa a
chiunque. Generalmente cose brutte.
-Non l’ho capita.
-Non è una battuta, sto parlando
sul serio. Tu sei nuovo qui… questo non è un posto come gli altri. Occhio, sta
venendo qui !
La ragazza si avvicina
ancheggiando leggermente. Quando è davanti al suo ammiratore, gli sorride. Alza
una mano e con l’indice gli sfiora leggermente la giacca. Poi con lo stesso
dito tocca l’orecchino destro, una piccola stella, e si volta tornando verso
l’ascensore, che è appena arrivato.
-Bye !
Mentre le porte si chiudono, la
sua vittima sorride e si vanta con l’amico, che sta tornando al suo lavoro.
-Beh, hai visto ? Penso che ci
proverò ancora a fine giornata…
“Povero idiota” pensa l’altro,
tenendosi impegnato per non rifletterci troppo, “Non so che tipo di connessione
ha creato questa volta, ma non arriverai a fine giornata”.
L’ascensore ci mette qualche
minuto a raggiungere l’ultimo piano. Il suono dei tacchi risuona nel corridoio,
che porta all’unico ufficio del piano.
Una
targa dorata recita:
“SYBIL
LIGHTER – Founder – Chairman/Chief Executive Officer – Entrance might not imply
safe leaving ” [1]
E’ una targa un po’ strana, e
sicuramente pretenziosa. Ma siamo alla Reflex Technologies, dove ignorare le
cose strane è vitale.
Link apre la porta in legno
massiccio. Lo spazio lavorativo dell’ufficio è relativamente piccolo, ma in
ogni spazio possibile c’è una finestra. Davanti ad una di esse, una donna sui
cinquant’anni portati molto bene, le mani dietro la schiena. Le luci sono
accese, anche se non ce n’è veramente bisogno.
-Miss Lighter ? L’arrivo a
Vancouver è previsto per domani pomeriggio. E’ probabile che si rechi alla
prima grande città americana nei dintorni, molto probabilmente Seattle.
-“Probabile” ?
-E’ probabile ora. Dopo il mio intervento, sarà certo.
-Bene. Assicuriamoci di non
perderla di vista, questa volta. Spymaster è riuscito a liberarsi dei suoi
impegni ?
-Purtroppo no. Posso liberarlo io,
però…
-No. Non voglio che il nostro
intervento sia troppo pesante, la Cacciatrice potrebbe accorgersi di noi.
-Nel qual caso, il Primo Riflesso
vorrebbe la sua testa su un piatto d’argento.
-Se riusciamo a seguire il
Cacciatore d’Ombre fino alla sua preda, il P.R vorrà baciarmi il culo per aver
finito il suo lavoro.
-Avremo bisogno di contattare un
nuovo agente…
-Trova Pathfinder. Può mancare di
esperienza, ma non esiste segugio migliore. Accetta qualunque sua richiesta di
denaro; non possiamo assolutamente permetterci di fallire.
-Ci sono altri problemi, Lighter.
Abbiamo ricevuto segnalazioni su Shades.
Le mani si stringono in pugni,
attorniati da un alone di luce. La temperatura si alza di qualche grado.
-Quel figlio di puttana. Spero che
sia lui il bersaglio.
-Secondo la nostra talpa, sta allenando una nuova arma.
-Un altro Nonriflesso ? Come se
avesse anche lontanamente funzionato le ultime volte.
-In realtà, non ne siamo sicuri.
Sta coprendo molto bene le sue tracce.
-Hhhmmmm. Forse possiamo procurare
a lui e al suo protetto qualche… incidente… che li renda meno prudenti ?
-Aww, mi conosci, capo…
Link si toglie l’orecchino destro,
gettandolo da una delle finestre aperte. Flash. A fine giornata, il dirigente
che stava per provarci con lei troverà l’orecchino per strada, e si fermerà per
raccoglierlo. Per sua sfortuna, i freni di un camion smetteranno di funzionare
proprio in quel momento, portando all’inevitabile scontro. Morte sul colpo, e
nessuno raccoglierà l’orecchino fino a quando Link non passerà ancora di lì.
-…procurare incidenti è la mia
specialità.
Da qualche parte. CZ-81 detesta
dover lavorare la notte, ma anche gli agenti dell’A.I.M devono fare gli
straordinari di tanto in tanto. E persino loro devono sbrigare lavoro
d’ufficio. Ha praticamente finito, gli restano da assegnare giusto un paio di
missioni e poi potrà andare a casa a riguardarsi l’episodio di Sentieri che ha
registrato. Se solo capisse come hanno fatto un resoconto del progetto Marasso,
un curriculum di Deadpool e l’identikit di Switch a finire nella stessa pratica
di una ricevuta di una consegna della Reflex Technologies… Ma oramai è tardi,
ancora un po’ e perderà l’autobus per andare a casa.
Giusto il tempo di indicare una
cifra indicativa del compenso per la cattura di Marasso e Switch, un paio di
firme in codice ed esce dall’ufficio.
CONTINUA…
[1] “Fondatrice – Presidente/Direttore
Generale – L’entrata potrebbe non implicare un’uscita sicura”
VILLAINS #15
PROVA A PRENDERMI
Una base delle Avanzate Idee
Meccaniche. Da qualche parte.
Le basi sotterranee delle
organizzazioni tecnico-scientifico-terroristiche si assomigliano tutte, del
resto.
Attorno a un tavolo a semicerchio,
sei uomini e una donna in un’uniforme gialla esaminano dei fogli, mentre un
uomo in costume rosso e nero siede al centro della stanza, impaziente.
-Il suo curriculum è alquanto…
singolare, mister Wilson.
-Grazie. Veramente sarebbe mister
Pool, ma sa com’è farsi chiamare “signor piscina” non è un granché per la
propria immagine certo, a meno che non si sia l’arcinemico di
non-so-se-oggi-sono-ancora-re-Namor, e non potevo farmi chiamare mister Dead
perché c’erano dei problemi di copyright con questo tizio morto con una enorme
cintura a forma di D, voglio dire si vede abbastanza che sei morto non c’è
bisogno di- *pant* persino io devo prendere fiato qualche volta - sì, comunque
è mister Wilson.
-Per quanto riguarda il compenso…?
-La collezione prestige dei
Simpson. Con i sottotitoli presi da South Park perché così fa più ridere e
sembra più intellettuale. Mi accontento di poco… comunque le cassette possono
anche essere normali.
-Lo ha scritto anche sul
curriculum, in effetti…
-Continua tutto così ? – chiede un
altro degli agenti sbirciando il foglio prestampato.
-Peggio.
-Siamo sicuri che Spymaster non
sia disponibile, vero ? – chiede sottovoce uno degli agenti, senza ricevere
risposta.
-Penso che possiamo lasciar
perdere il curriculum, per una volta. Le è stata data la documentazione su
Marasso, mister Wade ?
-Me l’ha data un tizio con su
scritto CZZ-8 sulla divisa, no dico io ma vi pare il caso di mettere una sigla
del genere ? Roba da vent’anni di psicanalisi, qui poi dovreste essere tutti
dei
mega-geni-che-possono-inventare-padelle-antiaderenti-alle-molecole-instabili-ma-non-sanno-fare-una-cavolo-di-invenzione-utile…
credeteci o no, sta veramente sul dizionario come aggettivo… tra l’altro dovreste
fare qualcosa per quelle divise, andiamo dovreste essere tutti degli Einstein
ma pettinati meglio e la cosa migliore che vi potete inventare è una tutina
giallo limone che può mettere in seria discussione la virilità di un uomo, non
che io non sia al passo coi tempi ma a cose del genere ci tengo, e poi che
vogliamo dire di quegli accidenti di caschi che non riesci neanche a guardare
di fianco senza dover prima collegare tutti i puntini dall’1 al 75 con la
matita, che poi cavolo li disegnassero loro ‘sti cosi invece di fare dannare la
povera gente non è che abbiamo tutto questo tempo per un disegnino schifoso !!!
-…
-Comunque, qual era la domanda ?
Altrove, nell’ombra.
-Ricordati di non pensare a dove
ti trovi, ma a dove si trova l’altro.
-Come faccio a schivarti se non so
dove sei !?
-Non devi sapere dove sono io.
Devi sentire la mia ombra. Ci sei ?
-Per quanto possa capirci, sì.
-Facciamo un tentativo, allora.
Prova a prendermi. Via.
Il primo pugno va a vuoto. Nel
punto da cui proveniva la voce non c’è più niente. Una gomitata al collo mette
già fine all’inseguimento.
-No. Ti ho detto di non seguire me. Concentrati sulle ombre.
Concentrati. Via.
Un colpo alle spalle, da dove
l’aveva attaccato l’ultima volta. Non c’è niente. Un altro colpo alla sua
sinistra. A vuoto anche questo, uno sgambetto lo mette a terra.
-Concentrati di più.
-E’ tutto quello che riesci a
dirmi !?
-Via.
Pugno a destra. Vuoto. Passo
indietro. Gomitata a sinistra. Vuoto. Pugno in avanti. Vuoto. Gancio sinistro,
a terra.
-Cazzo, Shades, c’è il sole !!! Lo
sai che il Senso d’Ombra non funziona !
-Funziona, ma non lo sai usare. Ti
fai distrarre dalla luce.
-Non potresti bendarmi ?
-Questo non è uno stupido film
sulle arti marziali, Freeman.
-Quindi tu non sei il mio maestro o
stronzate del genere, e allora piantala con queste chiacchiere sulle ombre e
dimmi come fai ad anticipare
l’avversario !
Shades mette le mani nella tasca
della giacca, totalmente rilassato, mentre Freeman si rialza. Come accidenti fa
a tenere quel cappotto pesantissimo e a muoversi così velocemente per due ore
!? Lui è in tuta da ginnastica e gronda di sudore !
-Così non funziona. Sei ancora più
inesperto di quanto pensassi, praticamente dovrò spiegarti tutto.
-Senti, non posso farci niente se
col sole questa cosa di vedere attraverso le ombre non funziona…
-Non è una cosa di cui
vergognarsi. E’ difficile abbandonare la paura della luce.
-Non si tratta di paura…
-E di cosa, allora ?
-Non lo so !!!
Shades sembra rassegnato. Persino
il suo solito ghigno sommesso è scomparso, e fissa l’orizzonte.
-E’ solo questione di stato
dell’anima, Freeman. Tutto qui. Non è una cosa che si possa spiegare a parole,
è una sensazione. O ce l’hai o no. Sarebbe come se tu mi chiedessi come si fa
ad essere arrabbiati. Posso metterti in una situazione tale da scatenare la tua
rabbia, ma non posso spiegarti come
arrabbiarti.
-E allora che si fa ?
Freeman non ha mai visto il suo
nuovo alleato con quell’espressione. Sta pensando.
Un magazzino nella periferia di Seattle.
Sotto la scarsa luce che dal soffitto illumina quanto può data l’ora tarda, un
uomo sta esaminando della merce poco pulita, tenuto d’occhio da colui che
gliel’ha procurata. Senza che lo sappiano, sono osservati.
Tra le travi in legno, nascosta
tra le ombre, una donna ben poco interessata alla loro fedina penale già
pregusta il compenso.
La sua preda è vicina, molto
vicina. Appena oltre i dieci metri, probabilmente. Davanti a lei, sulla
sinistra. Fa un passo per avvicinarsi, ma la trave scricchiola un po’. Non ci
aveva fatto molto caso prima. Forse può andarci un po’ più leggera… muovendosi
in assoluto silenzio, cammina sulla trave sulle mani. Benedetto senso
dell’equilibrio super-sviluppato ! Non c’è molto spazio per camminare così,
deve tenere le gambe il più piegate possibile.
La cassa viene richiusa. Lei vi è
sopra, a circa sei metri di altezza. Si lascia cadere, atterrando con grazia.
Ovviamente i gorilla stanno già puntando le loro pistole su di lei, ma sa come
cavarsela. Un salto mortale all’indietro la fa atterrare su uno di loro, che
viene colpito da due suole dure come il marmo. Un calcio alla mano del suo
collega lo disarma, uno allo stomaco lo fa volare qualche metro più in là
provocandogli una discreta emorragia agli organi interni (ci ha messo tanta
forza quanto per un salto di almeno sette metri, per andare sul sicuro);
l’ultimo, che cerca di spararle alle spalle, viene spedito contro il muro da un
calcio roteante.
Il loro capo tenta la fuga,
esattamente come lei sperava. Un salto all’indietro la porta davanti a lui, ed
è in questo momento che la preda si sposta per prendere meglio la mira. Serve
tutta la forza che ha nelle gambe per quel salto di quasi quindici metri in
diagonale, ma ne vale la pena.
Lui non ha neanche il tempo di
capacitarsi di un salto del genere, un calcio estremamente doloroso gli fa
perdere la presa sulla pistola. Un secondo calcio alla testa lo confonde, ed un
ultimo calcio laterale lo fa cadere.
Dopo una caduta del genere non
cerca più di scappare, ma sarebbe comunque inutile: nessuno è mai riuscito ad evitare Pathfinder. Atterra proprio
davanti a lui; le gambe le fanno ancora male, non avrebbe dovuto esagerare.
-Che vuoi da me !?
-Devi solo stare fermo. Mi hanno
pagato solo per trovarti… penso vogliano tenersi il piacere di farti fuori.
-Non so di cosa stai parlando !!!
-Non vorrai farmi arrabbiare ? –
Un calcio dato con noncuranza alla cassa ne distrugge metà, rovesciando a terra
la cocaina.
-Ascolta, qualunque cifra ti
paghino…
-No, non puoi pagarmi di più.
Credi che non abbia controllato, prima di accettare ? Quella plastica facciale
ti è costata molti soldi. Peccato
che, con me, qualsiasi travestimento sia inutile.
-Proprio quello che speravo di sentire – dice una voce femminile
dall’altra parte del magazzino, nello stesso istante in cui una frusta di luce
afferra il collo del povero sicario.
-Ehi, stai strangolando il mio
assegno da diecimila !!!
La donna dai tratti orientali che
tiene in mano la frusta estrae qualcosa dalla tasca della giacca in pelle, ma
non si tratta di un’arma come Pathfinder comprende una volta afferrato al volo
un pezzo di carta.
-Un assegno da ventimila dollari
per il suo disturbo, miss Mathers.
Mentre il sicario smette
definitivamente di respirare e la frusta scompare, Pathfinder constata che
l’assegno è vero.
-Tre domande. Primo, come fa a
sapere il mio nome ? Di solito sono io a dover rintracciare le persone.
Secondo, perché questa Reflex Technologies vuole assumermi ? Terzo, lei chi è ?
-Vogliamo assumerla solamente
perché faccia il suo lavoro, miss Mathers.
-Restiamo su Pathfinder, grazie.
Chi devo seguire ?
-C’è una donna chiamata
“Cacciatrice d’Ombre”. Deve uccidere qualcuno, e noi vogliamo sapere dove si
trova la sua preda. Potrebbe essere ovunque nel mondo.
-Nessun problema. Una volta
sintonizzata sul suo cervello, potrei ritrovarla anche sulla Luna. Per la cifra
adatta, ovviamente…
-Cinque milioni di dollari, per
esempio ?
-Dovrebbe…andare, sì.
“E’ almeno dieci volte quanto ho
guadagnato negli ultimi due anni !!!”
-Per curiosità, chi dovrebbe
uccidere ?
-Un tizio di nome Shades. E
probabilmente anche il suo protetto.
Sul tetto, Freeman inizia a
chiedersi seriamente se il suo desiderio di diventare un vero super-criminale
non l’abbia portato troppo in là. Davanti a lui, Marasso si guarda in giro
muovendo lentamente la coda, nella solita posizione che assume quando analizza
una nuova situazione.
-Okay, perché l’abbiamo portato
quassù ?
-Marasso esegue qualsiasi ordine
tu gli dia, se non erro.
-Già.
-Voglio che tu gli chieda di
eseguire i prossimi tre ordini che gli darò, senza eccezioni.
-Come !?
-Un nuovo metodo di allenamento
che ho appena ideato. Se te lo spiegassi non funzionerebbe più, credimi.
-Non so…
-E’ un passo che è necessario
fare, Freeman. Occorrono dei sacrifici per raggiungere la perfezione
dell’oscurità.
-E va bene, e va bene…qualunque
cosa pur di non sentirti ricominciare con queste storie. Marasso ?
Il cyborg rettile lo fissa negli
occhi, pronto ad obbedire.
-Esegui i prossimi tre ordini di
Shades, senza eccezioni. Chiaro ?
Marasso fa cenno di sì con la
testa. Shades si lascia scappare un mezzo sorriso. E’ fin troppo facile…
-Okay, Shades, è tutto tuo.
-Tu sei pronto ?
-Credo di sì.
-Bene. Marasso ? Uccidi Switch.
Il serpente si abbassa, incurvando
la schiena, mentre uno dei più sofisticati microcomputer disponibili progetta
il metodo di attacco più letale.
-Ehi, aspetta !
Gli artigli di Marasso colpiscono
il punto in cui Freeman era mezzo secondo prima, cercando poi di colpirlo con
la coda. Freeman para con un portale chiuso.
-Marasso ! Ordine annullato !
-Troppo facile, Freeman ! “Niente
eccezioni”, ricordi ?
-Bastardo !!!
Privo della nozione di
moderazione, Marasso si muove alla massima velocità, un tornado di artigli e
zanne che salta da un punto all’altro del tetto, mancando sempre la sua preda
all’ultimo secondo. Analizzando la propria strategia ed arrivando a giudicarla
inadatta, si allontana dalla preda per spiccare un salto ancora più veloce,
spinto non solo dalle gambe ma anche dalla lunga coda meccanica. Ad un passo
dalla vittima, si trova davanti un cerchio nero di due metri di diametro.
Appoggiandosi con una mano
all’estremità, e sforzando al massimo i servo-motori dei muscoli delle braccia,
esegue una piroetta per salire nuovamente sopra la testa di Freeman, e
conficcargli gli artigli nel cervello. Purtroppo, gli artigli in questione
entrano in un portale e ne escono proprio dietro la schiena di Marasso, che
riesce nell’impresa di arpionarsi da solo. Freeman si teleporta a qualche metro
di distanza, lasciando cadere il cyborg a terra.
-Marasso: ordine annullato.
Rialzandosi con calma, senza più
nemmeno l’ombra della furia assassina dimostrata un attimo prima, Marasso torna
nella sua posizione di attesa. Freeman si avvicina minaccioso a Shades, che è
rimasto immobile per tutta la battaglia.
-Figlio di puttana…
-Ti rendi conto di avere appena
tenuto testa ad una delle migliori macchine per uccidere in circolazione ?
-Come… – si domanda, realizzando
solo ora cosa ha fatto – C’è ancora il sole…
-E a te non deve importare. Non
sei completamente da buttare, sai ? Forse un po’ troppo…ancorato alla realtà,
ma ci possiamo lavorare su. Ti aspetto domani mattina. Non mancare.
Shades scompare nella sua stessa
ombra, come se affondasse nella superficie del tetto. Parecchio confuso,
Freeman ritorna al suo appartamento, ordinando a Marasso di tornare in cantina.
I pensieri dei due sono molto diversi.
“Per quel che mi riguarda, può sparare tutte le cazzate
filosofiche che vuole, se mi insegna davvero a fare quello che fa lui…”
>Ordine
in esecuzione >Ordine Shades #1
eseguito
>Ordine
Shades #2 eseguito
>Ordine
Shades #3 >In attesa…
Il
Bar With No Name. Più precisamente, il bar
principale della catena segreta con lo stesso nome. Nell’ambiente criminale circolano
diverse leggende su quale sia stato il primo, e su un finanziatore misterioso
che punta alla conquista del mondo. Generalmente, la teoria viene esposta dopo
il settimo bicchiere, a prescindere da cosa contiene.
E’ raro che ci siano clienti prima
di sera, la maggior parte dei super-criminali preferisce mantenere un profilo
basso durante la giornata. Per questo, non c’è nessun motivo per restare aperti
24 ore su 24. Quindi non dovrebbe sorprendere che Madcap sia dietro al bancone,
quando un leggero bagliore fa apparire un uomo in costume rosso e nero. Madcap
fa cadere la piramide di bicchieri che stava costruendo, mandandoli tutti in
mille pezzi (da quando è il proprietario del bar, metà dell’incasso viene speso
per rimpiazzare sedie e bicchieri).
-Salve ! Benvenuto al mitico Bar
Senza Nome, l’unico bar al mondo in cui si servono drink all’ananas fritto !
-Che peccato, speravo in un frappé
di cavolo.
-Con o senza sale ?
-Non mi piace chi fa battute meno
divertenti delle mie…
-Ehi, io ti conosco, tu sei Mister
Deadpool, quello buttato fuori dal Bar dal precedente proprietario…abbiamo
cambiato gestione, ora puoi tranquillamente mettere bombe a mano sotto le sedie
dei clienti invulnerabili.
-Naah, è divertente solo le prime
tremila volte, poi diventa banale. Senti, è qui che c’è stata la strage del
Flagello, giusto ? – chiede Deadpool avvicinandosi al bancone, trovando l’unica
sedia che non è stata ancora sfasciata.
-Eh sì, ha mandato al Grande
Rifornitore un bel po’ di gente.
-Conosci un certo Marasso, per
caso ? – mostra al barista pazzo una foto del suo bersaglio – Pare sia
strisciato fuori dalla tomba, recentemente.
-Sì, sì, gli ho servito un topo
morto la settimana scorsa. Non mi ha dato la mancia, mi piace quel tizio.
-Sai dove posso trovarlo ?
-No, mi spiace. Non diamo
informazioni sui nostri clienti, sennò non sarebbe un bar segreto. Dirtelo non
avrebbe senso, ma fare sempre l’opposto di tutto è così ovviamente privo di
senso da essere prevedibile, quindi… nisba, Mister Deadpool, non ti dirò
niente.
-Oookay… sai, c’è una mia amica
che potrebbe farti cambiare idea…
Con uno scatto fulmineo, mette il
braccio attorno al collo di Madcap e con l’altra mano estrae la sua spada,
posizionandola a due centimetri dalla gola della vittima.
-…si chiama Miss Lama; non farti
ingannare dalla simbologia fallica, è una vera donna. Allora, questo Marasso ?
Madcap afferra la spada, ed invece
di cercare di allontanarla come pensava Deadpool se la conficca in gola,
schizzando di sangue il mercenario.
-Ma che sei, scemo !?
Deadpool ritrae immediatamente la
lama, osservando Madcap che blocca il sangue con la mano, e se ne sta lì a
fissarlo, con la maschera attillata che fa intuire fin troppo bene il suo
sorriso beota. Deadpool cerca di pulire il sangue come meglio può, e si risiede.
-Re..gaaa…tttt…
-Fattore di guarigione, eh ? Vorrà
dire che aspetterò fino a quando non ti saranno ricresciute le corde vocali…
Nel frattempo, ti dispiace se mi servo da solo ?
Sulle scale di una delle palazzine
più strane di New York (ma neanche tanto, considerando le altre), un ragazzo
con la faccia tempestata di metallo saluta il suo ultimo idolo, che ogni volta
prova l’irresistibile desiderio di teleportarlo tre metri sottoterra.
-Mister Freeman !
-Dave…
-Spacker Dave !
-…quante volte ti ho detto di
chiamarmi Smith ? E poi, possibile che tu non abbia mai un cazzo da fare !?
-Da quando mi ha impedito di
collegare ancora la Playstation a Marasso...
-Come se non avessi di meglio da
fargli fare…
-Dove va adesso, mister Freeman ?
“Qui o mi scoprono perché si
lascia scappare il mio nome o perché trovano il suo cadavere…” pensa il
criminale, sforzandosi di trovarlo divertente.
-Dal Riparatore, vedo se può
trovarmi un lavoro… è da quel casino infernale di qualche giorno fa che non ne
trovo uno.
-A proposito di quella roba, ha
più visto Joan ?
-No. Ma non è che la notassi poi
tanto anche prima. Mi ha cercato qualcuno ?
-No.
-Bene.
-Cioè, sì… forse…
-Deciditi.
-Prima sono passati un paio di
tizi a chiedere del signor Freeman.
-Tizi ?
-Vestiti di nero, con degli
occhiali da sole…ne conosce di così ?
-Dave, praticamente tutti quelli che conosco girano vestiti
di nero con occhiali da sole, tranne quelli che mettono dei costumi. Che gli
hai detto ?
-Che qui non c’è nessun signor
Freeman.
-Bravo.
-Cioè…più o meno… gli ho detto che
era uscito…
-Cosa !?
-Cioè…non proprio… gli ho detto…
-Allora ? – intima Freeman,
incrociando le braccia e mettendosi davanti a Dave.
-Di passare più tardi… - risponde
il ragazzo, mordendosi un labbro.
“Perché non posso farlo fuori ? Perché !?”
-Puoi descrivermeli, almeno ?
-Alti, massicci, uno con pochi
capelli e un tatuaggio sul collo, l’altro con la barba è quello che guida la
macchina, targa RBG-497.
-Dave, sei un vero idiota, ma
almeno hai una buona memoria.
-Sono dall’altra parte della
strada, signor Freem- Smith.
Freeman si volta, osservando i due
uomini corrispondenti alla descrizione che camminano verso lui e Dave. Mai
visti… li manda Hammer ? L’AIM ? L’Hydra ?
-Vai dentro, Dave. Se metti ancora
il naso fuori dal tuo appartamento, giuro che ti ammazzo.
-Ma signor Freeman…
-Ho. Detto. Dentro.
-Sì, signor Freeman.
Mentre Dave torna in casa,
lasciando la porta socchiusa per poter sbirciare, i due uomini in nero arrivano
alla scalinata.
-Signor Frieman ? – chiede uno dei
due.
-No. Smith.
-Come vuole. Venga con noi.
-E se non volessi ?
-Vuole, vuole – risponde
sorridendo l’altro, aprendo la giacca quanto basta per lasciar intravedere la
pistola.
-No, non penso proprio.
-Le conviene collaborare, signor
Frieman… non ha idea di chi ha davanti.
-Nemmeno voi. La differenza è che
a me può anche non importare.
Nel tempo necessario per sbattere
le palpebre, e con una difficoltà simile, Freeman scompare. I due tizi vestiti
di nero estraggono le pistole e si guardano in giro, non considerando la
possibilità che il loro bersaglio si sia teleportato sul tetto.
Ad un cenno di quello con la barba
si incamminano verso l’entrata, e un secondo dopo uno dei due sente un dito che
picchietta sul suo collo. Si volta di scatto, pronto a sparargli, ma Freeman è
ormai alle sue spalle, che gli assesta un calcio nel sedere. Il suo collega
prende di mira il super-criminale, che scompare un’altra volta per afferrare la
pistola dello sgherro sbilanciato.
-Non tenti cose strane – lo
avverte l’altro, che lo sta tenendo di mira. Freeman sorride, e l’istante
successivo è alle sue spalle e gli sta puntando la pistola alle tempie.
-Tipo questa ? Buttala e mani in
alto.
Lo sgherro obbedisce, e l’altro fa
lo stesso (escludendo la pistola da gettare, visto che non ne ha più una).
-Chi vi manda ?
-Ranennyj.
-Il padrino russo ? E che vuole da
me ?
-Non lo sappiamo. Dobbiamo solo
portarti da lui.
-E allora adesso mi ci portate.
Senza tentare cose strane, eh ?
Freeman indica l’auto con un cenno
della testa, e i tre si spostano molto, molto lentamente verso di essa.
Bar With No Name. Con la maschera
sollevata appena sopra le labbra, Deadpool si sta scolando quanto di più
scadente ci sia dietro il bancone, tenendo d’occhio il fucile che qualche
minuto prima ha usato come clava sulla mascella di Madcap, che sta ancora
finendo di guarire.
-Uon è shtato olto carino…
-Non dovevi puntarmelo addosso. E
poi, perché cavolo non ci avevi messo le munizioni ?
-Essun otivo.
-Certo che sei strano forte, tu.
-lve.
-Come ?
-Salutava me – si intromette una
voce alle spalle di Deadpool, che per lo spavento schizza il più lontano
possibile, rischiando di sfracellarsi al suolo.
-Aaaah !
-Da quanto tempo, Wade.
Il mercenario chiacchierone estrae
a tempo di record la spada e la posiziona ancora più velocemente sulla
giugulare del nuovo arrivato.
-Che ci fai qui, Shades ?
-Mi piace il posto. Il solito,
Madcap. Ma prova a metterci ancora trielina al posto dello scotch e ti ci vorrà
una vita per guarire, chiaro ?
-Allooooora…ammazzato qualcuno di
interessante, ultimamente ?
-La giornata non è ancora finita.
-Senti, resterei volentieri a
sentire di quali stragi ti sei occupato ultimamente e fare compagnia al collega
più psicopatico che abbia mai incontrato ma avrei da fare, per cui se non ti
dispiace-
-Guardati i piedi.
-Io sono più per “tirami il dito”,
sì okay sono un signore ma alcune cose restano dei classici, anche se non mi
pare esattamente il momento per-
-Guardali.
-Okay, li guardo…tu hai ancora una
spada sulla gola, tra parentesi… sto per guardare… non tentare uno dei tuoi
soliti trucchi perché posso anche abbassare la spada e tagliare da tutt’altra
parte… ecco, ho guardato. Che c’è di strano ?
-Non hai più l’ombra.
-Comecomecome !?
-Guarda tu stesso. L’ho presa io.
Deadpool lascia perdere la spada e
si guarda intorno, come se cercasse qualcosa per terra. E senza trovarla.
-Non puoi sopravvivere per più di
ventiquattro ore senza la tua ombra, te lo assicura un esperto. Ora siediti,
offre la casa.
-Eramente on-
-Offre. La. Casa.
-Kay.
A due chilometri dal proprio
appartamento, Edward Freeman scende da una costosa macchina straniera (la
nazionalità gli importa molto meno del valore), aspettandosi un comitato di
benvenuto fin troppo caloroso. Invece trova solo tre uomini massicci in giacca
e cravatta fermi davanti ad un enorme stabilimento abbandonato. Scende dalla
macchina, stando molto attento a non perdere di mira i due sgherri che lo hanno
portato fino a qui.
Uno dei tre si avvicina
velocemente, anche se sta solo camminando. Sembra molto rilassato, decisamente
non una guardia all’erta.
-Ti stavamo giusto aspettando,
Eddie.
-Ci conosciamo ?
-Ah già, non mi hai mai visto senza
il costume. Non mi riconosci proprio ?
-Sembri un collega di queste due
teste di cazzo che hanno provato a sequestrarmi.
-Sì, non sei cambiato per niente.
Se avessi un grosso casco metallico verde sulla testa ti verrebbe in mente
qualcuno ?
-Non conosco nessuno con…aspetta…
Turbine !?
-Eh, è da un po’ che non sentivo
quel nome. Ogni tanto mi manca, ma quando ricevo il compenso settimanale mi
dimentico di tutto…
-Che è questa storia ? Come
sapevate dove abito ?
-Non mi occupo io di queste cose,
ma non è difficilissimo da scoprire. E poi con il messaggio che ci hai lasciato
avresti dovuto sapere che ti avremmo cercato.
-Quale messaggio ? Non ho niente a
che fare con la mafia russa, era Modok a fare tutto.
-Come no, quindi l’uomo-ombra che
ci ha dato i soldi che il testone aveva messo da parte ha fatto tutto di testa
sua per dare a te il merito ? Andiamo, stiamo parlando di cose serie qui.
-Pensa quello che ti pare.
Preferirei parlarne direttamente con il padrino.
-Ti do un consiglio, non chiamarlo
mai così, sarà più facile non
lasciarselo scappare in sua presenza. Non sai quanto si incazza…
-Mi hanno detto di stargli alla
larga.
-Se non lavori per lui, ottimo
consiglio…altrimenti, è un business milionario. Ricordi tutti i discorsi di
Speed Demon sui criminali che ce la fanno ? Ora siamo in serie A, Switch,
quindi ti conviene smetterla di giocare.
-Che ci guadagno a non
teleportarmi dall’altra parte della città ?
-Un lavoro da cinquemila dollari
la settimana.
-Hhhmmm. Fai strada.
-Sapevo avresti accettato. Ah
questa la prendo io, se non ti dispiace. Non sarei una guardia del corpo come
si deve se ti facessi entrare armato, no ?
Soltanto ora Freeman si accorge
della mancanza del peso dell’arma che fino a un battito di ciglia prima teneva
in mano.
“E’ anche più veloce di quanto
ricordassi. Beh, se pagano così tanto un cretino come Turbine, posso fare
carriera con questi”
Pochi minuti dopo, i due
super-criminali vengono lasciati soli e si incamminano verso un ufficio
lussuoso, costruito dove fino qualche mese prima lavorava un uomo il cui
cadavere non è ancora stato ritrovato. L’attuale proprietario cammina
nervosamente per la stanza, urlando in quello che Freeman intuisce essere
russo, e continua ad alzare la voce.
-Sarebbe lui ? L’ho intravisto
solo una volta… - sussurra Freeman.
-Sì, è l’ultimo arrivato nel
quartiere. Non farti ingannare dall’aspetto campagnolo, quello ha una laurea in
economia all’università di Lvov, dovunque si trovi. Se ne vanta tanto spesso
che lo so a memoria ormai.
-Immaginavo che non fosse laureato
in inglese, da come parla…
-Sì, non riesce ad azzeccare più
di due sillabe di fila. Ma è tutta scena, in realtà parla benissimo se lo
vuole.
-E allora perché-
-L’haj portato, Davjd ? Non c’è
probljema, sì ? – chiede con voce normale, anche se sempre con un volume
sgradevole. Solo ora Freeman nota lo sfregio sulla faccia, e solo ora si rende
conto di essere di fronte a un vero padr- pakhan, si corregge.
-Sì, è lui. E’ Switch.
-Bene, ragazzo, noi fatica per
trovartj ! Bravo a scomparare, ehehe ! – esordisce dando una pacca al
criminale, rischiando di rompergli la spalla; se non altro gli ha evitato di
chiedersi in che lingua gli stia parlando.
-Io-
-Riccerato ?
-Sì.
-Debitj ?
-Solo gente che ammazzerei alla
prima occasione.
-Droge ?
-No, mi piace lavorare a mente
libera.
-Bravo ! Polverinje buone solo di
vendute per quegli comje noi, sì ? O per ragazzie, ahahaha ! – un’altra pacca
quasi fa cadere Freeman a terra, e solo all’ultimo si trattiene dal rispondere
a tono. Ci tiene alla vita, in fondo.
-Okaj, ora noi fa patto tra ladrj.
Tu conoscie Vorovskoy Zakon, codjice russo di ladrj ?
-No.
-Male, male… Djavid non sa e pagha
meno, ahahah ! Cuartja regola, un ladrjo aiuta altro ladrjo; tridicesimo
regola, insegnja mestjere a giovanj. Capiscje ?
-Sì.
-Tu ruba cosie, ammazza giente che
me non piacje, e io paga. Capiscje ?
-Sì.
-Pochie parole, mi piacje chi non
parla tanto ! Gjà io parla tanto ! Ahahahaha ! Ora va, noi diamo numiero che
chiamare, tu aspjetta incarieco. Capisce ?
-Sì.
-Ora vanno, sì ? Io grosso bisnies
da occuparie !
Bar With No Name. Freeman appare
dal nulla, infischiandosene della regola dei costumi. Ora lavora per la mafia
russa, in fondo, non c’è motivo per dare retta a un pazzo lunatico.
-Madcap, qualcosa di forte, ho
voglia di…festeggiare…ma che…
Il barista pazzo ha una enorme
macchia di sangue sul costume e sta servendo da bere a Shades e a un altro
criminale che Freeman conosce solo di fama.
-No dai non ci posso credere,
veramente hai visto Austin Powers ? Non ti facevo così socievole, ho sempre
pensato che fosse la versione psicopatica di quel tizio di Forrest Gump che
parla sempre e solo di gamberi, solo che tu non la smetti mai di parlare di
ombre e oscurità. Come ti è sembrato ? Sai mi hanno fregato un sacco di battute
che volevo usare, se devi freddare qualcuno sempre meglio che quello crepi col
sorriso sulle labbra, l’ho sempre pensato.
-Era un film stupido.
-Non ti ha divertito neanche un
po’ ?
-No. Preferisco tutt’altro genere
di film comici.
-Per esempio ?
-Rosemary’s baby.
-Si può sapere che sta succedendo
qui !?
-Era ora che arrivassi, Switch.
Tutto a posto col pakhan ?
-Tu e io dobbiamo fare un certo
discorsetto, Shades…potevo anche lasciarci la pelle se quelli capivano il
trucco.
Freeman crea un portale davanti a
sé, ci infila le mani e ne estrae una delle sedie dei tavolini del locale,
visto che quelli al bancone sono finiti.
-Ma non l’hanno fatto. Switch, ti
presento Deadpool.
-Ho sentito parlare di te.
-E io di te. Forte il trucco
dell’Hudson.
-Di che si parlava ?
-Sai, le solite cose da criminali
– risponde Deadpool estraendo una pistola super-tecnologica da dietro la
schiena – che una volta era tutto più semplice, che i supereroi sono sempre più
fessi, come dividere il compenso dell’A.I.M per Marasso, quanto puoi pagarmi
perché non ti uccida seduta stante… cose del genere.
Freeman ingoia l’ultimo bicchiere,
contenente chissà cosa conoscendo Madcap, si mette comodo sulla sedia e fissa
l’arma.
-Interessante. Tutto questo prima
o dopo che ti avrò conciato per le feste ?
CONTINUA…
VILLAINS #16
Da A
a B
Bar With No Name. Potenzialmente
il bar più malfamato in cui vi possiate trovare, e senza ombra di dubbio il più
assurdo. O almeno, fino a qualche mese fa sarebbe stato estremamente assurdo
per Edward Freeman, alias Switch, sedere allo stesso tavolo di un maniaco
omicida e di un mercenario che gli sta puntando una pistola alla testa, e allo
stesso tempo fare un’ordinazione ad un barista che, tra le altre cose, è un
maniaco omicida senza molte rotelle a posto.
Ma del resto, fino a qualche mese
fa non c’era nessun “alias Switch” da aggiungere al suo nome.
-Vediamo se ho capito – dice con
calma mentre prende in mano il boccale di birra – sei stato ingaggiato
dall’AIM, a cui ho fatto perdere centinaia di migliaia di dollari negli ultimi
due mesi, per recuperare il cyborg che ho trovato per puro caso, Marasso.
-Già – risponde lo stranamente
laconico Deadpool, il suddetto mercenario che gli sta puntando una pistola alla
testa. Poi, dato che Freeman sta bevendo e Shades non è la persona più loquace
del mondo, continua a parlare.
-Ehi, posso averne uno anch’io ?
Però senza birra e senza boccale, piuttosto lo fate ancora il Gamma Rocket,
quello che fa scambiare di posto stomaco e cervello dando il tipico colorito
verdastro ?
-Spiacente – alza le spalle Madcap
– Non lo serviamo più da quando Electro lo ha vomitato sull’Uomo Assorbente.
-Noooo, me lo sono perso !!!
-E avresti dovuto vedere quando
Titania lo ha trascinato fuori per farlo tornare a casa. Stilt-Man gli ha fatto
delle foto, ma le ha già vendute tutte… a lui.
-Possiamo tornare all’argomento
del mio assassinio, per piacere ?
-Non ti intromettere tu, che sei
l’ultimo arrivato !!! Piuttosto, Shades, sicuro che non tirerò le cuoia prima
di domani, senza l’ombra che mi hai rubato ?
-Sì.
-Sicuro sicuro ?
-Sì.
-Posso stare tranquillo, allora ?
-Se stai zitto, sì.
-Com’è che vi conoscete, voi due ?
– domanda Freeman, avendo ormai dimenticato l’assurdità della situazione.
-Te lo racconterò, una volta o
l’altra. Ora, mi sembra che qui si stessero facendo degli affari…
-Dannatamente giusto !!! Allora,
Switch… dov’è che tieni questo Marasso ?
-In un posto sicuro. Hai scelto il
giorno peggiore per questa cazzata, Deadpool… ho affittato Marasso alla mafia
russa, per cinquantamila dollari la settimana. Se lo vuoi, mi devi pagare di
più…
-Sta mentendo – rivela distrattamente
Shades, intento a sistemarsi la giacca. E’ difficile a dirsi da dietro gli
occhiali da sole, che impediscono la vista degli occhi anche di fianco, ma non
lo ha nemmeno guardato.
-Tu che ne sai !!!
-Sei troppo stupido per fare un
accordo così vantaggioso.
-Prova un po’ a ripeterlo ! Non
parli più con Freeman il pivello, ma con Freeman il braccio destro del padrino
russo !
-E l’unica differenza tra i due è
in una borsa piena di soldi che ho consegnato al tuo nuovo capo.
-Ehi, quei soldi me li sono
guadagnati, mi sono fatto un mazzo così per conto di Modok !
-Sentite, potete discuterne
un’altra volta !? Questo mega-pistolone super-tecnologico ultra-moderno pesa un
accidente, se proprio volete saperlo !
-Fatti gli affari tuoi, tu !!! –
gli urlano contemporaneamente Freeman e Shades.
-Okay, scusate… no un momento,
sono io quello armato qui !!!
-Correzione. Sei quello armato che
può morire da un secondo all’altro se io dico alla sua ombra di strangolarlo.
-E se io metto un portale chiuso davanti alla pistola, facendola
esplodere.
-L’ombra lo ammazzerebbe prima.
-Vuoi scommettere ?
-Che posso uccidere più in fretta
e meglio di te ? Quando vuoi.
-Non facevi tanto il figo, contro
le Ombre !
-Almeno io non me la stavo per fare sotto nella Zona Negativa.
-Aaahh, adesso basta !!! Mi
sembrate due super-eroi !
-CHI TI HA CHIESTO NIENTE !? –
domandano i bersagli di nuovo all’unisono.
-Ora mi ricordo perché non vengo
più in questo bar…
Mi chiamo Leah Mathers, e se sono
a Seattle alle quattro di mattina a congelarmi le chiappe su una panchina, è
perché è il mio lavoro. Il novanta per cento del mio lavoro consiste nel
cercare informazioni su una persona x in un punto A, e di seguirla fino al
punto B. Che lavoro faccio ? Sono il miglior segugio che possiate trovare sulla
piazza, dai 1000 dollari in su.
Questa volta, gran parte del
lavoro l’ha svolto la Reflex Technologies, ossia il mio cliente, un’azienda
specializzata in prodotti ottici non meglio chiariti, la cui sede centrale non
è indicata su nessun documento ufficiale. E se vi sembra un’azienda strana,
provate a lavorare un paio di volte per la Roxxon Oil.
Così, sono seduta su una panchina
gelida di Seattle con in mano la fotografia di una ragazza, di cui non so
nulla. Anzi, due cose le so: passerà di qui a momenti, e dovrò seguirla fino a
quando non mi diranno di smettere. A me basta. Finché pagano, possono anche
chiedermi di seguire Topolino.
Non c’è nessuno nei paraggi, e
posso dirlo anche se ci si vede a malapena. Sapere dove sono le persone è il
mio lavoro.
Okay, visto che questa ragazza non
si decide ad arrivare, vi spiego due o tre cose. I cervelli umani emettono
delle onde cerebrali molto caratteristiche, più uniche delle impronte digitali
ed impossibili da alterare. Normalmente, per rilevare le onde cerebrali serve
un’apparecchiatura abbastanza complessa, e ci vuole un mucchio di tempo per
distinguere un cervello da un altro in base alle onde. Io, invece, distinguo
due cervelli a cinquecento metri di distanza.
Certo, se fosse tutto qui
probabilmente farei un altro lavoro. Il bello è che quando mi concentro su un
cervello, non lo mollo più. Mi stampo le sue onde sulla fronte e, a meno che
non faccia uno sforzo cosciente, non me lo scordo più per anni. E’ per questo
che sono Pathfinder.
In realtà, io volevo farmi
chiamare Brainfinder, più preciso come nome, ma suona malissimo.
Sento qualcuno avvicinarsi. Forse
dovrei dire che sento un cervello
avvicinarsi, ma è abbastanza raro che non sia in compagnia di un corpo. Mi
basta un’occhiata alla foto per identificarla, anche se con il cappuccio che
indossa vedo solo metà faccia. Riconoscere una faccia al primo sguardo è in
assoluto la più inutile delle mie capacità, ma ogni tanto torna utile. Tutta la
mia struttura genetica è finalizzata al sapere chi e dove sono le persone. Sono
una mutante.
Conosco il suo cervello, adesso.
Lascio che mi ignori, aspettando che non mi possa più vedere. Già, perché ho
trascurato un piccolo particolare… che però è il motivo per cui nessun altro
può fare il mio lavoro.
Per poter registrare un cervello,
devo essere a meno di cento metri di distanza. Ma una volta fatto, posso
rintracciarlo ovunque. E’ stato
stimato che la mia capacità di avvertire la posizione di un cervello registrato
arrivi a un paio di milioni di chilometri. Siccome in questo raggio è inclusa
tutta la superficie terrestre, nel caso non lo sappiate, significa proprio che
posso rintracciare la mia preda ovunque.
Cavolo, una volta l’ho trovata che era morta da due giorni !
Per cui, per me, questo è un
lavoro facile facile. Del resto, trovare la gente è il mio mestiere. Io sono
Pathfinder. Non vi pare che suoni proprio bene ?
-Facciamo un accordo – propone
Freeman, ormai stanco della situazione – Io ti consegno Marasso, e in cambio mi
dai una parte del compenso.
-Mi piace, come accordo. Quei
soldi mi farebbero comodo; non so come fa Cable, ma io spendo un capitale in
munizioni e lucidi per armi.
-Voglio il 75%.
-Eeeehh !? Credevo avessi detto un
accordo, non un furto !
-Che altro ti aspetteresti da un
ladro ?
-Mi sarei aspettato una proposta
del genere da mister
mi-ficco-una-spada-in-gola-pur-di-non-parlare-anche-se-non-me-ne-frega-niente,
ma…
-Ascolta, io posso teleportarmi.
Quanta fatica credi che farei a nascondere Marasso e a cambiare la sua
posizione di giorno in giorno ?
-Uno a zero per il pivello.
-Si può sapere da che parte stai,
Shades !? Che ci guadagni in tutto questo, a parte complicarmi la vita ?
-Non lavoro per soldi.
-E per cosa, allora ?
-Affari miei.
-Mi spiace tanto per voi due,
veramente sono un tipo sensibile, anche se me ne vado in giro pieno di pistole
e di spade, sono tanto sensibile che quando mi pungo un dito fattore di
guarigione o non fattore di guarigione ci piango per tre ore, ma adesso vorrei
veramente veramente parlare d’affari, invece che dei cavoli vostri…
-MA NON STAI MAI ZITTO TU !? –
urlano nuovamente i due.
-Ogni tanto sì: quando dormo,
quando bacio una bella ragazza che non sta cercando di uccidermi, ma a volte
trovo il modo di parlare anche in quei casi, quando mi imbavagliano, quando mi
strappano la lingua, quando sono dal dentista a meno che non mi abbia chiesto
di lasciare le armi fuori dal suo studio…
-IL SESSANTA PER CENTO, OKAY ? –
stavolta è solo Freeman a urlare, mentre Shades trattiene a stento una risata.
-Può anche andare, sì. E’ un
piacere fare affari con un collega. Ora, se il tuo amico potesse ridarmi
l’ombra, gliene sarei molto molto grato e soprattutto abbasserei la pistola…
-Fatto – risponde Shades. Deadpool
controlla subito, e nota con estremo piacere di essere stato accontentato.
-Wow ! Sai, per un attimo ho
pensato che mi avresti ucciso comunque, così solo per toglierti la
soddisfazione…
-Anche io.
-Senti, uh, sarei proprio, ecco,
morto dopo ventiquattr’ore ?
-No.
-Ah ecco, mi pareva stessi
bluffando…
-Dopo quarantadue.
Se si fa un mestiere come il mio,
si è costretti a viaggiare. Non dormo nello stesso posto per una settimana di
fila da quando avevo quindici anni, quindi non mi dà fastidio. Non che sia
passato così tanto tempo, tanto per chiarire.
Sto seguendo la mia preda da una
cinquantina di metri di distanza; molto più vicino rispetto al solito, ma è un
affare troppo importante per lasciarselo scappare.
Il segnale della sua mente è
chiarissimo per me, in un modo che è difficile da descrivere. E’ un senso completamente
diverso dagli altri, una sorta di radar.
Si preannuncia un lavoro
abbastanza noioso, a dire la verità. Un lavoro senza il minimo problema è il
sogno di chiunque faccia un lavoro al margine della legalità, ma quando lo si
trova non si può fare a meno di annoiarsi un po’. Sempre il solito, monotono
segnale, ed una camminata dannatamente len- no un secondo, si è proprio
fermata. Dio, fa che non sia una di quelle prede che non si decide mai a
scegliere il percorso…mi fanno cadere le braccia, quelli.
Un attimo, che fine ha fatto il
suo cervello !? Il segnale è… no, non è scomparso… è cambiato, per un attimo.
Ora rieccolo com’era prima… Okay, al diavolo il lavoro privo di intoppi.
Accelero il passo per avvicinarmi il più in fretta possibile.
Si avvicina molto, molto in
fretta…che stia tornando indietro ? Non ci capisco un… Va troppo veloce per
essere a piedi ! Ha preso un mezzo !
Se non sapessi l’esatta distanza
tra i nostri cervelli, probabilmente non sarebbe bastato il salto all’indietro
che mi permette di schivare il camion.
Per lo stesso motivo, non mi è
difficile calcolare la forza che devo mettere nel prossimo salto. Peccato che
mi sia dimenticata di non essere la Donna Ragno, e che non posso restare in
piedi su un camion in corsa ! E siccome non sono neanche Catwoman, non faccio
in tempo a cadere in piedi.
Così, prima ancora che a Seattle
sorga il sole, sento già la mia preda che si allontana a cinquanta miglia
all’ora. Non ho mai fallito un inseguimento e non ho intenzione di cominciare
adesso, quindi scommetto il mio dolorante e congelato sedere mutante che la
riprenderò…
Uno dei palazzi più strani di New
York. Non perché ci abitino dei mezzi malati di mente, o perché è la casa di un
super-criminale, o perché nella cantina è nascosto un cyborg rettile dal valore
inestimabile, o perché tre persone si teletrasportano nell’atrio. Il vero
perché è che tutte queste cose capitano allo stesso tempo, ogni giorno, e
quando è così vuol dire che la situazione è normale. Se non fosse per questo,
di palazzi così ce ne sarebbero a centinaia, a NewYork.
-Hai proprio un bel posticino, sai
? Dico sul serio, non che sia stato a casa di molti super-criminali maschi, ma
devo dire che ti tratti bene rispetto alla media.
-Ma non ti stanchi mai di parlare
?
-Una volta sono andato dallo
psicologo e mi ha detto che è perché sono un insicuro e che da piccolo volevo
possedere mia madre, in realtà mi sono accontentato della sua segretaria (vi
direi com’è andata ma sono molto timido, comunque vi assicuro che lei se lo
ricorda) e l’ho incollato alla sedia con della super-colla che avevo fregato a
Trapster per Halloween (è una lunga storia), e lui…ehi ma mi state ascoltando ?
-No.
-No.
-Mai pensato di mettere su uno
spettacolino teatrale, voi due ? Io per la verità sì, cioè più che altro ho
rubato i soldi al cassiere di uno spettacolino teatrale, ma avevo degli ottimi
motivi perché non avete idea di che schifezze servivano da bere.
-Hai finito !?
-Ho appena cominciato !!! Non vi
ancora raccontato di quella volta in cui ho passato una giornata di folgorante
passione con-
-Se non la pianti e non scendi in
cantina giuro che t’ammazzo !!!!!
-Curioso, la stessa identica cosa
che mi ha detto il Fenomeno quella volta in cui- dove siete andati !?!? Ecco,
ho sempre detestato lavorare con i teleporti, e visto che anche io ho un
apparecchio di teletrasporto dovrebbe essere chiaro perché continuo a litigare
da solo anche se qui non c’è più nessuno !
Deadpool continua a borbottare
qualcosa mentre scende le scale, per il semplice gusto di farlo. Persino lo
stoico Shades sta iniziando a perdere la pazienza.
Una volta in cantina, Deadpool
vede un cyborg rettile da duecento chili, ricoperto di squame che riflettono
debolmente la luce della vecchia lampadina appesa al soffitto. Marasso lo
guarda con la testa leggermente inclinata e la bocca semiaperta, mostrando gli
enormi denti pieni di veleno.
Deadpool si avvicina e lo
accarezza sulla testa.
-Ma che cariiiino ! Che gli date
da mangiare, topi ai raggi gamma che un giorno sono grigi e l’altro sono verdi
? Bel serpentone, bravo serpen YEEOOOUCH ! Questo CENSURA figlio di CENSURA di un pezzo di CENSURA
testa di CENSURA
mi ha morso !!!!!!
-E piantala di frignare – lo
zittisce Shades – che lo sanno tutti che hai il fattore di guarigione. E tutti
quei “censura” ?
-Volevo mantenere la conversazione
su un piano cordiale !
>Ordine
in esecuzione > Ordine Shades #3 >In attesa…
>Protocolli
di riconoscimento >Esame visivo:
“Deadpool”
>Esame
olfattivo: “Deadpool”
>Esame
uditivo: >ERRORE 526 >Input eccessivo
>Unità
classificata “Variabile” >Categoria: paraumano >Classificazione:
Variabile
>Sotto-categoria >Mercenario >Nessun dato recente disponibile >Status: negativo
>Nemico >Parametri >Categoria “Super-eroi” non presente
>Status: negativo
>Alleato >Nessun
dato recente disponibile >Status:
negativo
>Ricerca
negativa >Attendere…
>Ricerca
modello di risposta in corso…
>Programmi >Sistema
decisionale autonomo
>In elaborazione…
>Modello
di risposta non trovato >Errore: file
proced.dec non trovato
>Risorse
di sistema
>AREA RISERVATA
>Password >******* >Errore: codice errato
>Errore:
overflow del file system 3F1CN >Si
consiglia di resettare la memoria e riprovare
-Ehi, che ha ? Sembra si sia
incantato…
-Non preoccuparti, ogni tanto lo
fa. Finché il portatile di mister Rotondi è a riparare perché ci ha versato
sopra della coca, non ci sono speranze di sapere se vuole dire qualcosa o se è
solo scemo. Parliamo del prezzo, ora…a quanto ammonta il mio sessanta per cento
?
-Dobbiamo parlarne davanti a lui ?
– chiede Deadpool con un tono di voce più basso del solito, indicando Shades
con un cenno della testa.
-Certo, perché ?
-Non mi fido di lui.
-Neanche io, ma non mi fido
neppure di te.
-Senti, nel mio lavoro incontro un
sacco di gente fuori di testa, ma Shades è...molto fuori di testa.
-Detto da un vero fenomeno di
stabilità mentale…
-Ascolta – ora sta sussurrando,
approfittando del fatto che Shades sta guardando Marasso – L’ho conosciuto
sette anni fa in Russia. Mi avevano ingaggiato per fare fuori qualcuno, sai il
solito boss mafioso stracolmo di vodka. Io arrivo giusto con un’oretta di
ritardo, visto che dovevo capire dove accidenti andare con tutta quella neve…
-Vieni al punto.
-Trovo il tizio, e questo era già
morto. Penso, pazienza, anche ai migliori capita di farsi fregare un lavoro.
Però mi accorgo che tutti in quel
locale, perché se ne stava in una specie di discoteca, beh tutti erano morti
stecchiti. Incontro questo tizio tutto vestito di nero, con gli occhiali da
sole, che si beve un drink seduto sullo stesso divanetto su cui prima sedeva il
boss. Ci ho quasi lasciato le penne, con le sue ombre del cavolo.
-Tutto qui ? – chiede Freeman,
sentendosi un po’ stupido a sussurrare così.
-Alla fine gli chiedo se non c’era
un metodo più semplice che uccidere tutti i presenti, e lui mi risponde “Forse,
ma non ne conosco di più divertenti. E per mettere le cose in chiaro, non ho
ucciso solo i presenti”. Gli chiedo
cosa vuol dire, e mi dice chiaro e tondo che ha ammazzato tutti e settecento
gli abitanti di quella sperduta cittadina russa. E non ha preso neanche un
soldo. Nell’ambiente lo sanno tutti, Shades non lavora per soldi, ma nessuno è
così pazzo da offrirgli un lavoro.
-Non è proprio andata così –
risponde Shades ad alta voce, senza voltarsi – Ho guadagnato ben tre Martini,
quella volta.
I tre si voltano di scatto verso
le scale, sentendo lo scricchiolio dei vecchi gradini. Deadpool sguaina le
spade, pronto a saltare verso Marasso e teleportarselo a casa senza dare un
centesimo a Switch… ma lascia perdere quando nella cantina entra una fragile
figura femminile, incappottata in un maglione nero di tre taglie più grandi,
con le gambe tremanti.
-Joan… che cazzo ci fai qui ? –
chiede Freeman stizzito.
-Ho sentito…dei rumori…e dopo gli scontri di teppisti qui
fuori, pensavo che…
-Fammi un favore, non pensare. Ora torna di sopra e vedi
di fare meno casino la prossima volta, sono stato chiaro ?
-Chi…chi sono quei due ?
-Ma che ti frega !!!
-F-fatico tanto a pagarmi l’affitto, e…e lei mi fa pagare la
quota per mantenere Marasso, e…e…non penso che
dovrebbe, signor Smith.
Con un gesto maldestro, Joan
prende la pistola da sotto il maglione e la punta con mano tremante verso il
trio di criminali.
-Ma per piacere…
-Ehi, Switch, ma fai anche
l’amministratore di condominio nel tempo libero ? Perché a casa mia avrei un
water intasato, pensi di poter venire a-
Il flusso ininterrotto di parole
viene finalmente interrotto da un
colpo di pistola, e ancora più precisamente dalla pallottola che passa
attraverso il fegato di Deadpool.
-Dio esiste, allora – ridacchia
Shades.
-E’…è stato un incidente, io…
Freeman si teletrasporta di fianco
a lei e le strappa la pistola d’in mano, gettandola in un piccolo portale che
richiude subito. Deadpool si rialza in piedi, anche se con una certa fatica e
un po’ di sangue che cola sul pavimento. Marasso sembra riprendersi un attimo
dal suo stordimento, sentendo l’odore del sangue, ma passa subito.
-Okay, finché si scherza si
scherza, ma non si fa così ! Avverti
prima di sparare, così ho il tempo di farmi colpire dal mio profilo migliore !
E poi, anche col fattore di guarigione fa un male cane ! Oh, e un’altra cosa…
Con un salto acrobatico degno del
miglior atleta del mondo (se prima si fosse scolato sei bottiglie di birra),
Deadpool si mette tra Marasso e Freeman, con una delle spade diretta sulla
fronte di quest’ultimo. Stranamente, infilato nella spada c’è un piccolo foglio
di carta.
-Sai, mi sa che il sessanta per
cento è un po’ troppo. Che ne dici di zero ? Non disturbarti a chiamare un
taxi, penso che mi teletrasporterò direttamente nel quartieri generale
dell’A.I.M !
-Questo cos’è ? – chiede Freeman
togliendo il foglio dalla spada, mentre Joan è pietrificata dalla paura.
-Il mio biglietto da visita. Anzi
non proprio, quello dei tizi che mi danno del lavoro. Cioè, dei tizi che danno
informazioni ai tizi che mi danno del lavoro. Okay ad essere franchi, dei tizi
che sanno dove incontrare dei tizi che conoscono i tizi che danno informazioni
ai tizi che mi danno del lavoro.
-Perché ?
-Perché l’ultima volta che ho dato
il mio biglietto da visita a qualcuno mi ha telefonato un maniaco alle tre di
notte…
-No, perché mi dai questo foglio.
-Oh, sei troppo divertente per
ammazzarti sul serio. Cioè, io credevo di avere una vita complicata, con tutta
una serie personale di guai, ma cavoli tu batti praticamente tutti quelli che
conosco che non sono dei mutanti buoni o non ci hanno militato o non sono cloni
o resurrezioni di gente che ci ha militato.
-Capisco. Però, sai, mi porto
dietro tutti questi casini solo ed esclusivamente per fare soldi, e non voglio
che tu mi porti via il più promettente.
-Scherzi !? Io non rinuncerei a un assegno di cinque milioni di dollari
americani neanche se mi trovassi davanti il Diavolo in mutande !!!
-Vorrei ricordarti – interviene
Shades picchiettando sulla spalla del mercenario dalla bocca a reazione – che
tutti e due sono sotto la mia protezione personale. Chiunque abbia intenzioni cattive nei loro confronti dovrà prima chiedere il permesso a me, sono
stato chiaro ?
-Ho…ho il permesso di rubare
Marasso, signor Shades ? Vorrei davvero davvero davvero rubarlo ! La prego,
signore, faccia la carità a un povero non-mutante, sono uno degli ultimi
rimasti e nessuno vuole mai giocare con me !
-Com’era la pallottola ?
-Eh ? Beh, abbastanza dolorosa a
dire la verità.
-Hai dieci secondi per scomparire
dalla mia vista, prima che diventi estasiante
rispetto a quello che ho in mente di farti. Dieci…nove…
-Stai bluffando…lo so quando stai
bluffando, passi da incredibilmente pazzo a molto molto pazzo, e si nota dalle
tue sopracciglia.
-Otto…sette…sei…
-Fanculo, Shades, posso cavarmela
anche da solo !
-Ehi, manteniamo un linguaggio
adatto a tutti i tipi di pubblico, per favore !
-Tre…due…
-E va bene ! Ma guardatevi le
spalle, perché…
-Uno…
-Menevadomenevadomenevado !
Deadpool scompare in un turbinio
di luci violacee, e finalmente si può tornare ad ascoltare un po’ di sacrosanto
silenzio. Joan tira un sospiro di sollievo e si sente svenire, tanto da doversi
appoggiare al muro. Freeman intasca il biglietto da visita.
-Qual è stato il senso di tutto
questo ?
-Mi sono divertito – risponde
Shades – e soprattutto ti ho fatto imparare una delle lezioni più importanti
che avessi da darti. Non fidarti mai di nessuno.
-Neanche di te ?
-Specialmente di me.
-Seriamente…perché mi stai dietro
? E’ chiaro che non te ne frega niente di me, nonostante tutti quei discorsi
sulla mia importanza e sul mio potenziale. Non lo fai per soldi, non lo fai solo
per divertirti…
-Sono solo una persona molto
pragmatica, che si trova prigioniera di un gioco infinito da diversi decenni.
Tu sei l’unico modo che ho per uscire da questo circolo vizioso delle
ombre…sono stufo di andare continuamente da A a B e viceversa. Sto spostando di
continuo la C che c’è in mezzo.
-Tutto questo che c’entra con
quello che è capitato oggi !?!?
-Significa che faccio quello che
mi pare, e che o mi segui o finirai ammazzato in un vicolo, chiaro ?
-Prova a tirarmi un altro scherzo
così idiota e…
-Ti ho fatto guadagnare uno dei
posti più ambiti dai criminali di New York, quindi avevo tutto il diritto di
pareggiare i conti procurandoti un po’ di casini. Oltretutto, se non fossi
intervenuto probabilmente avresti perso Marasso.
-Non è vero.
-Ho detto probabilmente. Ora devo andare, ho cose più importanti da fare la
notte… ci vediamo domattina per il solito allenamento, stessa ora e stesso
tetto.
Shades fa un paio di passi
indietro, oltrepassando la propria ombra e scomparendo alla vista.
“Giuro che quando mi avrà
insegnato a fare quel tipo di cose, gli ficco un coltello nella pancia !!!”
pensa risalendo le scale, troppo nervoso per teleportarsi e troppo stanco per
fare una scenata a Joan.
“Perché non mi può andare bene e
basta !? Mi vanno bene i guai, sì, ci sono abituato… ma passare dall’essere al
massimo della mia carriera a fare una figura di merda con Shades…!!!”
Sale le scale in fretta, due
gradini per volta. Non gli serve altro che una buona, lunga dormita,
probabilmente. E’ talmente stanco che sente i rumori provenienti dal proprio
appartamento quando è a meno di due metri dalla porta d’ingresso.
“Ero sicuro di averla chiusa.
Deadpool ? No, sarà scemo ma non fino a questo punto. Okay, chiunque tu sia hai
scelto il giorno peggiore della tua vita per venire a provarci con me…” pensa
mentre da un portale recupera la pistola di Joan. Entra di scatto nella stanza,
puntando la pistola verso il ladro…
-Fermo !
-Eddie ? Ce ne hai messo di tempo
a salire, razza di impiastro buono a nulla ! – scatta subito l’uomo di mezz’età
che alza lo sguardo dai cassetti in cui stava rovistando. Freeman lo riconosce
subito, e si rende conto che Deadpool aveva ragione. Nessun criminale ha una vita complicata come la sua.
-Papà ?
CONTINUA…
VILLAINS #17
PADRI E PADRONI
New York City. Un palazzo che,
negli ultimi mesi, è stato teatro di episodi piuttosto strani. Residenza di uno
degli ultimi super-criminali della zona, luogo di ritrovo con altri ricercati,
luogo di studio di una delle intelligenze artificiali più insolite del pianeta,
palestra per allenare sensi quasi-mistici, ospite di trattative con stralunati
mercenari, ed altro ancora. E adesso, partecipe di una riunione di famiglia.
-Che hai da fissarmi in quel modo
? – chiede con tono aspro l’uomo di mezz’età che Edward Freeman, alias Switch,
ha appena incontrato nel proprio appartamento, e che ora gli sta dando un pugno
sul collo.
-Imbranato !
-Ouh ! Papà, ma che ci fai qui ?
-Razza di incapace ! – rincara la
dose con un altro pugno, ancora vigoroso – Quante volte ti ho detto di
controllare sempre chi esce di prigione !!
-E piantala !
-Non rispondermi, sai ! – altro
colpo.
In uno scatto d’ira, Freeman punta
sul padre la pistola che ha tenuto in mano per tutto il tempo.
-Ti ho detto di piantarla, papà !
-Cos’è questa ? Razza di
impiastro, questa è troppo leggera ! Non combinerai mai niente se non imparerai
che serve la pistola giusta per il lavoro giusto ! – ennesimo colpo sul collo.
-Ouh ! Papà, se non la pianti
giuro che ti sparo !
-Ma tu sei matto ! Lo sai quanto
costa un proiettile oggigiorno ? Dà qui…non hai imparato niente in dieci anni,
sempre il solito teppista buono a nulla – mormora strappandogli la pistola d’in
mano, gettandola sul divano dopo aver messo la sicura.
-Okay, papà, si può sapere che sei
venuto a fare ?
-E dove altro credi che potessi
andare ? Una figlia in polizia e un figlio rincretinito che si fa mettere
dentro da un clown…
-Che c’entra adesso quella storia
!?
-Quando avevo la tua età, ragazzo,
neanche Capitan America riusciva a catturare il grande Conrad “Cavalletta”
Freeman !
-Dio, ancora con quel soprannome…
-Bada a come parli ! – altro colpo
sul collo – Ti ricordi perché mi chiamavano così, vero ? Dove passava
“Cavalletta” Freeman non restava più niente !
-Papà, nessuno ti ha mai chiamato “Cavalletta”, te lo sei inventato in
prigione. E poi quando avevi la mia età Capitan America non c’era neanche !!!
-Non fare tanto il saputello,
Eddie… lo sanno tutti che ti sei fatto sbattere dentro dal Ragno ! E poi, che
hai fatto in tutto questo tempo ? Non sei passato neanche una volta a far
visita a tuo padre, ingrato !
All’ennesimo pugno sul collo,
Freeman afferra il braccio del padre e lo blocca.
-Non accetto lezioni da te;
vogliamo parlare di quando ti sei tolto degli anni di pena spifferando tutto su
di me ?
-Perché sei il solito imbranato !
Potevi coprirti le spalle un po’ meglio, ma quando mai mi sei stato a sentire ?
Ah, per fortuna la tua povera madre non può vedere la fine che hai fatto…uscito
di prigione da mesi e non hai fatto neanche un colpo da due soldi…
-E tu che ne sai !?
-Io gliel’ho sempre detto che non
dovevamo tenerti, o almeno fermarci al primo figlio… ma tua madre era
un’assatanata, ne voleva sempre ancora e ancora e-
-No, non ricominciare con quella storia, papà… - lo implora dopo avergli
lasciato andare il braccio.
-Tuo nonno me lo diceva sempre di
non fidarmi delle donne, ma tua madre aveva il più gran bel paio di-
-Non sto ascoltando !!! Non sto
ascoltando !!! – urla Freeman tenendosi le mani sulle orecchie, causando un
altro pugno sul collo.
-Piantala di fare il cretino ! Ho
sentito la tua vecchia banda…Fat Joe, “Cheap” Chapman e gli altri… loro sono ancora in mezzo al giro, ma tu
sei scomparso ! Non è che mi sei diventato come tua sorella, eh ?
-Non c’è uno della mia famiglia che si faccia gli affari suoi !? Sono
tornato in affari, ma non ho più visto nessuno della vecchia guardia…tutto qui,
e Dana non ne sa niente. Sono in ottimi affari, davvero.
-Come se tu riuscissi a fare
qualcosa di buono !
-Senti, papà, si può sapere che ci
fai qui ?
-Ho un colpo, questa sera. Alla Federal Savings Bank, roba
grossa. Avevo un altro scassinatore pronto, ma
se l’è data a gambe. E’ un lavoretto facile facile, potresti riuscirci perfino
tu.
-Grazie per la
fiducia, papà, ma ho chiuso con le rapine in banca…davvero, ho in ballo degli
affari veramente grossi di questi tempi, e-
Qualcuno bussa alla porta, e oltre ad essere sollevato
Freeman si sente un po’ indispettito dall’interruzione dell’unica volta in cui
è riuscito a parlare normalmente con suo padre negli ultimi vent’anni, anche se
solo per quindici secondi.
Dietro alla porta, un uomo muscoloso in giacca e cravatta
nera, con i capelli castani molto corti, un po’ radi sulle tempie.
-Scusa la fretta, Freeman, ma dobbiamo andare subito. C’è
un lavoretto piuttosto urgente.
-Un secondo, ragazzone, questo imbecille stava facendo un
affare con me. Allora, Eddie, sei dentro o fuori ?
-Andiamo, Dave – risponde Freeman senza guardare il padre –
Non vedo l’ora di uscire di qui.
I due super-criminali escono dalla stanza, sbattendo la
porta, e scendono velocemente le scale.
-Allora, Turbine, cos’è che dobbiamo fare ?
-Ti spiegherò tutto strada facendo. Chi era quel tizio ?
-E’ mio padre.
-Direi che spiega un sacco di cose…
Sul tetto dello stesso palazzo, qualcuno sta osservando i
due criminali mentre si nascondono in un vicolo per passare attraverso un
portale di teletrasporto perfettamente nero. La sera è calata da poco, ma la
luce è già fioca come se fosse già mezzanotte. Si alza un vento gelido che fa
svolazzare il lungo soprabito nero dell’uomo che sta osservando, con gli
inseparabili occhiali da sole, la scena. Tutto si aspetterebbe, ora, tranne che
qualcuno gli picchietti la spalla con un dito.
-Bella serata, vero Shades ?
L’uomo si volta di scatto, lasciandosi prendere di sorpresa
dalla punta acuminata completamente nera che gli trapassa il cranio da parte a
parte, sfasciando e al tempo stesso coprendo una delle lenti scure. Cade a
terra, cercando di far uscire l’oggetto dalla propria testa, fortunato ad
essere ancora vivo.
-Guarda un po’, non ero sicuro che funzionasse.
Con l’occhio illeso, Shades squadra il suo assalitore. E’
vestito di pelle nera dalla testa ai piedi, e l’unica nota di colore è data
dalle borchie d’argento sui guanti, proprio sulle nocche. Si è appena tolto un
paio di occhiali da sole e li sta riponendo in una tasca interna del cappotto.
La sua pelle è molto più nera della maggior parte degli uomini di colore che
Shades ha incontrato. C’è un che di spettrale nella sua figura, rafforzato dal
bianco dei suoi occhi.
Naturalmente, prima ancora di vederlo, era bastata la sua
voce bassa con un leggero accento che sembra arabo, per identificare il
nonriflessotre.
-Sharp…cazzo ci fai qui…
-Ci siamo dimenticati la gerarchia, stando lontani da casa
?
Con la mano destra afferra Shades per la giacca e lo
solleva senza il minimo sforzo, mentre la sinistra si ricopre di punte
acuminate nere. Shades reprime un rantolo di dolore quando si conficcano nel
suo addome.
-Allora ? Non hai proprio niente da dirmi ?
-Che sei venuto a fare…è la mia missione…
-Forse mi sono fatto contagiare dagli altri membri del
Circolo delle Ombre - sai, i tuoi superiori che potrebbero ridurti ad una
macchia nera sul pavimento ? Smoker mi ha detto dov’eri, e appena mi sono
liberato ho deciso di venire a fare un sopralluogo. Che stai combinando, Shades
?
-Niente…sto solo eseguendo gli ordini…
-Non mentirmi.
Dal pugno sinistro esce una lama molto più acuminata delle
precedenti, tanto che la punta riesce a brillare anche con la pochissima luce
disponibile. Sharp la tiene appoggiata al mento di Shades, senza muoverla.
-Da quanto tempo stai cercando il Punto di Riflessione ?
Due anni ? Sappiamo tutti e due che sei più in gamba di così. Cosa stai
tramando ? Allora ?
-Ci sto lavorando…te lo giuro…mi serve solo un altro po’ di
tempo…
La lama scompare e Shades cade a terra. Afferra con
entrambe le mani la punta che gli ha passato da parte a parte la testa,
cercando di farla uscire.
-Ascolta, io sono nel giro da molto più tempo di te, e
nemmeno io vado matto per la situazione attuale. Sei la cosa migliore che ci è
capitata da quando Shift è stato fatto fuori dal Cacciatore, quindi ho più
fiducia in te di quanta non ne abbiano tutti quanti gli altri messi insieme. Ma
questo non significa che ti lascerò carta bianca, chiaro ? Stiamo perdendo
rapidamente tutto il vantaggio accumulato. Tra due giorni al magazzino Eldridge
in Vanderbilt Avenue, Shades; voglio un rapporto completo sulla situazione, e forse ti potrò garantire ancora un po’
di tempo. Pensi di farcela ?
-Posso farcela…anche adesso – risponde Shades estraendo
finalmente la lama dalla propria testa. La lente si richiude immediatamente e
l’arma scompare.
-Non deludermi, Lukas.
Quando Shades si è rimesso in piedi, il suo superiore è già
scomparso, ed il vento si è fatto meno gelido.
Washington. A duecento chilometri
da Seattle. In una strada in mezzo al niente, una macchina si ferma. Dopo un
paio di pugni sul volante, una donna con una lunga coda di cavallo scende. Le
scarpe che indossa, un curioso incrocio tra scarpe da ginnastica e scarponi
militari, sembrano aver decisamente visto giorni migliori; anche la macchina,
se è per questo, specialmente per il finestrino rotto.
-Complimenti, Leah, davvero.
Niente benzina, in mezzo al niente, con la preda che se ne va. Brava davvero,
segugio dei miei stivali.
Si appoggia allo sportello della
macchina e incrocia le braccia, sbuffando.
“Okay, calma” pensa “Ti sei già
trovata in situazioni del genere. Il suo cervello è registrato, non scapperà.
Certo, può cambiare onde cerebrali da un secondo all’altro e scomparire per
sempre dal mio sesto senso, ma a parte questo va tutto benissimo. Con tanti
saluti al mio assegno da cinque milioni del cazzo !”
In un impeto di rabbia, dopo
essersi staccata dallo sportello, gli assesta un calcio con tutta l’adrenalina
che riesce a metterci. La carrozzeria si piega come se avesse colpito un palo
della luce a novanta all’ora, e l’auto si sposta di una buona dozzina di centimetri.
L’impronta della scarpa è rimasta in modo quasi perfetto.
-Grande. Ora dovrò rubarne
un’altra. Com’è che nessuna delle due ha avuto il tempo di fare il pieno, ma
solo io ho finito la benzina !?
Dopo aver sbollito la rabbia, apre
l’altro sportello e da sotto il sedile recupera una cartina degli Stati Uniti;
dal portaoggetti, un pennarello nero.
“Okay, vediamo di non sprecare
totalmente la giornata. Allora, è partita da Seattle e noi siamo qui” – segna
con il pennarello una linea nera tra Seattle e il punto in mezzo al niente dove
si trova adesso, tenendo in bocca il tappo.
“Fin qui, tutto okay. Adesso dove
starà andando ? Qualsiasi trucchetto usi, quel camion non la può portare dovunque nel Paese. Forse ne vuole
rubare un altro ? Oppure vuole cambiare mezzo ? E’ abbastanza strano che il
percorso sia così lineare. Dove arriva così ?” - Continua la linea – “Spokane.
Una bella linea dritta e noi ci siamo in mezzo. Coincidenza ? Sì, come no.
Spokane… andrà all’aeroporto ? Ma perché non andare in quello di Seattle ? Al
diavolo, avrà i suoi motivi, proviamo questa pista”.
Il pennarello procede in linea
retta, attraversando Idaho e Montana senza incrociare grosse città. North
Dakota, Minnesota e Wisconsin non danno altri risultati, facendole perdere fede
in questa linea retta troppo facile. La linea procede passando molto vicina a
Detroit e finisce a poca distanza da Filadelfia.
“Così non mi serve a niente. Lei è
su un camion e io a piedi, posso solo sperare di recuperare la distanza prima
che arrivi a… fermi fermi, cos’è questo ?”
Si sofferma su una città
attraversata dalla linea: Saint Paul, Minnesota. Per un qualche motivo, la
cerchia.
“Saint Paul…Saint Paul…dove l’ho
già sentita, di recente… sì, il numero della Reflex Technologies a cui devo
fare riferimento; ho controllato ed è intestato ad un hotel di Saint Paul,
certo. Coincidenza ? Questa linea poteva andare da qualunque parte. Eppure, se
significa qualcosa…”
Richiude il pennarello e ne morde
una estremità, con sguardo pensieroso perso nel vuoto.
“Non arriverò mai a Spokane prima
di lei. Però, forse faccio in tempo a
tornare a Seattle e a prendere un aereo quantomeno per Minneapolis. Se non sa
che la
seguo, non si metterà a depistarmi
su di un camion no ? Okay, ragazza del mistero, ci rivediamo a Saint Paul”.
New York City. Ormai, la luce del
sole è completamente scomparsa, e nessuno può vedere due persone uscire da un
cerchio nero sospeso a mezz’aria.
Freeman apre leggermente la giacca
e apparentemente prende qualcosa da una tasca interna; in realtà, la sua mano
oltrepassa un piccolo portale per afferrare un oggetto che è nella sua casa: un
guanto destro, nero, parte del suo costume da Switch.
-Così, dici che mi servirà
soltanto questo.
-Non proprio…il capo vuole che usi
questa.
E’ il turno di Dave Cannon di
estrarre qualcosa dalla giacca (realmente, in questo caso): una pistola con
silenziatore, perfettamente lucida e forse mai usata.
-Sicuro di riuscire a vedere il
bersaglio ? Siamo lontani dalla luce del lampione.
-Meglio così. Lavoro meglio al
buio – risponde Freeman infilandosi il guanto – Detto tra noi, non è uno spreco
?
-Che resti tra noi, perché non mi
metto a discutere gli ordini…perché ?
-Perché potevo benissimo usare la
mia, di pistola; o potevo teleportarlo in mezzo al fiume, oppure tu potevi
segargli via la testa con quelle tue armi da polso.
-Sì, lo so, ma sai come sono
questi gangster con manie di grandezza…vogliono fare le cose in modo teatrale.
-Sarà – commenta Freeman esaminando
l’arma.
-Nervoso ?
-No.
-Andiamo… è il tuo primo incarico
e ti metti a discutere gli ordini. Lo fanno solo quelli che si innervosiscono e
iniziano a pensare di lasciar perdere.
-Ti sembro il tipo ?
-Sinceramente ? No, sei una delle
persone più testarde che abbia mai conosciuto. Quella scommessa con Blob su
Fort Knox, eh… non pensavo saresti andato fino in fondo, quella volta.
-Considerando che noi non stiamo parlando… - Freeman punta la
pistola sulla limousine del bersaglio, a più di settecento metri di distanza,
mentre si fa strada tra i gorilla in abiti firmati, più per ingannare il tempo
che per prendere la mira.
-Sì ?
-Non so, qualcosa non mi quadra.
Voglio dire, sono tra i pezzi grossi adesso, lo so, ma io sono un ladro, non un
assassino.
-Vorresti dirmi che non hai mai
ucciso nessuno ? – domanda Turbine alzando un sopracciglio.
-E’ capitato, sì… tecnicamente ho
causato la morte di qualche agente Hydra, nella loro base, ma…
-Sei il tuttofare di Ranennyj, il
pakhan. Il che include assassinare i capi di un clan rivale per aumentare la
sua reputazione, se te lo chiede.
-Lo so, lo so. Ma quanto ci mette
a scendere !?
-Credevo avessi detto che non ti
serve la luce, allora perché non lo fai fuori mentre è in macchina ?
-Dobbiamo farlo in modo
spettacolare, no ? E allora diamogli lo spettacolo. Facciamolo fuori in mezzo
alle sue guardie, dove è più sicuro.
-Sai, Switch, devo ammettere che
hai stile. Allora, quello era tuo padre ?
-Sfortunatamente.
-Già, i genitori sono sempre così.
Io ne so qualcosa.
-Anche tuo padre era un ladruncolo
con manie di grandezza che raccontava a un bambino di sei anni di aver
svaligiato Fort Knox quando nessun altro al mondo ci era riuscito ?
-No, ma era comunque un cretino.
Senza offesa.
-Neanche un po’. Oh, eccolo che
scende… mi spiace che tu non possa vedere per bene la scena.
-Sei portato per fare l’assassino,
te l’aveva mai detto nessuno ?
-Credo che qualcuno abbia provato
a farmelo capire.
-Un tuo amico ?
-Qualcuno a cui non volterei mai le
spalle.
-E io che ho detto ? Un amico,
appunto.
-Sai, Dave…posso chiamarti Dave ?
Non ricordo il tuo cognome, e solo uno stupido chiamerebbe un collega con un
soprannome quando nessuno può sentirlo.
-Eh, già. Chiamami pure Dave o
Cannon, dipende da quale ti ricordi meglio Sw…cioè Freeman.
-Dicevo… dai, cazzo, datti una
mossa a scendere… Credo che ci siamo trovati un bel lavoro. Non sono in tanti a
poter fare un lavoro così…mi sa che finiremo sui giornali.
-Ehi, io ci sono già stato, non mi
importa più di tanto. Sono in circolazione da un’eternità, anche se non se lo
ricorda nessuno.
-Io sono stato in televisione. E
se anche tu ricominci a dire che hai visto quel servizio, ti sparo. Okay, si va
in scena…
Davanti a Switch si apre un
piccolo portale di teletrasporto; prendendo la mira senza che sia veramente
necessario, accosta la pistola al cerchio nero.
-Freeman ? Posso chiederti una
cosa ?
-Dimmi – risponde Freeman mentre
il mafioso si chiede cosa sia lo strano puntino nero che si è aperto di fianco
alla tua testa.
-Ti dà ancora fastidio che io sia
un mutante ?
La testa del mafioso quasi
esplode, ed il portale si ricopre di sangue (che non passa dall’altra parte),
ed il suo corpo per l’impatto viene quasi lanciato contro la limousine, sporca
di cervella.
-No, credo di no. Finché non
cominci a raccontarmi la storia della tua vita e a pontificare su chi erediterà
la Terra, mi sta bene.
-Io ho fame. Non mangio mai prima
di un incarico. Ti va un hamburger e un paio di ragazze ?
-No, stavolta passo. Ho avuto una
giornata terribile.
-Andiamo, smettila di frignare…
non può essere stata così…
-Deadpool.
-Oh. Come non detto.
Una stanza molto ampia, sovrastata
da una grande cupola che mette in mostra un anonimo cielo sereno. Tutta la
stanza è immersa in una luce irreale, biancastra, che proviene da ogni punto in
cui si guardi.
Al centro della stanza, un tavolo
circolare al cui centro c’è una sedia, su cui siede un qualcosa di molto
particolare. Sembra impossibile che in questa luminosità diffusa possa esserci
qualcosa di ancora più brillante, eppure chiunque non ne venga accecato
vedrebbe chiaramente una figura femminile sedere a gambe incrociate. Attorno al
tavolo sono sedute altre cinque donne.
Una di esse ha dei lineamenti
asiatici i cui lunghi capelli neri sono raccolti un una coda di cavallo, la
testa sorretta dalla mano destra mentre la sinistra picchietta insistentemente
sul tavolo.
Seduta accanto a lei, una donna di
colore incrocia le braccia, senza staccare gli occhi dalla porta che è l’unico
elemento di rilievo oltre al grosso tavolo.
Due ragazze poco più che
quindicenni sono sedute più vicine delle altre, e si lanciano continuamente
delle occhiate per indicare l’una all’altra qualcosa, ridacchiando
silenziosamente. Una indossa una giacca sportiva con il logo di un’università
del Minnesota, l’altra quello che sembra l’uniforme di un collegio.
E’ l’ultima, una rossa con un paio
di occhiali da sole appoggiati sopra la testa, a parlare.
-Sono arrivate, finalmente.
Le ultime partecipanti alla
riunione, una donna sui cinquant’anni dai capelli d’argento ed una ragazza sui
vent’anni con un tailleur nero con minigonna altissima, con diverse carte
sottobraccio.
-Scusate il ritardo – esordisce la
meno giovane – ma abbiamo delle notizie molto importanti.
-E’ pericoloso restare
forzatamente tutte nello stesso luogo a lungo – dice la donna di luce con
voce cristallina – Licenzia un terzo dei tuoi collaboratori più fidati,
Lighter. Questo ti insegnerà a gestire meglio il tuo tempo.
-Come desidera, Primo Riflesso –
risponde la donna, guardando con rabbia le due ragazzine che si lasciano
scappare qualche risolino.
-Ci esponga pure i fatti, miss
Link.
La segretaria distribuisce a
ciascuna delle presenti un piccolo fascicolo, la cui prima pagina è
completamente bianca. Le altre contengono diagrammi.
-Questo è quanto siamo riuscite a
scoprire dell’attuale organizzazione del Circolo delle Ombre. Soltanto cinque
nonriflessi sono ancora attivi, verosimilmente ancora a Shattensburg.
-Non si sono ancora mossi da quel
rudere ? – domanda la donna di colore.
-Sembra di no, Landslide. Noi
siamo in grado di muoverci liberamente, ma loro sono ancora confinati. Questo
si è manifestato nella creazione di un nuovo nonriflesso.
-E a questo come sei arrivata !? –
domanda la ragazza con la giacca universitaria.
-Le connessioni sono la mia
specialità, Layout. Lo sappiamo tutte, qualunque nostra azione si ripercuote su
di loro, e viceversa. Causa e effetto, in entrambi i sensi. Ora, se noi abbiamo
avuto un vantaggio nell’essere libere, ne hanno uno anche loro. Qualcuno che
possa permettergli di muoversi; qualcuno di nuovo.
-Stupefacente. Questa non è la
prima volta, esatto ?
-No. Una cosa del genere si è
manifestata con la crociata personale di Shades, il nonriflessosette, che ha
causato un identico cambiamento nella nascita del Settimo Riflesso… miss
Lighter.
-Crociata che è costata la vita
a quasi tutti i membri originali del Consiglio delle Luci. Se Lighter non
avesse “acceso” tutte voi, ci avrebbero spento da decenni.
-Da allora, le cose sono peggiorate.
Da entrambi i lati ci sono dei vantaggi che non si sono presentati dall’altra;
le forze sono sbilanciate. Crediamo che sia stato questo a causare l’entrata in
scena simultanea della Cacciatrice d’Ombre e del Cacciatore di Luci, in tempi
recenti.
-C’è altro, vero ?
-Sì. Credevamo che i due
Cacciatori fossero sufficienti a far quadrare i conti delle ripercussioni.
Sembra che il dislivello sia stato tale da causare la nascita indipendente del
Portatore d’Ombra…e da tempo, ormai.
Tutte le partecipanti alla
riunione abbandonano la posa spazientita e si tengono salde alle loro sedie.
Sanno tutte cosa può significare, e si guardano l’un l’altra preoccupate. Tutte
tranne Lighter.
-Signore, ci siamo. Tutto il
resto passa in secondo piano; Lace, delego a te la gestione della pratica
Pathfinder. Abbiamo ben altre priorità. Da adesso, il nostro scopo principale è
trovare il Portatore d’Ombre e ucciderlo. Avete presente la situazione, no ?
-Vorrei
farle notare, Primo Riflesso – si sbriga ad intervenire miss Link – Che senza
alcun dubbio la Portatrice di Luce si manifesterà solo tra qualche anno, e-
-Questo
lo so benissimo, miss Link. Forse non arriveremo subito ai nostri scopi, ma la
nostra preoccupazione principale dovrebbe essere di evitare che quella razza
depravata non erediti il pianeta.
-Anche
se significasse porre fine prematuramente a… ? – Lighter tenta di riprendersi
la propria posizione di potere, inutilmente.
-Naturalmente,
miss Lighter. Non permetteremo l’avvento di un’Età dell’Ombra, anche se
significasse evitare l’insorgere di qualunque
era.
Tutte
le Luci annuiscono silenziosamente, come se si trattasse di un fatto assodato.
Curiosamente, Link sembra più incerta delle sue sorelle…
Il mattino seguente. New York
City. Appartamento di Edward Freeman, anche se non proprio ufficialmente. La
nottata è stata stranamente tranquilla, proprio quello di cui aveva bisogno. Si
è preparato in fretta per uscire, per qualche motivo vuole scoprire al più
presto se l’attentato ha avuto gli effetti sperati.
Fuori dalla porta, però, trova un
giornale spiegazzato. C’è una lettera, senza mittente né destinatario né
francobollo. Solleva tutto quanto, trovando un altro biglietto a terra.
Riconosce ancora la calligrafia.
“Me ne vado alle Maldive. Tieni d’occhio tua sorella, incapace. Conrad”
Con una smorfia, Freeman straccia
il biglietto e lo butta nella spazzatura appena rientrato. Suo padre ama sempre
spararle grosse, ed ama impicciarsi della sua vita molto più di Dana. E la cosa
è anche molto meno gradita.
Il giornale è aperto su una delle
prime pagine; un articolo è stato pesantemente evidenziato con un pennarello
verde. Il servizio parla della morte ancora inspiegata di un importante uomo
d’affari, sospettato di pesanti collusioni col crimine organizzato, e
sottolinea che non ci sono informazioni sull’assassino o il movente.
Sorridendo, Freeman apre la
lettera. Fa un po’ di fatica a decifrarne la calligrafia pasticciata.
“Non metterti nei guai per qualche giorno e non farti vedere. Ordini del
capo, vuole un po’ di suspence. E’ contento. Sai dove sono i soldi. Dave”
In questo caso, Freeman si sbriga
a bruciare messaggio e lettera. E’ un grosso favore a Turbine, tra l’altro,
visto che suspence è scritto sbagliato.
Dopo aver controllato che Marasso
sia a posto ed aver aspettato invano Shades per l’allenamento, torna nel suo
appartamento e si mette comodo sul divano per leggere il giornale. Dopo aver
riletto l’articolo che lo riguarda indirettamente, nota un articolo sulla
pagina a fianco.
“Furto alla Astoria Federal
Savings Bank” è il titolo; il sottotitolo, invece, “Rubati quasi 50.000
dollari”. Più in piccolo, “Quattro arresti, ma nessun bottino”.
Se sul momento la notizia gli dice
qualcosa di più di quanto ha letto, di certo non si nota. Gli si accende
qualche lampadina in testa quando legge che i ladri confessano di non sapere
chi fosse il loro capo, che ha impiegato settimane ad organizzare il tutto.
Sanno solo che pretendeva di farsi chiamare “Cavalletta”.
Ho un colpo, questa sera. Alla
Federal Savings Bank, roba grossa
-Merda.
Dopo aver gettato il giornale in
un angolo, se ne sta in silenzio sul divano, a fissare il soffitto. Poi allunga
una mano verso il telefono; per un attimo la ritrae, come se ci avesse
ripensato, poi si decide. Dopo aver fatto il numero, deve aspettare almeno nove
squilli dall’altra parte prima di poter parlare.
-Pronto ? Sono Eddie Freeman;
abbiamo lavorato insieme un paio di volte, se ti ricordi. Esatto, quello. No,
non mi manda Switch. Sì, lo so. Sono le dieci e un quarto. Vuoi farmi parlare
!? Okay. Prenditi un caffè bello forte, Corvo. Ho un lavoro per te.
CONTINUA…
VILLAINS #18
Le ombre si muovono in silenzio
L’interno del magazzino è
completamente al buio, naturalmente. Nonostante questo, l’uomo non si toglie
gli occhiali da sole e non si muove quando una lama nera gli attraversa il
petto, come se si fosse limitata a fendere l’aria.
-Allora non ti sei rammollito –
gli dice una voce bassa e ben posata.
-Nessuno può colpirmi più di una
volta, Sharp.
-Non sfidarmi…Lukas – sorride il
nonriflessotre.
-Chiamami Shades. Me lo sono guadagnato,
seguendo le regole di voi dinosauri. Rivolgiti ancora a me senza usare il mio
nome-ombra, ed io ricomincerò a chiamarti Serapias…dopo averti aperto un buco
in testa con le tue stesse lame.
-Parole grosse; sembra quasi che
tu non stia parlando con il terzo rappresentante della società segreta più
esclusiva ed antica del pianeta.
-Fattene una ragione, Sharp, il
Circolo delle Ombre è vecchio. Non
sei stanco del gioco ? Non sei stufo di combattere una battaglia che finirà sempre in pareggio ?
-Parli come se tu potessi farci
qualcosa.
-Forse posso. Ascolta…c’è questo
Freeman che…
A dieci isolati di distanza, un
altro magazzino. Un ragazzo tra i venti e i trent’anni si toglie gli occhiali
da sole e li ripone nella tasca interna della giacca di jeans, in cui si
stringe leggermente. Si guarda in giro più e più volte, poi il portone si apre.
Entra facendo molta attenzione, perdendo la calma solo per un istante, quando
il portone viene chiuso velocemente alle sue spalle. Prende un accendino dalle
tasche della giacca e lo accende; per un attimo ha l’impressione che la persona
che si vede apparire davanti non ci fosse, fino a poco prima.
-Corvo. Mi fa piacere che tu ti
sia deciso a venire. Sono Edward Freeman, ricordi ?
-Questo posto non ha la corrente ?
– domanda il Corvo guardandosi intorno, senza distinguere altro che un paio di
casse.
-Mi piace lavorare al buio –
risponde Freeman con un sorriso.
-E a me piace lavorare legalmente,
adesso. Non faccio più lavori sporchi, quindi…
-Allora perché sei venuto lo stesso
? Non avrai pensato che avessi da offrirti qualcosa di legale, mi auguro – Il sorriso non accenna a svanire.
-Ero venuto solo per dare
un’occhiata a Marasso.
-Come sai che ho a che fare con
Marasso ? – domanda Freeman; il Corvo si innervosisce quando la fiamma si
spegne, e risponde solo quando l’ha riaccesa.
-Le tue scuse dell’altra volta
erano abbastanza patetiche, e poi ho avuto modo di controllare
alcune…informazioni riservate…riguardo Justin Hammer.
-Capisco…però vedi, a me serve
veramente questo lavoretto, e so che sei l’unico in grado di farlo. Dicono che
sei in grado di violare qualsiasi sistema al di sotto dei codici di lancio
delle Sentinelle. Sono voci infondate ?
-N-no, sono abbastanza esatte.
M-ma sono pulito, adesso…qual-qualunque cosa sia, non mi…interessa.
Il Corvo inizia a sudare e la mano
che regge l’accendino trema. Il sorriso di Freeman è sempre più largo.
-Penso di poterti far cambiare
idea.
-H-ho un super-rettile cyborg
assassino di duecento chili alle spalle, v-vero ?
-Uh-uh – annuisce Freeman,
prendendo l’accendino dalla mano del Corvo. La luce si sposta illuminando
Marasso, in posizione eretta e la punta della coda in lento movimento.
-C-credo si possa arrivare ad
un-un accordo…Freeman.
Cinque affilatissimi artigli viola
sfiorano la gola del Corvo, e il magazzino torna ad essere completamente al
buio.
Magazzini Eldridge.
-Una matrice !?
-Precisamente.
Sharp guarda il suo sottoposto con
uno sguardo anche più duro del solito. Quello sguardo potrebbe gelare il sangue
dei più temerari.
-Mi stai dicendo che l’esito della
guerra eterna tra le Ombre e le Luci dipende da una delle ottantamila persone
con il potenziale di diventare
nonriflessi ? Neanche da chi ha il potere effettivo, ma solo il suo potenziale
!? Da chi è solo una matrice per il potere dell’Oscuro ?
-Sì.
-Shades, sei molto più pazzo di
quanto pensassi.
L’uomo con gli occhiali da sole
sorride.
-Finalmente hai ricominciato a
chiamarmi con il mio nome. Ascolta…sappiamo entrambi che qualunque cosa può
creare un legame tra un essere umano e il potenziale metafisico delle ombre, no
?
-Se si entra in contatto con
quella parte della psiche umana.
-Ci sono tutti i segnali per
crederlo un nonriflesso, Sharp…uno di noi. Però non lo abbiamo scoperto finché
non l’ho incontrato nella dimensione delle ombre.
-Il che dovrebbe essere
impossibile.
-Vedo che inizi a seguirmi. E’
stato un procedimento scientifico a dargli i poteri. Ora…non è impossibile che, per puro caso, una
matrice venga sottoposta ad un trattamento per ottenere dei super-poteri. Ci
vuole un qualcosa di dannatamente speciale perché ottenga esattamente i poteri
di un nonriflesso, però.
-Stai pensando a un qualche
intrigo delle Luci ?
-Forse. O forse…forse le Ombre si
sono stancate di noi, hanno ideato un nuovo metodo per creare degli agenti
terreni, e adesso hanno infranto la regola del vantaggio che avevano concordato
con le Luci.
-Se così fosse… sarebbe guerra
aperta. Ci sarà un massacro da entrambe le parti.
-Oh, io non credo saremo poi così
svantaggiati. Dimmi…hai notato i miei capelli ?
-Adesso sono biondi. E allora ?
-E allora…Sharp, hai mai visto un nonriflesso con i capelli
biondi ?
Un altro magazzino.
-Dunque…ecco dove lavorerai tu.
Freeman accende la luce, con gran
soddisfazione di Corvo. Non si distinguono molti particolari in più rispetto a
prima, a parte ovviamente il telo bianco che copre un qualcosa grande come una
scrivania. Freeman rimuove il telo, rivelando un macchinario estremamente
complesso e praticamente indescrivibile.
-Oddio, questo è…una sorta di…non
riesco neanche a descriverlo – dice appunto il Corvo, il cui entusiasmo non è
stato frenato dall’avere degli artigli pronti a tagliarti la gola. Appoggia
subito la piccola borsa contenente un computer portatile dell’ultimissima
generazione (forse quasi già della prossima) sul congegno non ancora bene
identificato, e passa ad analizzarlo voracemente.
-Dove l’hai preso ?
-Era di MODOK; faceva parte delle
cose che ho spostato per lui. Non ti preoccupare, era dall’altra parte della
città.
-Ho visto cose del genere alla
Stark… è una sorta di supercomputer multiuso, o qualcosa del genere. Non dirmi
che è collegato alla linea telefonica…!!!
-A dire la verità, sì. Altrimenti,
che avrei assoldato a fare un hacker ?
-“Assoldato”…quindi mi pagherai ?
-Disse il buon samaritano. Certo
che ti pagherò qualcosa…un nuovo paio
di batterie, per esempio.
-Hai idea di quanto costino le
batterie di un gioiellino come questo ? – domanda il Corvo battendo un dito sul
portatile.
-Una cinquantina di dollari ?
-Cosa sai di computer, Freeman ?
-Assolutamente niente.
-L’avevo immaginato. Allora…che
cos’è che vuoi da me ?
-Due lavoretti facili facili, con
un’attrezzatura del genere ed un hacker del tuo calibro.
-Probabilmente non sai neanche che
vuol dire.
-Vorrei farti notare, Corvo, che io sono il criminale con superpoteri che
controlla un cyborg assassino.
-E io vorrei far notare a te, “Switch”, che io sono quello che può fare il lavoro che ti serve.
-Ehi, sono il braccio destro di un
padrino russo ed ho il numero di telefono di Spymaster. Posso trovare e
permettermi dozzine di hacker
migliori di te… certo, prima di trovarne un altro dovrò ucciderti per farti
tenere la bocca chiusa.
-Se proprio devo, allora, preferisco morire dopo un’ultima grande impresa. Che
cosa vuoi fare ?
-Entrare nella banca dati della
polizia di New York, cancellare certi dati che mi riguardano, e seminare grossi
indizi per incastrare qualcuno.
-Oh. Speravo volessi fare
qualcosa, non so, di difficile.
Magazzini Eldridge.
-Starai scherzando.
-Non ci vuole un genio, Sharp. Il
Cacciatore d’Ombre è di nuovo in circolazione. Ma sappiamo benissimo che non
esiste un solo Cacciatore, dico bene ?
-E tu avresti nascosto tutto
questo a…!?
-Al buio, Sharp, anche le ombre
non possono vedere.
-Tutto questo quando quel Freeman
entra in scena. Non può essere una coincidenza, in effetti.
-Il mio piano è molto semplice,
Sharp. Freeman è la prossima preda. Il suo potenziale è così alto che… Cerca
lui, ne sono sicuro. Quando la sua
caccia sarà finita, comincerà la mia.
-E le Luci ?
-Loro non sanno niente. Nessuno
può seguire il Cacciatore d’Ombre, no ? Siamo al sicuro. Se sapessero dove si
sta dirigendo… se ne avessero anche solo una vaga idea… allora sì che ci sarebbe un massacro. Per come
stanno le cose, però, abbiamo ben poco da temere.
Minnesota. In un albergo a cinque
stelle di Minneapolis, decimo piano.
Da questa mattina, le cameriere
non hanno fatto altro che spettegolare sul signor Kasoulos della 221. Al posto
di un ricco commerciante di mezz’età, c’è la voce di una donna a ordinare i
pasti, e la porta è chiusa a chiave con un cartello “non disturbare”.
La cameriera che ha portato dentro
le ordinazioni ha visto soltanto una venticinquenne dai capelli castani
raccolti in una coda di cavallo, non molto vestita, e oramai non c’è persona in
tutto l’albergo che non sappia di questo piccolo scandalo; un po’ di mance
salate sono state sufficienti per evitare che la moglie ne fosse informata. In
realtà, la storia è sia molto più banale che infinitamente più intrigante di una
relazione extraconiugale.
Perché anche se, effettivamente,
nella stanza c’è una donna che indossa soltanto mutandine e t-shirt seduta a
gambe incrociate sul letto, il signor Kasoulos è legato e imbavagliato
nell’armadio e non si sta divertendo per niente, sebbene non possa certo dire
di essere stato trattato male.
La donna è Leah Mathers, anche se
preferisce lavorare sotto il soprannome di Pathfinder. In questo momento, oltre
a riprendersi dal repentino cambio di fuso orario, si sta concentrando sul suo
sesto senso mutante per rintracciare una donna veramente particolare, nota a
pochi solo come Cacciatrice d’Ombre.
E’ stata pagata per seguirla da
Seattle a qualunque posto della Terra, ma l’ha persa dopo un breve
inseguimento. Impossibilitata a recuperare il distacco, ha deciso di rischiare
e prevedere la sua prossima tappa. E, a quanto le stanno dicendo i suoi sensi,
è stato un rischio ben calcolato.
Una volta filtrate tutte le
interferenze generate dai cervelli dell’hotel, riesce a sentire le onde
cerebrali della sua preda, calcolandone la distanza con una precisione
impressionante. E’ molto vicina, a Saint-Paul, pochi chilometri più ad est.
Quando determina la sua posizione, il cervello scompare.
“Dannazione…forse ha sentito che
la cercavo. Questo suo trucco di cambiare le onde del cervello mi farà
impazzire. Non riuscirei a prenderla neanche se fossi dietro di lei, a questo
punto, e sono in un’altra città. Allora, vediamo un po’ come rimediare…”
Riapre gli occhi e prende in mano
la cartina degli Stati Uniti che è appoggiata sul letto. C’è una linea nera che
parte da Seattle ed arriva a Saint-Paul, passando direttamente per Spokane. La
traiettoria della Cacciatrice.
“Viaggia in linea retta,
allora…che fortuna. Quanto sarà metodica ? Vediamo di continuare la linea” – il
solito pennarello nero continua la corsa lineare che sta seguendo da ormai metà
del Paese – “Passa molto vicina ad un paio di grosse città, ma non proprio in
mezzo. Si direbbe proprio fissata con questa cavolo di linea retta. Se ha
fretta, continuerà ad usare l’aereo. L’ultima città con un aeroporto per cui la
linea passa esattamente è Harrisburg,
e non molto oltre finisce in mare. Però non è detto che vada ad Harrisburg;
viaggia in linea retta, ma non è detto che non possa fare segmento per
segmento. In quel caso, finché non si ferma sono fregata, e può tagliarmi fuori
da un momento all’altro. Non posso scoprire che aereo ha intenzione di
prendere, e non posso neanche girare tutto l’aeroporto a mostrare la sua foto –
è un lavoro segreto dopotutto. Posso seguire il suo cervello, sempre che non
cambi ancora frequenza, ma ci sono troppi percorsi e non farei in tempo. Posso
continuare il solito trucchetto, finora non le ha fatto cambiare i suoi piani.
E poi, se non sento che si avvicina
ad Harrisburg, posso sempre spostarmi prima che il suo aereo atterri no ? E’
tutto molto azzardato, ma se ho ragione la potrò beccare ad Harrisburg e
seguirla fino alla sua destinazione. E’ senz’altro il caso più difficile che mi
sia capitato, ma ho dalla mia l’esperienza di quasi…”
Il flusso dei suoi pensieri si
ferma. Dieci anni. Si lascia cadere
sul materasso, distende le gambe, e fissa il soffitto. Dieci anni.
Poco più di cinque a raffinare il
suo potere, passando da un part-time all’altro mentre si creava una nuova
professione. Due anni a fare da consulente a vari investigatori privati per
farsi le ossa, senza successo, e poi trovare chi potesse aiutarla. Il resto, ad
inseguire od essere inseguita, nel tentativo di pagare il suo debito. Ed ora
che ci è riuscita…ora che è libera,
si sente stranamente…vuota. Dieci anni,
e fino a questa mattina non aveva un cambio di biancheria da quasi un mese.
Poche decine di dollari di risparmi, quanto resta da mille spese per treni ed
aerei, mai rimborsati da nessuno. Anche ora, con quanto è riuscita a rubare a
questo Kasoulos, ha poco più del denaro sufficiente a fare quel volo.
Ora ha un incarico, e lo porterà a
termine…nessuno è mai sfuggito a
Pathfinder. Ma dopo ? Sperpererà anche quel denaro ? Si sistemerà ? Andrà
avanti ? E per ottenere cosa, altri dieci anni di fatica per nulla ? Forse si è
concentrata tanto sulla preda da dimenticare se stessa. Forse…è tempo di
cambiare le cose.
Freeman sta giocherellando
nervosamente con l’accendino di Corvo, avendo rinunciato da più di un’ora a
capire cosa stia facendo. I dati che passano sullo schermo del portatile
(collegato artigianalmente al supercomputer) non hanno senso per lui.
Marasso non smette di tenere sotto
tiro l’hacker, ma sembra interessato allo schermo. Più che altro,
probabilmente, le parole che si muovono lo incuriosiscono.
La calma innaturale viene
interrotta dal fischio di apprezzamento di Corvo.
-Trovato niente ?
-Guarda un po’ qui – Corvo indica
lo schermo, di cui Freeman riesce a riconoscere solo la propria foto
segnaletica, risalente a qualche anno prima. Scatta in piedi e si avvicina alla
“scrivania”.
-Rapina a mano armata, furto con scasso, traffico illecito
di armi ed esplosivi, frode, estorsione, detenzione di sostanze stupefacenti…
hai fatto davvero tutte queste cose ?
-Non proprio tutte da solo… la droga la custodivo soltanto
per un mio amico, comunque.
-Sì, dicono tutti così. Mi aspettavo qualcosa di più
semplice, sai ? Sono migliorati tantissimo dall’ultima volta. Se non avessi
avuto questa meraviglia di supercomputer…probabilmente avrei già dovuto
lasciare una mezza dozzina di tracce, ma così siamo al sicuro.
-Come ti pare. Ehi, che vuol dire quel simbolo ?
-Significa che c’è un dossier 6-10 su di te.
-Cioè ?
-Classificato. F.B.S.A.
-Dovevo aspettarmelo.
-Già, dovevi. Le meraviglie della burocrazia; ci sono
sicuramente almeno quattro dossier su di te, ma non è questo il bello.
-Non me ne frega un cazzo, Corvo. Puoi modificare i miei
dati, già che sei dentro ?
-Senza problemi, ma persino tu dovresti immaginare che non
c’è una sola copia di questi.
-Senti, ho le mie ragioni…tu cancella solo il fatto che
sono Switch.
-Lo sto facendo, ma non sarebbe indispensabile. Come stavo
per dirti…il bello è che la polizia non ha accesso ai dossier FBI ed FBSA su di
te; solo per sapere che ci sono serve
avere un grado bello alto.
-Perché ?
-Perché c’è un dossier segreto su di te, e di livello
abbastanza alto. Che hai fatto, hai rapinato Fort Knox per essere schedato così
?
-Ecco…
-Visto che la documentazione tira in ballo così tante
organizzazioni, ci sono dei problemi su chi ha la precedenza su cosa, e l’FBSA
non ha ancora concordato dettagli del genere. E’ raro che un criminale di basso
calibro venga schedato a questo livello di segretezza da così tante agenzie. E
dovrebbe restare così finché non passa un certo disegno di legge, così i
dossier sono ancora classificati. Le leggi sui super-umani sono veramente un
casino di questi tempi.
-Devo essere il più fortunato figlio di…
-Probabilmente. Vuoi combinare un bel casino, eh ?
Considerando tutti gli attriti tra le varie forze dell’ordine, non farai
fatica. Dove sono i dati che devo…
-Tieni – risponde Freeman porgendogli un paio di fogli
spiegazzati. Corvo li legge velocemente.
-“Conrad Freeman”… un parente ?
-Mio padre.
-Vuoi incastrare tuo padre !?
-Tu non lo conosci. Ora datti da fare ed esci di lì.
-Hai qualcosa in mente, vero ?
-Ho qualcosa in mente.
-E non me lo dirai.
-No.
-Posso conviverci. Qualunque cosa sia, dev’essere
decisamente fuori di testa. Ecco, ho fatto…ma non ci conterei troppo. Hai in
mente altro ?
-Hhhmm. Forse è il caso di dare un’occhiata al dottor
Becket.
-Chi ?
-Il tizio che mi ha dato i poteri. Mi aveva fatto uscire
lui di prigione…ed è stato lui a fare subito il mio nome. Sarà da qualche
parte.
-Adesso cerco. Ehi, stavo pensando…non è tutto un complotto
del padrino russo, vero ?
-Eh ?
-Okay, immaginavo non ne potessi parlare.
-Che stai dicendo, Corvo !?
-No, niente, davvero. Ah, trovato…Albert Becket, è lui ?
Hhmm, protetto bene. Mi ci vorrà qualche secondo.
-Cos’è questa storia del complotto ?
-Gira una voce.
-Quale voce ?
-Che Ran, il padrino russo, sta assoldando super-criminali.
Dicono che abbia in mente qualcosa di grosso.
-Può darsi; io faccio solo quello che mi dice di fare, e
sto zitto.
-Eccoci qui… non c’è un granché, comunque. 7-12, SHIELD.
-Ne ero sicuro. Becket era nell’AIM.
-C’è roba molto vecchia, qui dentro. Ehi, guarda un po’…suo
fratello maggiore era uno degli uomini di Mason, alla fine dei 60.
-C’è niente che possa darmi fastidio ?
-No, niente. Figurati se lo SHIELD rende pubbliche le
informazioni. E non pensare neanche di dirmi di irrompere nei loro computer.
-Non penso mi servirebbe a molto. Okay, abbiamo finito.
-Non credevo tenessero cose così vecchie in archivio,
comunque…Voglio dire, addirittura cose sul Signore delle Ombre, ancora un po’ e
la polizia diventerà affidabile, roba da matti.
-Spero sia quando me ne sarò già andato in…aspetta, il
signore di cosa !?!?
Magazzini Eldridge.
-Se non è un’invenzione perversa della tua mente malata,
Shades, non puoi farcela da solo. Dobbiamo allertare tutto il Circolo.
-Con che risultati ? Quando Shatter ha provato una cosa del
genere ci è rimasto, e dopo mille anni le Luci sono solo peggiorate.
-Non mi piace per niente. La morte del nonriflessoquattro
fu una mia responsabilità. E dopo
quello che hai combinato con il tuo
sottoposto…
-Ehi, Mason era assolutamente inaffidabile. Sarebbe stato
solo un peso; molto meglio per come è andata. Lavoro meglio da solo, Sharp, lo
sai benissimo. Mi serve soltanto del tempo, tutto qui.
-Tempo che non abbiamo. Le Luci stanno preparando qualcosa,
l’ho scoperto in questi giorni. Potremmo dar loro battaglia, ma… non
vinceremmo. Mai.
-Hm. E’ pericoloso affrettare le cose…Freeman potrebbe
capire qualcosa.
-E se capisse, Shades ?
-Allora potrebbe essere l’unico
ad uscirne vivo. Per fortuna, a quello non verrebbe mai in mente uno straccio
di piano, quindi escludendo la pura fortuna non dovrebbe accorgersi di niente.
-Non mi piace affidarmi al caso, Shades. Ti ho già concesso
molto; ora devi accelerare i tuoi piani.
-Un’ultima possibilità, Sharp. Un mese soltanto; se
scoprisse qualcosa, accelereremo.
-Una settimana.
-Starai scherzando !!!
-Sei giorni.
-Lo vuoi capire che…
-Cinque.
-Va bene. Cinque dannatissimi giorni, e sia. Non è grave,
in fondo. Posso farcela, sai ? E poi non c’è niente a New York che gli possa
far capire qualcosa.
-E al di fuori ?
-Non lascerà la città. Abbiamo un accordo.
Il solito magazzino.
-Non hai mai sentito parlare del Signore delle Ombre ?
-Anche se conosco qualcuno che parla sempre e solo di
ombre…no.
-Non c’è sito sulle cospirazioni che non ne parli. Aldous
Mason, il Signore delle Ombre, era la più famosa spia super-umana degli anni
60.
-Per chi lavorava ?
-Per chiunque pagasse.
-Mi sta già simpatico.
-Girava voce che fosse in grado di vedere attraverso le
ombre, da qui il suo nome. Forse era un mutante, anche se non credo che all’epoca
li chiamassero già così.
-L’hanno preso ?
-Certo. E’ da lì che partono tutte le teorie dei complotti
su di lui, dato che dopo è scomparso. Non si sa niente di lui dal 1970; secondo
la leggenda, da allora lavora per il governo o per qualunque agenzia super-segreta
ci si possa inventare. Al meglio sarà una mummia, dovrebbe avere sui 95 anni
adesso.
-Cos’ha a che fare il fratello di Becket con lui ?
-Reclutava personale. Il Signore delle Ombre usava degli
ex-galeotti come spie, a volte pagando le cauzioni; diceva di essere in grado
di vedere attraverso le loro ombre, quindi li mandava tutti nei luoghi dove
c’era qualcosa da scoprire. Generalmente facevano una gran brutta fine.
-Brutta storia. Non mi piace, ci sono troppe coincidenze.
Nessuna notizia su questo Mason ?
-Solo la sua ultima abitazione conosciuta. Lo confinarono
lì per un paio di mesi, poi non si seppe più nulla.
-Non è strana
come procedura ?
-Il fatto che si sappia ancora l’indirizzo è ancora più
strano, però è vero. Posso rintracciartelo facilmente.
-Troppo facile, mi sa di fregatura. Dammi l’indirizzo del
fratello di Becket.
-Fammi vedere se… No, non posso. E’ morto sette anni fa di
cancro ai polmoni.
-Vada per l’indirizzo.
-47 Guilden Street, New
Brunswick, New Jersey.
-Merda.
-Il solito newyorkese. E’ il New Jersey, non l’inferno…
-Non è per quello. Potrei avere qualche problema a lasciare
la città…non che ti debba interessare, chiaro. Puoi anche staccarti.
-Okay. Allora, ho fatto un buon lavoro ? Marasso non mi
staccherà la testa ?
Sentendo il proprio nome, il cyborg si alza un po’ di più;
sembra sempre piuttosto basso con la sua solita postura, ma è veramente
imponente. Quando i suoi occhi incontrano quelli di Corvo, muove velocemente la
lingua biforcuta. L’hacker si limita a storcere la bocca e a riporre il
portatile nella borsa.
-Sì, e poi chi chiamo se quello si blocca ? E poi se
spifferi tutto rischi molto più di me, quindi non ti conviene.
-Dì un po’…tutto questo non è stato solo per evitare che
tua sorella, un semplice agente, scoprisse la tua identità segreta vero ?
-Non sono affari tuoi.
-Lo sai che non ti coprirò per sempre, Freeman.
-Non importa. Sai, mi sono stufato di essere sfruttato da
chiunque abbia dei progetti strani. Quindi, adesso ho un mio piano.
-La prima volta che ne hai avuto uno sei finito in galera e
la seconda hai provato a rubare l’Hudson. Questa volta cosa sarà ?
Freeman si porta un dito alla bocca in segno di silenzio,
sorridendo. Poi le luci si spengono, e il Corvo non incontrerà più nessuno fino
a quando non sarà arrivato a casa.
CONTINUA…
Note
C’è poco da dire…Corvo proviene da
Iron Man e si è visto su questa serie nel numero 12, con la riprogrammazione di
Marasso.
Nel prossimo numero avrete una
risposta su almeno la metà delle domande che possono venirvi in mente sulla
trama di Luci ed Ombre, la cui risoluzione ci porterà oltre il numero 25,
cambiando l’impostazione della serie e lanciando la sua nuova versione…ma è un
po’ presto per parlarne, nel frattempo iniziate a pensare alle parole di Shades
e alle loro conseguenze.
VILLAINS #19
L’uomo che sapeva troppo
New York City. Sul tetto di un
palazzo che ultimamente ha visto succedere praticamente di tutto Edward
Freeman, alias il super-criminale Switch, vive qui da diversi mesi. E in tutto
questo tempo si è abituato a parlare con degli sconosciuti che appaiono e
scompaiono nell’arco di pochi minuti.
Uno dei più ricorrenti è Shades,
che lo saluta distrattamente. Freeman non lo vede da alcuni giorni e non
potrebbe esserne più contento; la presenza di Shades tende a significare “guai”
più spesso di quanto non capiti con il super-criminale medio. Dietro i suoi
inseparabili occhiali da sole, sembra non riuscire a nascondere un certo
nervosismo. Alla sua sinistra, un uomo di colore la cui pelle non solo è la più
scura che Freeman abbia mai visto, ma sembra anche lacerata da migliaia di anni
di lotte e sole cocente. Alla destra di Shades, una nuvola di fumo nero dalla
vaghissima forma umana.
-Ah, Freeman… ti presento Sharp,
nonriflessotre del Circolo delle Ombre. Credo che tu conosca già Smoker.
-Già. Senti, dovrei… Ehi, aspetta.
Sharp…Shades…e Smoker, giusto ?
-Giusto.
-Avete anche Shaft, tra i vostri ?
°non in questo ° periodo
– risponde il fumo nero.
-Senti un po’, ho un favore da
chiederti.
Shades alza un sopracciglio, e lo
sguardo di Sharp si fa ancora più affilato.
-So che avevamo un accordo, e che
non mi posso allontanare da New York, ma… ho degli affari molto importanti da portare a termine, nel New Jersey.
-Il New Jersey – sottolinea Sharp.
-New Brunswick, per la precisione.
Ci metterò solo poche ore, credo.
°new brunswick –
sottolinea anche Smoker.
-Non farò storie se vai,
Freeman…ma ti consiglierei di non andarci.
-Motivo in più per farlo
immediatamente, conoscendoti.
Shades cerca di fermarlo, ma
Freeman scompare subito in un grosso portale di teletrasporto. Gli altri due
nonriflessi lo fissano con sguardo di riprovero.
°questo è troppo ° Shades ° non possiamo permetterci un
altro ’66 ° prendiamo noi la situazione in mano, adesso°
-Scheisse – mormora a denti
stretti.
A venticinque chilometri da
Harrisburg.
Lucy entra nel vagone, guardandosi
nervosamente attorno. Qualcuno fissa gli spessi guanti che porta alle mani,
adatti a tutt’altre temperature, ma distolgono lo sguardo subito dopo. Senza
alzare troppo lo sguardo da terra, Lucy percorre tutto il vagone fino a sedersi
all’ultimo posto, isolata.
Tutto ciò che sa è che si trova su
un treno diretto a New York. Non ricorda di essere arrivata ad Harrisburg, di
aver comprato il biglietto o di aver preso il treno… ricorda solo di essersi
trovata a bordo. Queste cose accadono a Lucy ormai da anni, ma non significa
che ci sia abituata. Lucy non è neanche sicura che questo sia il suo vero nome,
non ricorda la propria casa o la propria vita, ma sa di dover trovare qualcuno, e che niente al mondo glielo
impedirà. A Lucy capita molto spesso di sapere delle cose così, dal niente.
Quando Lucy si siede, la porta in
fondo al vagone si apre ancora. Lucy non ha bisogno di guardarla…uno dei suoi flash gliela mostra. La prima cosa che
il flash le mostra sono un paio di scarponi quasi militari, poi un paio di
pantaloni neri molto aderenti, un top di lana nero e una giacca militare
verdognola dall’aria molto vissuta, su cui ricade una lunga coda di cavallo
castana. Nella tasca interna della giacca ci sono una cartina degli Stati
Uniti, un opuscolo sui principali aeroporti del Paese con riferimenti
incrociati, una penna rossa e un pennarello nero; nella tasca sinistra, un
giornale di Minneapolis di due giorni prima e il biglietto.
Il flash è istantaneo; Lucy si
alza immediatamente e passa all’altro vagone, seguita dalla donna. Lucy
attraversa anche il vagone successivo, più nervosamente, e la donna continua a
seguirla, anche se più distanziata. Lucy accelera il passo, e la donna adegua
la propria velocità.
A metà del quarto vagone, Lucy si
ferma. Le stanno tremando le mani. Sa già cosa sta per succedere… non sarebbe
la prima volta, ma per un attimo cerca di rimanere se stessa, di non far
vincere la forza sconosciuta che si è impadronita della sua vita.
-Biglietti, prego ?
Lucy si toglie il guanto destro
più velocemente di quanto abbia mai fatto, ed un raggio di luce purissima
attraversa la testa del controllore, che immediatamente cade a terra privo di
vita. Lucy ignora le grida dei passeggeri e si volta, indicando con la mano
scoperta la donna che la seguiva, immobilizzata.
Un altro raggio di luce, più
ampio, colpisce la donna e la scaraventa violentemente contro le porte del
vagone, che si deformano leggermente nell’impatto. Lucy corre verso il
collegamento con il vagone successivo, e lancia un raggio di luce verso il
pavimento. Il treno inizia a rallentare, prima in modo impercettibile, poi
sempre di più. Quando si è fermato, Lucy si rimette il guanto ed apre l’uscita,
correndo via.
Il treno riparte, e qualcuno
controlla lo stato della donna colpita. Si rialza quasi subito, portandosi una
mano alla schiena. Poi, stringendo i denti, si avvicina ad uno dei posti a
sedere, afferra il vano portaoggetti con entrambe le mani, e con un salto quasi
acrobatico rompe uno dei vetri gettandosi fuori. Mentre il treno si allontana,
qualcuno riesce ancora a vedere Pathfinder rincorrere Lucy correndo ad una
velocità sovrumana…
Dopo essersi guardato intorno ed
aver controllato più e più volte l’indirizzo, Freeman si decide a suonare il
campanello, solo per scoprire che non c’è. Ripensandoci, cosa avrebbe potuto
dire ? “Salve, sono un supercriminale…anche lei lo era, tempo fa ?”
Poco convinto, bussa un paio di
volte alla porta. Nessuna risposta, ovviamente. Sta per teleportarsi dentro
quando la serratura scatta da sola. Freeman apre molto lentamente la porta,
entrando nel classico ingresso della classica villetta americana. E’ ancora
mattino, ma dentro la luce è molto bassa. A lui va benissimo.
-Entri, entri pure…la stavo
aspettando – lo chiama dalla stanza adiacente un uomo dal leggero accento
inglese.
Con estrema calma, Freeman oltre
passa il corridoio per entrare in una stanza finemente arredata. Solo dai tappeti
potrebbe ricavare più di mille dollari, pensa Freeman. Solo dopo aver fatto
questo rapido conto mentale si degna di guardare il proprietario della casa.
Seduto sulla poltrona, un uomo di
mezz’età gli sorride. Per descriverlo, è sufficiente dire che potrebbe essere
un sosia di Alfred Hitchcock con una trentina di chili di meno. Freeman ricorda
di aver guardato alcuni bottini con lo sguardo che ora il proprietario gli sta
restituendo.
-La prego, si sieda. Le offrirei
da bere ma, purtroppo, non ho della birra in casa e so che lei beve quasi
esclusivamente quella.
-Sto cercando il signor Aldous
Mason.
-Sono io – risponde allargando il
sorriso.
-Sono sicuro di cercare un altro Aldous Mason, che dovrebbe avere
circa…
-97 anni, sì. Mi tengo in forma,
se così vogliamo dire. Ora le dispiacerebbe sedersi, signor… Oh, posso
chiamarla direttamente Switch ?
-Come fa a sapere – sbotta subito
Freeman, portando una mano alla giacca.
-Si calmi pure, Switch, e si sieda
la prego. Non c’è bisogno di usare le armi.
Freeman non sembra particolarmente
persuaso dalle sue parole, ma si ferma. Gli occhi di Mason sono appena
diventati completamente neri.
-Ha una Beretta 92 calibro
semi-automatica nove millimetri a 15 colpi nella tasca interna della giacca.
Giusto perché lo sappia, appena le sue dita sfioreranno quell’arma, io estrarrò
una Russian Makarov 5.45 e le sparerò alle gambe.
Continuando a fissare gli occhi
quasi vuoti di Mason, Freeman allontana la mano dalla giacca e si siede. Gli
occhi tornano normali.
-Sa, è sempre utile avere una
passione per le armi. Certe cose risultano molto più plausibili se si hanno
certe conoscenze.
-Però ho effettivamente una Beretta 9 mm in tasca. Come fa a saperlo ?
-Posso non essere più il Signore
delle Ombre, ragazzo mio, ma non sono ancora pronto per andare in pensione,
nonostante quello che possono pensare all’anagrafe.
-E’ stupido usare un trucco del
genere e rivelarlo subito. Se si intende di armi, e sapeva che stavo per
arrivare, perché non ne ha tenuta pronta una ?
-Non ho armi in casa – risponde
seriamente Mason, lasciando scomparire il sorriso – Le pallottole possono fare
ben poco ai miei nemici.
Freeman si guarda intorno, ancora
a disagio in quella casa. Si sente stranamente osservato, anche più del solito.
-Dunque, signor Mason… ho scoperto
alcuni contatti con il dottor Becket, l’uomo che mi ha fatto uscire di prigione
e mi ha dato i poteri.
-Non serve che mi racconti tutto,
Switch… ho visto e sentito tutto quanto.
-Sono sicuro che non ci fossero
microspie. Ho passato al setaccio tutto quanto il magazzino prima di far
lavorare Corvo.
-Oh, non servivano. Altrimenti,
durante la guerra fredda avrei avuto troppi concorrenti, non le pare ? Ho il
potere di vedere attraverso le ombre, tra le altre cose. Uno dei pochi poteri
che mi è rimasto, a parte questo – si picchietta brevemente la fronte con
l’indice – E finora ha sempre funzionato.
-Questo non sarà mica un altro
piano complicato di voi tizi delle ombre ?
-Certo che è un piano, Switch. Ma
è tutt’altro che complicato, e soprattutto non è più una questione che possiamo
lasciar gestire solo dalle Ombre, o più precisamente dal Circolo delle Ombre.
-Il Circolo…?
-La piccola ma millenaria società
segreta che riunisce chiunque sia entrato in contatto con l’Oscuro. Lei conosce
la leggenda sull’origine delle Luci e delle Ombre, Switch ?
-No, non la conosco e non mi
interessa.
-Dovrebbe. Se ci fosse stato anche
lei, agli inizi degli anni 30, in certe spedizioni in Groenlandia…
-Le ripeto che non mi interessa la
storia, signor Mason. Voglio solo sapere cosa ha a che fare lei con i miei
poteri.
-Allora ascolti la leggenda.
All’inizio dei tempi, la luce e l’ombra erano la stessa cosa. Inseparabili,
indistinguibili, un solo concetto. Poi, la Luce colpì l’Ostacolo. Ciò che
risultò dallo scontro di Luci ed Ombre divenne il mondo che conosciamo. La
prenda pure come una storiella, una spiegazione mitologica della creazione del
mondo.
-Ma io sono stato nella
Dimensione delle Ombre. Tutta questa roba è reale ?
-Oh sì. Reale quanto la paura.
-Questa non è una risposta…
-Certo che lo è, solo che si
rifiuta di accettarla. Per lei è più facile vedere tutto quello che ci è
successo come una specie di allucinazione. Ma non importa, tutti abbiamo le
nostre piccole illusioni personali. Così come, probabilmente, le avevano le
Luci e le Ombre.
-Conosco le Ombre, ma chi
sarebbero queste Luci ?
-E’ ben oltre la nostra capacità
di comprensione, mi creda Switch. Quegli esseri non ci interessano, sono troppo
impegnati nei loro piccoli mondi astratti per badare a cose come l’universo. La
storia che ci interessa veramente inizia nella notte dei tempi… o all’alba
dell’umanità, a seconda delle interpretazioni. Le Ombre decisero di dare
un’occhiata al mondo proprio quando un uomo stava guardando dalla loro parte.
-In una sorta di “stato di
coscienza dell’ombra”… - mormora Freeman, ricordando i suoi discorsi con
Shades.
-Ovviamente, le Luci fecero lo
stesso. Fu una donna a guardare nella loro direzione. Sia lei che l’uomo
ricevettero un potere immenso dalle loro visioni, divenendo dei riflessi di ciò
che videro.
-Riflessi e… non-riflessi.
“Non posso credere a quello che ho
detto !!!” riflette Freeman, constatando che tutta la storia ha una sua folle
logica.
-Vedo che comincia a capire. Luci
ed Ombre temettero che questo potesse portare alla propria distruzione, così
crearono una sorta di “regola del vantaggio”. Se le ombre avessero fatto un
qualunque progresso, le luci avrebbero fatto altrettanto, e viceversa. Due
eterni rivali condannati ad un pareggio eterno.
-Cioè se vinceva uno vinceva anche
l’altro ?
-L’esatto opposto. Nessuno dei due
poteva vincere. Se un altro uomo accedeva al potere delle Ombre, una donna
entrava in contatto con le Luci. Nacque il primo Cacciatore d’Ombre, e poco
dopo si risvegliò un Cacciatore di Luci.
-Un bel casino. E alle Ombre non
importava ?
-Riescono a malapena a pensare ad
un mondo con più di due dimensioni, figuriamoci se possono formulare strategie
per i suoi abitanti. Vedi… non tutti hanno il potenziale di entrare in contatto
con l’oscurità. Attualmente, solo ottantamila persone hanno questa capacità.
Praticamente ogni cosa può metterli in contatto con quella parte di se stessi…
per loro, anche solo restare chiusi al buio per un giorno è sufficiente.
-E io sarei uno di questi ?
-Ovviamente, o non staremmo
neanche parlando. Ora… quando qualcuno entra in contatto con questa forza, noi
lo definiamo “matrice”. Tutti quelli in grado di utilizzare l’energia
extradimensionale chiamata “Forza Oscura” sono delle matrici, per esempio.
-Mi faccia indovinare… anche i
nonriflessi.
-Sì. Quelli che accettano
l’oscurità, che si fondono con essa, diventano un suo riflesso.
-Queste mi sembrano solo stronzate
New Age, signor Mason…
-Anche io pensavo fossero solo dei
miti. Fino a quando, nel 1937, non parlai con un giovanotto poco più che
ventenne che aveva sentito parlare delle mie ricerche antropologiche. Si
chiamava Lukas Zeller, ma anni dopo prese il nome di Shades.
Stazione di Reading. Lucy si
guarda intorno, ancora poco certa di come sia arrivata fin lì. L’ultima cosa
che ricorda è di essersi trovata su di un treno… e adesso ne sta aspettando un
altro. Deve assolutamente arrivare a New York, non c’è altra scelta. Quando
vede arrivare il treno si aspetta di ricevere un altro flash, ma la sua mente è
sgombra. Chiunque fosse la donna che la seguiva, adesso non c’è più.
In lontananza, appollaiata sul
tetto della stazione, Pathfinder osserva la sua preda allontanarsi, mentre
recupera il fiato.
“Certo che mi ha fatto fare una
bella corsa… i muscoli delle mie gambe sono decine di volte più efficienti di
qualsiasi corridore alle Olimpiadi, ma sono veramente sfinita. E’ davvero una
preda tosta, devo seguirla a distanza. Comunque l’azzardo ha funzionato, adesso
ho registrato le sue onde cerebrali anche quando sfasa le altre…credo lo faccia
anche quando usa i suoi poteri. Se ho ragione, si fermerà una volta a New York,
ma preferisco seguirla che dare un’informazione errata alla Reflex
Technologies. Non so perché, ma non mi hanno dato l’aria di essere molto affidabili”.
Il treno è ormai al di là
dell’orizzonte, anche se il cervello di Lucy è ancora chiaro come il sole per
il suo sesto senso mutante. Leah si alza in piedi, si sgranchisce le gambe e
scioglie i capelli.
“Okay, ragazza mia, non hai mai
perso una preda e non comincerai adesso che la cosa si fa interessante. Il mio
lavoro finisce quando lei si ferma, ma voglio proprio scoprire cosa c’è dietro
tutto questo”.
Come se si trattasse di scendere
un paio di gradini, Leah salta giù dal tetto atterrando con una naturalezza
ineguagliabile. Tra gli sguardi stupidi dei presenti, entra nella stazione e si
dirige a lunghi passi alla biglietteria. Le costerà i suoi ultimissimi
risparmi, ma non sono soldi che le dispiace spendere.
-Un biglietto di sola andata per
New York City, grazie.
New Jersey.
-Shades era già in giro nel ’37 !?
-All’epoca non diedi troppa
importanza alle parole di uno sconosciuto più giovane di me di quasi dieci
anni, e senza nessuna formazione ufficiale. Solo nel ’56 compresi tutti i suoi
discorsi farneticanti sulla potenza metafisica delle ombre…sono sicuro che li
ha fatti anche a te.
-Ma come ha ottenuto veramente i
suoi poteri ?
-Oh, quello. Mio padre mi chiuse
per due intere settimane in uno stanzino buio senza cibo, acqua o la
possibilità di parlare con nessuno…a parte le ombre.
-…
-Sì, è sorprendente quanto possano
essere banali i contatti con l’Oscuro. D’altronde, ai miei tempi, le origini
dei metaumani erano molto più semplici di quelli di oggi. Se avessi compreso
subito tutto questo, sarei stato io il nonriflessosette, con vent’anni di
anticipo rispetto a Shades.
-Quindi anche lei fa parte di
questo “Circolo delle Ombre” ?
Finora, Mason sembrava entusiasta
della storia che stava raccontando, come se fossero i bei ricordi. Adesso, il
suo volto si è rabbuiato.
-Un tempo. All’interno del Circolo
ero Sham, “inganno”. Non avrei potuto scegliere un nome migliore. Nel ’56,
comunque, avevo appena passato i cinquant’anni ed avevo alle spalle un’eccellente
carriera di studioso dei popoli primitivi, ed una vita di stenti… e mi
ritrovavo con dei super-poteri. Non dovrebbe stupire, data la situazione
dell’epoca, che mi fossi dato allo spionaggio.
-Quando divenne il Signore delle
Ombre e mise su la sua organizzazione.
-Sì. Ed ero anche dannatamente
bravo…America e Russia pagavano molto bene i rispettivi segreti. Quando iniziai
a farmi una certa reputazione, però, fui contattato da Shades. Mi disse tutto
ciò che ha detto a te e quello che ora ti ho rivelato, e mi convinse ad unirmi
al Circolo delle Ombre.
-Come mai ? Shades non lavora per
soldi, e probabilmente neanche gli altri.
-Verissimo. Però, Switch, le cose
che mi promisero… la piena comprensione dei segreti delle Ombre. La possibilità
di vivere per sempre. Il non poter essere feriti, mai più. Come potevo non
accettare ? Tuttavia… non mi dissero mai il prezzo che c’era da pagare. Le
ombre possono vivere migliaia di anni, ma al prezzo della propria umanità. I
nonriflessi sono vere e proprie ombre viventi. Non farti ingannare dal loro
aspetto umano. Il loro corpo è la loro ombra e la loro ombra è il loro corpo,
se capisci cosa intendo.
-No, non lo capivo neanche quando
lo spiegava Shades.
-Se sparassi alla tua ombra, ti
farei male ?
-A meno che io non stia in
mezzo…no.
-Per Shades vale la stessa cosa.
Provare a ferire il suo corpo è come cercare di colpire un’ombra. Ma non sono
invincibili, sai ? Hanno una debolezza grossa come una casa, e la loro forza
sta unicamente nel non rivelarla. Mai.
-E quale sarebbe ?
-Te l’ho già detto… il loro corpo
è la loro ombra e la loro ombra è il loro corpo. Se lo dimentichi, sei morto.
Per tornare alla tua domanda…
-…finalmente…
-Ti ho dato i poteri per dare
l’ultimo colpo alla lotta tra le Luci e le Ombre.
-Perché ? Se eri uno di loro…
-Lo ero, Switch, finché non
scoprii perché esiste il Circolo.
-E sarebbe ?
-Nel ’66, io e Shades eravamo
controllati a vista dal resto del Circolo. Shades aveva in mente qualcosa, e me
lo confidò. Mi disse che non era un caso se aveva ottenuto i suoi poteri
durante la Seconda Guerra Mondiale. A quanto pare, sia le Luci che le Ombre
uscirono vincitori dal conflitto mondiale, perché entrambi erano contro i
nazisti. L’eventualità di una loro egemonia mondiale era troppo oscura per le
Luci e troppo ottimista per le Ombre. Ma, se ricorda bene, Switch, le due
fazioni dovevano essere condannate a restare alla pari. Invece vinsero
entrambe, e tutto il delicato equilibrio tra le due potenze metafisiche andò in
frantumi.
-Non sono sicuro di capire cosa
c’entri tutto questo…
-E’ complicato, lo so. Comunque,
Shades “nacque” proprio durante la distruzione dell’equilibrio. Ai suoi occhi,
la millenaria guerra tra Luci ed Ombre era insensata, ma non se ne poteva
tirare fuori. Nei suoi intrighi scoprì il fine ultimo del Circolo… far
precipitare il mondo in uno stato di caos assoluto, e ti ricordo che per loro i
nazisti erano troppo morbidi.
-Non vedo Shades ad opporsi ad una
cosa del genere, sinceramente.
-Non lo fece, all’inizio. Poi
scoprì che, una volta al secolo, devono nascere un Portatore d’Ombra e un
Portatore di Luce. Se soltanto uno dei due sopravvivesse fino alla nascita del
successore, avrebbe in mano il destino del mondo. Il motivo per cui Luci ed
Ombre si combattono è per uccidere il Portatore del nemico, secolo dopo secolo,
generazione dopo generazione. Il ventesimo secolo, però, non ha avuto nessun
Portatore, e Shades lo aveva previsto già nel ’66. Alla luce di questo, tutta
la guerra era inutile e patetica. Fummo scoperti, e l’unico modo che Shades
ebbe per salvarsi fu di dare la colpa a me. Così, nel 1967 venni espulso dal
Circolo delle Ombre, mi venne tolta gran parte dei miei poteri, e mi feci
arrestare nella speranza che le forze dell’ordine potessero salvarmi da loro.
-Wow. Quindi le Ombre vogliono una
specie di nuovo Inferno ?
-Molto, molto peggio.
-Non capisco cosa c’entri tutto
questo con me, signor Mason.
-Switch… lei si interessa mai a
qualcosa che non abbia a che fare con le sue tasche ?
-Molto raramente.
-Allora forse dovrebbe iniziare, o
si ritroverà ad essere un’ombra sgradita sul muro. Le ho raccontato la storia
segreta del mondo… ed il motivo per cui ho fatto sì che lei, una matrice che
non era destinata a diventare un nonriflesso, ottenesse dei super-poteri che la
mettessero in contatto con l’Oscuro. Ho lavorato a tutto questo dal 1970,
quando mi sono comprato la libertà concedendo certo documenti che
compromettevano molti esponenti di governo.
-E quindi ?
-Sigh… Ho scoperto il fine ultimo
del Circolo delle Ombre. Mi hanno cacciato perché sapevo troppo. Ho deciso di
distruggere tutta la loro piccola guerra. Ho trovato il modo per dare i poteri
dell’Oscuro ad una normale matrice. Ne ho scelta una a caso ed ho aspettato che
fosse notato dalle Ombre. Ed ora, eccoti qui.
-E se io non volessi distruggere
tutto questo ? Se a me non interessasse niente di tutto quello di cui abbiamo
parlato ?
-Oh, ti interesserà. E’ facile
ignorare certe cose quando non si è coinvolti. Quando la tua vita inizierà a
dipendere dai segreti che conosci… capirai.
-Quindi non c’è modo per liberarmi
di Shades e continuare a fare il super-criminale in santa pace ?
-No.
-Grande. Ho perso una giornata di
lavoro per non scoprire un bel niente…
Freeman si alza in piedi
nervosamente, si allontana di pochi passi e scompare da un secondo all’altro.
Aldous Mason torna a sorridere, afferra una bottiglia sul tavolino di fianco al
divano e si versa da bere.
Pochi minuti dopo, Mason ha già
bevuto tre bicchieri abbondanti. Con un lungo sospiro, si alza in piedi e
rimette a posto la bottiglia. Si aggiusta il costoso vestito che indossa, si
aggiusta il leggero riporto, e poi si volta.
-Sono pronto.
Davanti a lui, due ragazzine di
poco più di quindi anni lo fissano con uno sguardo agghiacciante e le mani
risplendenti di luce.
-Layout…Lifelike… a cosa devo
l’onore, dopo tanto tempo ?
-Miss Lighter vorrebbe farle delle
domande sul suo ospite di oggi, signor Mason. La prego di seguirci senza fare
storie – gli risponde la ragazza con la giacca universitaria. L’altra
interviene, parlando senza mai sbattere le palpebre.
-Potrei duplicarlo, nel caso quel
nonriflesso dovesse tornare per lui.
-Temo che entrambe le cose siano
impossibili, signorine. Abbiamo preso delle misure per mettere Switch fuori
dalla vostra portata. Per quanto riguarda l’adorabile Lighter, avrei qualcosa
per lei…
Mason porta la mano alla tasca
interna della giacca, e fa in tempo ad estrarne qualcosa prima che un raggio di
luce lo raggiunga. Aldous Mason cade immediatamente a terra, rumorosamente.
-Idiota… - mormora Layout – Forse
ragionerà meglio adesso, con il cuore al posto del cervello e viceversa. Come
se non lo avessimo tenuto d’occhio per tutto questo tempo…che imbecille.
-Aveva qualcosa in mano –
interviene Lifelike, spegnendo la luce attorno alle mani ed aprendo quella
destra di Mason. Al suo interno, solo un biglietto da visita.
-Che c’è scritto ? Forse è un
messaggio per Lighter.
-Conosci il tedesco ?
-Un po’. Fammi vedere…
“Leck mich am Arsch, Hure – Shades“
-Che significa ?
-Che Lighter non sarà affatto contenta.
New
York City, tardo pomeriggio. Freeman sta
tornando a casa, facendo due passi invece di teleportarsi direttamente
nell’appartamento. Il suo umore non potrebbe essere più nero, o almeno così
crede.
“Speravo di poterci guadagnare
qualcosa, da tutta questa faccenda delle Ombre” pensa mentre sale le scale “E
invece cosa ho scoperto ? Che sono rimasto invischiato in un mucchio di
fanatici dell’occulto che si credono delle ombre immortali e vogliono far fuori
un altro gruppo di fanatici. Shades mi ha aiutato tantissimo con i miei poteri,
ma ho l’impressione che voglia molto di più. Perché non mi ha detto subito
tutte quelle cose ? Che ci faccio io in mezzo a questa gente ? Cazzo, io volevo
solo fare dei soldi, non fare il tirapiedi dei primi pazzi che passano… Ci sarà
pure qualcosa di meglio da fare, per uno con i miei poteri !”
Finita la rampa di scale, Freeman
si chiede come mai sia così silenziosa. Nel suo corridoio ci sono due uomini
che non conosce, con dei lunghi impermeabili ed una faccia poco contenta. Gli è
chiaro fin da subito che non si tratta di nessuno degli scagnozzi di Ran.
-Che ci fate qui ? – è la cosa più
cordiale che riesce a dire. Apre meglio la giacca, per poter prendere la
pistola più in fretta se fosse necessario. Nel suo lavoro, non si può mai
sapere.
-Il signor Edward Freeman ? –
chiede uno di loro, prendendo qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
-No. Smith.
L’uomo estrae un distintivo e lo
mostra a Freeman, che muove molto lentamente la mano verso la pistola. L’altro
agente lo nota, così Freeman allontana la mano… può sparire in un battito di
ciglia, se necessario,.
-Ispettore Chalmers della Omicidi.
Sappiamo che è lei, Freeman, ce l’hanno detto i suoi vicini.
“E’ il momento migliore per
scomparire” pensa “No, un momento…forse non sono ancora fregato. Meglio stare
calmo, forse vogliono solo farmi qualche domanda su qualcuno. Un secondo…la
Omicidi ?”
-D’accordo, mi chiamo Freeman.
Cosa volete da me ?
-La prego di non fare storie e di
seguirci in centrale, signor Freeman – intima il secondo agente, avvicinandosi
– Ci lascia entrare lei, o dobbiamo buttare giù la porta ?
-Non potete entrare senza un
mandato, non mi fregate.
-Allora meno male che mi sono
ricordato di portare il mandato di perquisizione, no ? – scherza l’ispettore,
mostrando a Freeman un foglio.
-C’è qualche problema, signor
Freeman ? – domanda l’agente, vedendo le prime gocce di sudore sulla fronte di
Freeman, ed il suo guardarsi nervosamente intorno.
“Sì che c’è qualcosa che non va,
cretino, non riesco a teleportarmi !”
-Coraggio, signor Freeman, non
faccia-
Con uno scatto il più veloce
possibile, Freeman si volta e colpisce l’agente al naso, facendoglielo
sanguinare. Sta per mettersi a correre, quando vede l’ispettore estrarre la
pistola. Freeman si trova improvvisamente con poche opzioni, e viene afferrato
per un braccio dall’agente, che glielo torce dietro la schiena sbattendogli la
faccia contro il muro. E’ quasi in preda al panico, oramai.
“Niente teletrasporto ! Niente portali
! Niente pistola ! Che cazzo faccio adesso !?!?” – pensa mentre l’ispettore si
assicura che il naso del collega sia ancora al suo posto. Poi, riprendendo il
fiato, l’agente gli blocca anche l’altro braccio e lo ammanetta.
-Edward J. Freeman, la dichiaro in arresto per l’omicidio
di Joseph Bernstein. Ha il diritto di restare in silenzio; qualunque cosa dirà
potrà essere usata contro di lei in tribunale. Ha il diritto di scegliersi un
avvocato, se non se ne può permettere uno le verrà assegnato un difensore
d’ufficio. Ha capito bene quali sono i suoi diritti ?
Freeman impreca a denti stretti e scende le scale con i due
agenti. Al primo piano, vede la piccola scala che conduce alla cantina dove sta
riposando Marasso, pienamente in carica. Davanti alla porta, Freeman si riempie
i polmoni e si prepara a chiedere aiuto.
CONTINUA…
Nel prossimo numero:
Freeman è stato arrestato per omicidio…di chi ? E’ stato
lui ? Perché ? Che faranno le Ombre ? Come la prenderanno i suoi vicini ? E i
suoi colleghi ? E l’ospite d’onore a sorpresa ? Fate troppe domande.
Note
Vi avevamo promesso la risposta a
quasi tutte le domande sorte sulle Ombre, e ci siamo arrivati. Adesso
conosciamo le loro origini, il motivo della loro lotta alle Luci, il ruolo di
Freeman, i retroscena dell’origine di Switch, il vero nome di Shades, ed altro
ancora.
Cosa resta da dire ? Che se la
situazione adesso è più chiara, ci sono ancora molte questioni insolute. La
Cacciatrice d’Ombre si sta avvicinando alla preda, pedinata da Pathfinder.
Perché questo è così importante e come faranno entrambe le fazioni a trarre dei
benefici da questa situazione saranno le domande che verranno risolte nella
saga in tre parti che inizia nel prossimo numero.
Infine, un paio di spiegazioni per
chi non ha la più pallida idea di cosa sia il tedesco. All’inizio della storia
Shades si lascia scappare “Mer – forse è meglio non tradurre. Nel biglietto
affidato a Mason, invece, era scritto il messaggio “Và a farti – ehm,
ripensandoci, meglio lasciare le cose come stanno, tanto avete capito.